Negli spazi espositivi di AOCF58 – Galleria Bruno Lisi si progetta una narrazione visiva che consente allo spettatore di ricostruire l’indagine accurata che Francesco Brigida compie nel tentativo di delineare la figura umana nella sua tridimensionalità, pur utilizzano un supporto basato su un unico piano come la fotografia. L’obiettivo di Brigida è infatti ripensare al dato fotografico come mezzo di esplorazione, le cui componenti consentano una visione più nitida e dettagliata di un soggetto, sia dal punto di vista formale quanto da quello metaforico.
Questa volontà emerge da più elementi; certamente si apprezza l’utilizzo del fondo nero per tutte le opere, che educa progressivamente il pubblico ad una visione più analitica della produzione in mostra, consentendo un riconoscimento dello studio operato dall’artista per definire quella figura umana assurta a scultura. A colpire in modo significativo l’occhio attento di chi disvela il progetto creativo alla base dell’esposizione è la scoperta del ricorso ad un’unica modella per la realizzazione degli scatti, che fuggono dall’incasellamento a semplice fotografia, ma possono essere assimilati alla pittura di ricerca, la quale al contempo, contemplata nell’ambito dell’allestimento, si riversa in senso più ampio nell’architettura.
A chiarire ulteriormente la visione di Brigida interviene la curatrice Camilla Boemio, che dichiara: «La serie è una danza di scultura. Gli elementi preparatori per una scultura, sono capaci di riportarci in un equilibrio di forma e sostanza. È quello che avviene quando Il linguaggio fotografico adottato dall’artista sembra pieno di citazioni o di rimandi che riportano a una vasta gamma di grandi scultori classici fino a Auguste Rodin, maestri del passato che operavano nel silenzio con ritmi completamente diversi da quelli imposti dalla società contemporanea. Il corpo emerge dall’oscurità, i gesti ed i suoi movimenti non hanno nessuna ambiguità, il suo dedalo è un corpo leggiadro che potrebbe essere fatto di pietra scura. Quell’intensità che si dipana come un’epifania nei movimenti silenti, nella scoperta della figura e nella percezione che se ne ha».
La mostra si traduce in un’esperienza totalizzante che costringe ad un’indagine di relazione più profonda sul corpo e sul concetto di equilibrio, sulla tensione prodotta dalla cristallizzazione del movimento con uno strumento che non intende operarne una mera cattura, bensì una sublimazione in astratto, come elemento sostanziale della realtà visibile. Le immagini di Brigida assorbono in sé tutte le contraddizioni del processo creativo, esibendo in mostra solo la sostanziale verità dell’artista; quest’ultimo non si identifica con le nevrosi grafiche tipiche del disegno, ma con un dato formale, quello del corpo, che accoglie in sé tutte le manifestazioni dell’umano. In Stvdio per vna scvltvra forma e sostanza si alimentano e si equilibrano, proponendo un ventaglio di rappresentazioni che l’occhio può intuire ma solo lo spirito cogliere.
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