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Da Hokusai a Hiroshige, i maestri dell’arte giapponese al Museo Civico di Bagnacavallo
Mostre
Quarta tappa di un filone espositivo incentrato sulla tecnica dell’incisione, che ha già visto Goya, Klinger e Durer protagonisti nelle sale del Museo Civico di Bagnacavallo, la mostra nasce con l’intento di avvicinare il pubblico alla pratica orientale della xilografia ukiyo-e, illustrandone le inaspettate ripercussioni sull’arte europea. Le quasi 120 opere raccontano non solo la fortuna e la fama degli artisti Katsushika Hokusai e Utagawa Hiroshige, ma anche quella sensibilità tutta orientale per il dettaglio, per la narrazione di storie piccole e universali, per il rapporto con la natura.
Un primo esempio viene offerto, nella sala iniziale, da una selezione di immagini della serie Le 36 vedute del Monte Fuji, firmate dal maestro Hokusai. Scene di contadini e pescatori diventano il mezzo attraverso il quale l’artista racconta l’umiltà e la semplicità delle piccole vite che si muovono e si incrociano, alle quali fa da sfondo il monte imponente. Quest’ultimo dunque diventa un teatro che ospita le più sfaccettate tipologie umane, le quali mettono in scena un repertorio di azioni, gesti e sguardi spesso caricaturali ma assolutamente reali.
La grande onda, l’ukiyo-e più famosa al mondo, è la veduta numero uno della serie e catalizza l’attenzione della sala. A causa delle numerose copie che ne sono state realizzate, la tiratura esposta non è coeva al suo autore ma, come rimarcato dal curatore Davide Caroli, la scelta di includerla nel percorso è stata dettata dalla volontà di raccontare proprio questo: l’amore e l’apprezzamento che il pubblico ha riservato alla personalità di Hokusai.
A omaggiare l’iconica onda, è stato anche il secondo protagonista della mostra, Hiroshige. Più pacifica, composta e circoscritta, la sua versione si discosta da quella irruente del maestro più anziano, caratterizzata da una furia che non consente alcuna presenza umana. Se dunque la natura per Hokusai è incombente e l’uomo è destinato a soccomberle, per Hiroshige una speranza c’è: la sua onda, seppure alta e increspata, lascia spazio, sullo sfondo, a una piccola barchetta che naviga acque placide.
Il viaggio continua con le Vedute di Edo, che consacrano Hiroshige come il più grande paesaggista giapponese. Le sue immagini giungono in Europa, ispirando artisti come Monet e Van Gogh, i quali riconobbero la grazia e la delicatezza insite in un’arte così diversa per tecnica e prospettiva.
La strada del Tokaido, la via più trafficata dell’Impero che collegava la capitale Edo a Kyoto, è il soggetto che costituisce il fulcro della mostra. Hiroshige rappresenta Le 53 stazioni della Tokaido disposte lungo il cammino, dove cittadini, commercianti e viaggiatori potevano trovare accoglienza, punti panoramici, momenti di ristoro. L’umanità esplode e colora i paesaggi, i ponti, le strade che, incredibilmente, a loro volta partecipano al dialogo. Il senso di comunione tra uomo e ambiente si sprigiona in tutta la sua tenerezza, dando l’impressione che non ci sia più distinzione tra oggetti inanimati ed esseri umani.
Il paesaggio, elemento che unisce le due personalità oggetto della mostra, resta centrale per tutto il percorso. È qui che convergono gli sforzi artistici dei due incisori, è qui che risiede la loro ricerca, ed è da qui che l’osservatore contemporaneo dovrebbe ripartire: riscoprirsi parte armonica di un sistema in equilibrio, non singolo elemento impantanato nella propria individualità.