Nel Binario 2 delle OGR di Torino, in un cosmo fatto di relazioni e attriti, sfuggente nella penombra sebbene appartenga con evidenza alle leggi del mondo fisico, gli “amanti contaminati” di Sara Enrico sono corpi in divenire. Lontano dalla dimensione esclusivamente razionale, Tainted Lovers può forse essere anche la forma da dare a un’esperienza concreta, al confine tra figurazione e astrazione, che affonda le sue radici nel regno della manipolazione dei materiali.
Il gesto di Enrico confonde le aspettative, complica le affinità e mobilita sensazioni: chi sono, per esempio, quelle figure in apparenza morbide e sinuose ma in realtà pesanti e dense adagiate su delle pedane? Sono amanti, come suggerisce il titolo? E perché sono contaminate? La suggestione nel testo di approfondimento che accompagna la mostra rimanda a Spinoza, secondo il quale «ogni corpo, anche non umano, è caratterizzato da una spinta all’autoconservazione (conatus), alla persistenza nel tentativo di soddisfare la propria natura. Questa energia trasforma le materie del mondo in qualcosa di attivo: in corpi desideranti che per garantire la propria vitalità cercano alleanze con altri corpi, in un gioco continuo di affetti, coesistenze e attriti».
Quelle figure – sculture e pigmento della serie The Jumpsuit Theme – ricordano corpi umani fermati in un micromovimento «dal potenziale performativo». Sulla loro superficie sono impressi i segni dei tessuti delle tute realizzate da Enrico e utilizzate come calchi morbidi che conferiscono una texture quasi epidermica. Contrariamente a chi di solito indossa questi abiti, i corpi non sono in azione, sembrano esausti. Oppure prossimi a nuove evoluzioni e nuove possibilità. I nostri processi li attivano o li disturbano? Non c’è una risposta giusta o una risposta sbagliata, neanche Sara Enrico ha svelato la sua personale riflessione in merito, preferendo che nel cammino all’interno del Binario 2, tra opere enigmatiche e anti-intuitive, le sensazioni diventino esperienza e sentimento del perturbante, familiare e respingente.
Insistendo sulla contaminazione e sul processo in divenire, in mostra sono esposti anche i lavori Camerino (2023), frutto della relazione tra elementi di tessuto e strutture metalliche ed evocativi – fin dal titolo – del luogo in cui si è soliti cambiarsi d’abito. Attraverso il respiro di forme flessuose e della durezza dell’acciaio, il mutare dell’ambiente e l’attivazione della memoria, sembra configurarsi un dialogo tra forme organiche e artificiali che culmina nelle sculture di Cell Keepers (2023), simili a frammenti di un’unità in cui il design industriale collide con forme biomorfe. Qui Enrico ha teso tessuto tecnico elasticizzato, fino a formare una membrana, su sculture tagliate industrialmente seguendo curve, cesure e smussature, simili a frammenti di corpi sorretti e deformati da strutture in titanio che fungono da esoscheletro.
Azione o idea? Collaborazione o estraneità? È lecito chiedersi se il significato di Tainted Lovers risieda solo nei gesti e nei processi che hanno portato alla sua messa in forma o se invece sia anche, in parte, legato a uno schema concettuale o a un esperimento che l’artista mette in scena stimolando le nostre sensazioni. Certo è che l’amore a cui il titolo fa riferimento non è quello romantico romanzato ma ha a che fare con la forza fisica che plasma i corpi in un intreccio di contatti e tensioni tra i materiali. Del resto la contaminazione, sperimentando la possibilità di interazione tra quella che è la realtà fisica del mondo e la sua realtà virtuale, dà sempre vita a un nuovo che va di pari passo con riflessioni sempre più incisive su cosa significhi il tempo, il vuoto e lo spazio dell’immagine in relazione all’individuo e al suo esistere nel mondo, come corpo e (o?) come oggetto.
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