Che succede quando oggi si pensa al Texas? Le prime immagini che affiorano e che si delineano nebulose davanti ai nostri occhi rimandano spesso e volentieri ad un’America rurale, selvaggia, costellata di simboli e riferimenti a quell’idea di cultura americana “autentica” che gli europei in primis hanno contribuito a creare nel corso degli ultimi decenni. La galleria Antonio Colombo Arte Contemporanea cerca di sfatare questa mitologia assolutamente inverosimile attraverso un’esposizione che si discosta dalla rappresentazione degli Stati Uniti meridionali unicamente come terra di cowboys e di vaste lande desertiche e barbare. Ad oggi il Texas è in realtà patria della nuova generazione di artisti contemporanei degli States e sede di rinnovate fondazioni private. Il grande stato americano attraversato dal Rio Grande sta inoltre attraversando un periodo caratterizzato da un fiorente collezionismo privato e la scena artistica è più vivace che mai.
L’avanguardia alternativa americana è il punto di partenza della nuova epoca artistica per il Texas. Scollegata dalle principali avanguardie europee di inizio ‘900, la tradizione statunitense è oggetto di studi e ricerche che partono da una semplice domanda: come possono essere coniugati stili e linguaggi da sempre considerati solo in maniera marginale ed esclusi dai canali ufficiali? Bollato con l’appellativo di “outsider”, l’alternativismo americano ruota attorno al concetto di Hobo, traducibile con “Vagabondo”. Più nello specifico, si tratta di una cultura popolare, distante dall’accademismo delle avanguardie e legata al paesaggio, alle radici, al tema del viaggio. Le opere in mostra rappresentano una sorta di passaggio dall’Hobo al folk, da intendersi come arte itinerante e non strettamente legata a comunità locali (come invece accade nella tradizione folkloristica dei paesi europei). Il gusto degli artisti esposti presso la Antonio Colombo si rintraccia in strutture mobili, i supporti sono di frequente semplici e appartenenti alla quotidianità, i soggetti raffigurati raccontano di un territorio in movimento, un “Tornado” di emozioni, parole, storie da narrare.
La vitalità del Texas è raccontata dapprima con le opere di Adrian Landon Brooks, artista di Houston che apre le danze con una serie di acrilici che riflettono su tematiche quali l’amore, il peccato e la redenzione. Esther Pearl Watson dialoga con Brooks proprio a inizio mostra: la sua The Real Origins of Angels è un inno all’America della natura, dei campi ma soprattutto della propria infanzia. Il sogno ossessivo del padre di realizzare un disco volante da vendere alla NASA si materializza nell’opera dell’artista nata a Francoforte, fino a divenire un espediente per incidere su tavola un diario personale, fatto di pagine di vita vissuta e intriso di una magia che origina da dischi volanti che fluttuano sopra scene di campagna. Discorso simile per Bruce Lee Webb, la cui ricerca si fonda sulla volontà di riversare i propri pensieri – fortemente condizionati dal mondo della musica cosiddetta “Americana” su vecchie tele, sacchetti o carte da registro. Vi sono quindi Adam Young, il cui legame con il mondo del legno e della falegnameria si esplica nell’utilizzo di grosse tavole sulle quali combina testi e parole connessi ad un’idea di gioia e naturale semplicità, e Sophie Reach, le cui travolgenti composizioni danno vita ad un linguaggio visivo peculiare, che poggia su un ritmo geometrico ma dettato dall’interiorità dell’artista originaria dell’Indiana.
La mostra è corredata da un’intera sezione dedicata a Tom Russell. Annoverato tra i più grandi cantautori/folksinger di tutti i tempi, è stato ed è ancora oggi una figura affascinante per via di una vita frenetica e di una carriera che lo ha visto protagonista come cantante e autore. Per comprenderne la grandezza, basti pensare a Gallo del Cielo, pezzo acclamato da leggende della musica come Bob Dylan e Bruce Springsteen (e il cui testo è esposto all’ingresso della sezione). Fondatore di quello che verrà definito genere “Americana”, di Russell sono esposti plettri, tracklist scritte a mano, dipinti di vario formato e un grande catalogo dei suoi capolavori, oltre che una bandana e qualche altro cimelio. Luca Beatrice, curatore della mostra, descrive i ritratti di Russell come “distorti”, i colori primari “anomali” e contrastanti. I soggetti delle sue composizioni, cavalli, bisonti, asinelli, corvi, galli, locomotive, vecchi hotel e indiani fanno emergere quel mondo errante che tutti gli artisti in mostra hanno contribuito ad evocare attraverso opere intime, ma che complessivamente definiscono uno Statement inequivocabile: la vera America è itinerante, folk e alternativa.
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