A Verona Studio La Città ha da poco presentato la collettiva “Today I would like to be a Tree” con opere di Abed Al Kadiri, Eelco Brand, Jacob Hashimoto, Izima Kaoru, Franco Passalacqua, Roberto Pugliese, Lucas Reiner, Mario Schifano, Giorgia Severi, Andre Woodward (fino al 20 maggio 2021).
“Today I would like to be a Tree” è «dedicata agli alberi come tema del lavoro di una selezione di 10 artisti, provenienti da culture e luoghi diversi», e nasce da due eventi avvenuti nel 2020: «il nubifragio che ha colpito il territorio di Verona, sradicando oltre 500 alberi di grandi dimensioni e danneggiandone molti altri» e «l’esplosione avvenuta il 4 agosto 2020 nel porto di Beirut, che ha devastato la città e distrutto moltissimi edifici tra cui la galleria Tanit, alla quale Studio La Città è legato da una lunga amicizia. La galleria Tanit aveva appena inaugurato il 27 luglio la mostra “Remains of the Last Red Rose” di Abed Al Kadiri: dopo nemmeno dieci giorni tutto è andato perduto. Di fronte a questa perdita Abed decide di lavorare ad un nuovo progetto “Today, I would like to be a Tree”, in risposta al soffocamento, inteso in senso ampio e molteplice, scegliendo l’albero come simbolo di vita e resistenza. Tutto questo ci ha portato a riflettere ancora una volta sul rapporto uomo-natura. Abbiamo individuato l’albero come centro prospettico e focus tematico e dato all’esposizione il medesimo titolo del progetto di Al Kadiri, di cui sono esposte in mostra alcune carte e la tela originaria», ha spiegato la galleria.
Negli spazi di Studio La Città, fino al 20 maggio, sono in corso anche altre due mostre: la personale di Vincenzo Castella “MIMESIS – 3rd Stone From The Sun”, a cura di Salvatore Lacagnina, in cui l’artista, noto per i suoi paesaggi urbani, rivolge il suo sguardo alla Natura, proseguendo il lavoro avviato nel 2018 con una serie di fotografie presentate tra l’altro in galleria nell’esposizione “Trame senza fissa dimora”, e la personale di Christian Manuel Zanon, “Come punti di un rosso sgualcito, ricordi?“, con cui l’artista espone per la prima volta a Studio la Città.
«La mostra sugli alberi era programmata per settembre, poi sono successe due cose importanti che mi hanno fatto cambiare data. La prima è la tempesta che ha sradicato moltissimi alberi a Verona nell’agosto del 2020 e la seconda l’esplosione che ha distrutto la zona del porto a Beirut nello stesso periodo. Uno degli artisti libanesi dopo quel disastro ha disegnato, su uno dei muri rimasti della galleria, una foresta a carboncino su carta che ha poi diviso in fogli 70×100 e venduto via internet per contribuire alla riparazione e alla riabilitazione del maggior numero possibile di edifici colpiti dall’esplosione. Il titolo della foresta era “Today I would like to be a tree”.
Infine quando recentemente anche i due cedri cinquantenari sono spariti dal nostro “cortile” alla Galtarossa, ho pensato che era il momento giusto per anticipare la mostra di settembre».
«Come per la mostra sulla ceramica e il cemento, ho voluto utilizzare opere che fanno parte della mia collezione e opere che ho in magazzino. Ho intrapreso questa modalità durante il periodo di maggiore chiusura della pandemia. È un modo per ripensare alle scelte fatte in passato e vederle insieme alle scelte recenti, riguardare opere nascoste in magazzino con occhi diversi e poterle allestire con altre che mai avrei pensato di poter abbinare.
È stato un esercizio che mi ha fatto pensare ma anche divertire. Ci sono però anche delle novità, come le opere di Abed Al Kadiri venute appositamente dal Libano che hanno dato il titolo alla mostra, i piccoli alberi di Lucas Reiner, delicatissimi e raffinati. Reiner mi era stato presentato da Lawrence Carroll anni fa, ma poi non c’era mai stata l’occasione di lavorare insieme. In questo caso sapendo che lui dipingeva quasi sempre gli alberi, gli ho chiesto di mandarmi delle opere. Non avrei mai pensato di poterli inserire in una mostra con lavori di grandi dimensioni come l’albero di Jacob Hashimoto, ormai un’icona, o la famosa foto di Izima Kaoru o la Palma di Schifano. Eppure tutto funziona: i video del 2004 di Eelco Brand o le tele delle foreste di Franco Passalacqua della fine degli anni ’90. In più c’è una novità assoluta, arrivata il giorno prima dell’inaugurazione, sono due tele ad olio e acrilico di Jacob Hashimoto. Abituati a vedere solo i suoi aquiloni queste opere sono state sorprendenti.
All’esterno sul muro dell’ingresso c’è poi un grande albero disegnato da Alice Montioli che accoglie i visitatori e una musica che Steve Roden aveva composto per la galleria ai Filippini: gli speaker, collocati in mezzo alle piante del cortile, la diffondevano come se fosse il suono degli insetti. Non descrivo una ad una tutte le opere per dare la possibilità ai visitatori di scoprire il resto».
«La prossima mostra, il 5 giugno, sperando che sarà possibile spostarsi da regione a regione, sarà “I am one acquainted with the night” in collaborazione con la Galleria Tanit di Beirut. Sarà una mostra importante, tutte le opere vengono dal Libano. L’intento è quello di ricordare al resto del mondo in che situazione si è trovata la città e le difficoltà nelle quali si trova ancora, dopo la terribile esplosione. Contemporaneamente proietteremo un video storico del 1991, quando Gabriele Basilico andò a fotografare la città distrutta dopo la guerra della fine degli anni ’80». (SC)
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