Le porte di InStudio, atelier dell’artista padovano Bruno Lorini, che dal 2023 accoglie anche mostre personali di artisti emergenti, il 27 marzo 2024 sono rimaste aperte con l’ausilio di un fermaporte dalle fattezze feline – simbolo dell’intero progetto – per ospitare la personale di Stefano Stoppa: Tutto ciò che ricordavo, rifacendolo, l’ho dimenticato. Con questa mostra, l’artista conclude il primo capitolo di Ambienti Ricordati, ovvero il tentativo di ricreare a memoria tramite modellazione 3D alcuni luoghi in cui è stato ospitato. In mostra è esposta anche la pubblicazione – realizzata in collaborazione con il collettivo Ipercubo, che si occupa di progetti editoriali e artistici e di cui l’artista è membro dal 2022 – Rifare di nuovo, dimenticare di più, che presenta la serie Ambienti Ricordati attraverso i disegni di Bruno Lorini, basati sui suoi personali ricordi delle fotografie che costituiscono il progetto.
In questa mostra, visitabile fino al 15 maggio 2024, il giovane artista Stefano Stoppa (Venezia, 2001) affronta l’ancestrale paura della perdita di memoria, di quelle tracce che rappresentano i nostri connettori con il passato, percorrendo a ritroso il suo tempo perduto attraverso due operazioni: in un primo momento, egli ricrea a memoria una stanza in cui è stato ospitato (salotto 2017, cameretta doppia 2013, camera singola 2017, cucina 2018, tavolo da pranzo 2023) con un software di modellazione 3D. Dopodiché, scatta una fotografia analogica all’ambiente virtuale visualizzato sullo schermo che viene poi stampata ai sali d’argento, incorniciata ed esposta.
In questo lavoro, l’artista gioca ad accostare dimensioni opposte: l’ingannevole autenticità dell’analogico e l’artificialità del digitale, la precarietà della memoria e la supposta oggettività della fotografia. Ambienti Ricordati, infatti, esplora anche l’estrema fiducia che si ripone nell’immagine fotografica e nel suo potere illusorio: «Lo scatto della 35 mm imprime fisicamente l’ambiente virtuale sul rullino e la stampa ai sali d’argento fornisce la grana che permette alle mie ricostruzioni di dichiararsi subdolamente vere».
Il risultato ottenuto è dunque una finzione, una memoria sfalsata che si snoda come un diario che della vita raccoglie le tracce, i frammenti, gli oggetti anche secondari, assemblandoli fino a ricomporre di tale vita le implicazioni più nascoste. Tracce che, forse, non hanno altra funzione all’infuori del ricordo dei luoghi lasciati e degli affetti che quei luoghi a loro volta richiamano. Gli oggetti nelle stanze ricreate dall’artista giacciono ciascuno nella propria solitudine, non vi sono persone. Tutto è fermo e fissato in un’immobilità onirica. Ciò che vediamo negli spazi perduti e ricostruiti di Stoppa non è, dunque, il suo passato ma, piuttosto, le sue proiezioni, nelle quali resta l’eco di sensazioni sfilacciate dal tempo.
Gli ambienti dell’artista sono ricordi inseguiti nel loro diventare evidenza visiva; teatrini dell’illusione che non vogliono adeguarsi materialmente alla realtà. Stefano ha ricostruito per noi, con divertita pazienza, Salotto 2018, dove ha consumato un abbondante pranzo a base di cozze assieme alla numerosa famiglia che lo ospitava; Tavolo da pranzo 2023, l’accogliente e semplice sala dove ha cenato assieme a Frate L, Cameretta Doppia 2013, la stanza del suo migliore amico d’infanzia, in cui il letto in più verrà sostituito qualche anno dopo da una scrivania con sedia da gaming e computer per trasformarsi così in Camera Singola 2017; o Cucina 2018 dove tutto è a forma di gatto, persino il fermaporte è un sacco dalle sembianze feline.
Quest’ultimo oggetto, che non ha trovato spazio nell’inquadratura fotografica, è stato recuperato dall’artista come simbolo dell’intero progetto, che ora ritroviamo stampato sul retro della pubblicazione o all’entrata della mostra ad accogliere i visitatori. «Nel tentativo di fotografare i miei ricordi, nello sforzo di costruire a memoria queste stanze, ho dimenticato il ricordo originale. Ora, ad occupare il suo posto, trovo la fotografia stessa».
Le fotografie esposte diventano quindi «Nuove immagini del ricordo», facendosi luogo della perdita e del continuo ritorno. Tracce della memoria ma anche memorie autonome, senza tracce, che rincorrono se stesse. Lo sforzo del ricordo è anche un’esperienza di perdita, pure quando riesce a dare l’illusione di un recupero. Tuttavia, il gesto dell’artista, capace di ritrovare, al di là dei singoli oggetti, il filo segreto che li tiene insieme, gli ha permesso restituirci quegli spazi perduti, quasi dimenticati a memoria.
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