Categorie: Mostre

“Tecniche d’evasione”, ora scaricabile il catalogo. Intervista ai curatori

di - 27 Dicembre 2020

Nell’ambito de #IPianiDelPalazzo, palinsesto digitale del Palazzo delle Esposizioni che si arricchisce ogni settimana di nuovi contenuti online accessibili a tutti, è stato reso disponibile il catalogo della mostraTecniche d’evasione. Strategie sovversive e derisione del potere nell’avanguardia ungherese degli anni ’60 e ’70”, svoltasi a Palazzo delle Esposizioni, a Roma, dal 4 ottobre 2019 al 6 gennaio 2020.

«Curato da Giuseppe Garrera e Sebastiano Triulzi, già curatori della mostra insieme a József Készman e Viktória Popovics, il catalogo ripercorre e illustra l’esposizione dedicata agli artisti dell’avanguardia ungherese che si trovarono ad operare in condizioni di pericolo, strenuo controllo e censura sotto un regime totalitario comunista, fino a rischiare la loro stessa incolumità», ha spiegato Palazzo delle Esposizioni.

Qui il link a cui potete consultare e scaricare il catalogo.

Il catalogo

«La pubblicazione è un’indagine sullo stato dell’arte sotto ogni Potere: ciascun capitolo fornisce un manuale di tecniche di evasione e dà la possibilità di vedere immagini, operazioni, tracce di performance accadute in clandestinità e sotto gli occhi delle autorità, con la sola urgenza vitale di compierle.
In questo modo incontriamo e conosciamo, in alcuni casi per la prima volta in Italia, importantissimi artisti – quali Endre Tót, Judit Kele, Sándor Pinczehelyi, Bálint Szombathy, András Baranyay, Tibor Csiky, Katalin Ladik, László Lakner, Dóra Maurer, Gyula Gulyás, Ferenc Ficzek, Tamás St. Auby (Szentjóby), Gábor Bódy, Marcel Odembach, Gyula Pauer, Zsigmond Károlyi, Tibor Hajas, László Beke, István B. Gellér, György Kemény, Kálmán Szijártó, Gábor Attalai, Károly Halász, László Haris, Orsolya Drozdik -, la cui opera è stata salvata grazie alla dedizione e alla cura di musei e collezionisti.
Un particolare ringraziamento va al lavoro del Ludwig Museum – Museum of Contemporary Art di Budapest che, attraverso la raccolta, il rintracciamento e la messa in salvo di documenti, foto e materiali clandestini ed effimeri, ha permesso la ricostruzione di questa storia esemplare, nonché all’Accademia d’Ungheria in Roma», ha ricordato l’istituzione.

Gábor Attalai, Negative Star, 1970-71, Vintage Galéria, Budapest

I video: ogni martedì un’opera

Ogni martedì, dallo scorso 22 dicembre, sui canali Instagram, Facebook, Twitter e YouTube e sul sito del Palazzo delle Esposizioni, saranno pubblicati sei brevi video (qui sotto il primo) che «richiamano ciascuno una singola opera presente in catalogo, particolarmente emblematica e densa di significati, indagheranno ulteriormente le tematiche dell’esposizione. Saranno gli stessi curatori Giuseppe Garrera e Sebastiano Triulzi a descrivere e narrare la complessa storia che si cela dietro ciascuna immagine per restituire l’atmosfera di quei tempi», ha spiegato Palazzo delle Esposizioni.

