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Surrealismi e Luigi Serafini: il Mart di Rovereto apre la programmazione estiva all’insegna del sogno
Mostre
di Erica Baglio
Il Mart – Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto inaugura una nuova stagione di mostre aperta al pubblico fino al 20 ottobre 2024. Una stagione all’insegna della meraviglia quella che vede come protagonisti i “surrealismi” italiani, i sogni di Luigi Serafini e la doppia personale di Annamaria Gelmi e Albino Rossi, visitabili fino al 6 ottobre 2024 presso la Galleria Civica di Trento. Dà il benvenuto alle quattro mostre l’Assessore alla promozione artistica e culturale del turismo del comune di Rovereto, Micol Cossali, che accoglie le iniziative del Mart come una grande occasione per vedere la città con occhi diversi, grazie alla “creazione di mondi, nuovi alfabeti e nuove realtà” che il museo offre alla città donandole linfa vitale.
Surrealismi. Da De Chirico a Gaetano Pesce attende il visitatore al secondo piano del museo. La mostra, nata da un’idea del direttore Vittorio Sgarbi e curata da Denis Isaia, è occasione per riscoprire, o meglio “scoprire”, ciò che in Italia non ha avuto l’occasione di sbocciare, ovvero ciò che in Francia si riconosce come Surrealismo, arrivato al suo centesimo anniversario. 160 opere e 70 artisti, dai punti di riferimento nell’arte ai debuttanti, accompagnano il visitatore in questa mostra “impossibile”, come l’ha definita lo stesso Isaia. Per questo sono i “surrealismi” quelli scelti per l’occasione, ovvero le tendenze tutte italiane che mai prima di oggi sono state riconosciute sotto un nome, un’etichetta conferita a ogni movimento della storia, che in questo caso, spiega il curatore, si è volutamente evitare.
Il Mart, quindi, si cimenta in una storia che non è mai stata, suddividendola in quattro approfondimenti nel tentativo di mettere ordine nel florido panorama italiano, che va oltre i nomi dei colossi De Chirico e Savinio, e comprende invece voci originali e racconti onirici dispersi nei meandri della storia dell’arte istituzionale. Ugo La Pietra, Gaetano Pesce, Jannis Kounellis, Arturo Nathan, Gustavo Foppiani, Lorenzo Alessandri, Corrado Costa, Sergio Vacchi, Valerio Miroglio, Giordano Falzoni, Ugo Stepini, Enrico Donati, Romano Parmeggiani, sono solo alcuni dei nomi presenti nel labirintico spazio espositivo.
È l’”Oltrestoria” la prima sezione che ci introduce al Surrealismo, quella che si aggira nell’inconscio degli italiani in balia del Simbolismo e delle prime teorie di psicoanalisi. Le rovine che costellano lo Stivale diventano oggetto di scena di Arthur Nathan, o presenza fantasmatiche, quasi in un universo post-apocalittico, per Fabrizio Clerici. Atmosfere sospese e occhi scrutatori sono invece i protagonisti della sezione della Surrealtà, seguita poi dall’indagine sul corpo femminile e il potere perturbante della sessualità nel focus chiamato “I principi del piacere”, o “princìpi”, suggerisce Isaia. Infine, dalla ricerca di libertà dall’Informale, passando attraverso l’esoterismo, fino ad arrivare ai colori della scena pop, conclude apparentemente la mostra “Parasurrealismi”, che vede artisti al loro esordio, come è il caso di Paolo Salvi, i cui improbabili arredamenti convivono con Gaetano Pesce e il suo “anti-design”, come lo chiama Sgarbi. Arriviamo così all’epilogo di un percorso il più possibile cronologico, che si rivela essere in realtà il prologo al mondo di Luigi Serafini.
In quello che è un vero e proprio dedalo, il visitatore si trova, come nel più comune dei sogni, in una mostra in cui non ricorda di essere entrato. Naturale estensione dei “surrealismi” è infatti Il Sogno di Luigi Serafini, a cura di Andrea Cortellessa, Denis Isaia, Pietro Nocita. È un percorso costellato da coincidenze, oltre che dalla storica amicizia con il direttore, quella che ha portato Serafini al Mart di Rovereto. Come racconta l’artista, si vedeva il Pantheon quella volta che Serafini ha conosciuto Vittorio Sgarbi, ed è sempre un cerchio la rotonda che si trova nel quartiere di Lambrate vicino al suo studio milanese e ora si ritrova a Rovereto, con gli stessi disegni di 40 anni fa, in un altro Pantheon, quello del Mart. È una coincidenza fisica che genera una “poesia visiva” anche quella che sussiste tra le due mostre, spiega il direttore, di cui la prima è premonizione dell’immaginario di Serafini.
Dopo il viaggio nei sogni surrealisti, Serafini ci permette di entrare in una vera e propria Wunderkammer in cui illustra tutta la sua vita artistica, caratterizzata da infinità creatività e immaginazione, che passa attraverso pittura, scultura, grafica, fotografia, design, illustrazione e arte digitale. È un viaggio nel sogno che sfida la realtà, rimanendo a noi incredibilmente quotidiano, quello ideato da un artista che distorce il nostro immaginario illudendoci di poterlo controllare. Apre la mostra il Codex Seraphinianus, dalla scrittura “indecifrabile e aliena”, con cui l’artista si è auspicato di poterci riportare a quando da piccoli eravamo in grado di creare “un’apparenza di senso” sfogliando i libri illustrati e entrando in mondi fantastici. Sono poi spunti classici, fermi e inamovibili nell’indiscussa storia dell’arte italiana quelli, che si scorgono, dissacranti, in opere come Il trionfo della grande pollarola o L’ultima apparizione del Pesce d’Aprile.
Sculture, installazioni e disegni invitano lo spettatore a decifrare i giochi linguistici dell’artista e scovare i temi su cui la nostra società si è interrogata e continua a interrogarsi. Infine, sono i disegni inediti di architettura che introducono all’ultima grande protagonista della mostra. La Casa-studio di Serafini è un meta-ritratto “arredato” in quarant’anni di vita e che oggi è oggetto di una video-mappatura in 3D realizzata dall’Università Iuav di Venezia e presentata per l’occasione al Mart. Il visitatore entra e riscopre se stesso nel subconscio attraverso il racconto di un “ironico commentatore del nostro tempo”, che ci accoglie nel suo immaginario come si accoglie un ospite nella propria casa.