Intervista a Giuseppe Garrera e Sebastiano Triulzi, curatori del catalogo

Palazzo delle Esposizioni ha reso scaricabile gratuitamente il catalogo della mostra “Tecniche d’evasione”, potete ricordarci come è nata la mostra e quale era il suo concept?
«La mostra è legata a ricerche sulle esperienze più intransigenti, non allineate, rivoltose di arte e di movimenti d’arte tra gli anni Sessanta e Settanta, fino a derive politiche e anarchiche, con raccolta e messa in salvo di documenti e materiali di ogni tipo. Grazie all’Accademia d’Ungheria in Roma e al Ludwig Museum – Museum of Contemporary Art di Budapest raccontare una di queste avventure speciali è stato possibile, ciò che ci interessava era indagare e mostrare le procedure, i trucchi, le imprese di artisti nel voler essere liberi e diversi dalla favola imposta dal Potere, e vigili agli inganni e alle lusinghe dell’acquiescenza e del consenso. Soprattutto era importante in un certo senso confondere i tempi e non rendere sempre distinguibile il passato dal presente: in questo tipo di mostre la consapevolezza storicistica, come spesso accade, può divenire a sua volta una forma di acquiescenza e rendere colpevolmente incolpevole il presente e la sua condizione. Nel contesto dell’Ungheria questo è stato un pericolo esemplare, e dunque uno degli assunti dell’esposizione è stato quello di confondere i tempi, di rendere sottotraccia, e con tecniche d’evasione anche dei curatori, non sempre distinguibile la tirannia e rassicurante il presente».
Da sinistra Sándor PINCZEHELYI, Sebastiano Triulzi, Judit KELE, Giuseppe Garrera di fronte alla foto in mostra a Palazzo delle Esposizioni “Judit KELE_I am a Work of Art”
Il catalogo, si legge nel comunicato stampa, “è un’indagine sullo stato dell’arte sotto ogni Potere”. Quali sono gli aspetti a cui avete dedicato maggiore approfondimento?
«Gli aspetti, appunto, mai scaduti e con cui ci troviamo ancora ora a fare i conti, e cioè il rapporto tra controllo e custodia, il far passare il dovere e l’imposizione dell’integrazione come un diritto, la presunzione della tolleranza, la condanna pubblica di ogni forma di violenza come trucco per disinnescare e criminalizzare ogni forma di dissenso e protesta o rivolta, il rendere l’arte innocua e di grande compagnia o alla meno peggio un business politico, l’umiliazione alle donne con la concessione della quota rosa, l’imposizione della felicità ecc.».
Katalin LADIK_POEMIM, 1978, Ludwig Museum – Museum of Contemporary Art
Come è strutturato il catalogo? E come è nata la scelta di renderlo disponibile online?
«Il catalogo è strutturato come un manuale tecnico di guerriglia e resistenza: ogni opera o operazione d’artista viene spiegata anche come strumento per imparare a non crepare di docilità e a saper riconoscere il Potere lì dove è più suadente, buono e paterno. La decisione di rendere il catalogo disponibile online si lega anche a questo desiderio di un discorso sull’arte disponibile sempre e che non si preoccupi di aggirare inveterate e dispendiose consuetudini».
Tra le sezioni della mostra prima e del catalogo poi, ci sono aspetti che pensa possano essere particolarmente d’attualità o nuovi per il pubblico?
«Pensiamo di sì e da quello che si è detto forse lo si evince già: ciò che soprattutto si ammira in questi artisti ungheresi, nello splendore della loro giovinezza, è propria la capacità di riconoscere il Potere dovunque si mimetizzi, il loro desiderio di essere irriconoscibili e di continuare imperterriti a identificarsi con il diverso. Ad esempio una lunga sezione è dedicata alle tentazioni di fare carriera, di entrare a far parte dei consigli di amministrazione dell’arte, o di smettere di credere che non ci sono alternative».
Judit KELE_I am a Work of Art, 1979-1984, Ludwig Museum - Museum of Contemporary Artmore
Bálint Szombathy, Lenin In Budapest, 1972-2010more
Tibor Hajas, To the Streets with your Message I. (A Letter to my Friend in Paris), 1975, Ludwig Múzeum, Budapestmore
Gyula Pauer, In Memoriam of 1956 Revolution, 2006, Ludwig Múzeum, Budapestmore
Sándor PINCZEHELYI, Sickle and Hammer 3, 1973, Ludwig Museum - Museum of Contemporary Art, Budapest more

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