John Armleder (1948) e Olivier Mosset (1944) sono svizzeri, Cady Noland (1956) e Steven Parrino (1958-2005) americani, quattro artisti amici e colleghi, complici in svariate esperienze, situazioni, mostre, mentre Gunther Forg (1952-2013), è l’unico a non avere rapporti con gli altri artisti, riconoscibile per monumentali tele astratte permeate di pessimismo esistenziale. L’anomala band condivide ossessioni, radicalismi estremi, nomadismo segnico e assoluta libertà espressiva, scevra da conformismi e una vitale irrequietezza sperimentale. Questa mostra narra con opere diverse comprendenti minimalismo, astrazione, post dadaismo fluxus la ricerca di un non stile che i primi anni della storia della galleria Massimo De Carlo e sonda i linguaggi artistici dagli anni’80 del Novecento ad oggi. Nella Casa Corbellini-Wassermann firmata Pietro Portaluppi degli anni Trenta, opera architettonica di per sé, diventata galleria -gioiello di Massimo De Carlo, in seguito a un restauro filologico-conservativo, si trova la mostra dedicata alla relazione e influenze, associazioni e interferenze tra le opere degli amici contemporanei a Steven Parrino. Il percorso espositivo si apre con Crowbar (1988), una delle sue celebri tele squarciate con sottofondo le canzoni degli Electrophilia, band in cui militava Parrino, dialoga metaforicamente con l’opera FS Richoux/Rocket (2013) di Armeleder esposta nello studio, in cui due tele dipinte a spray comprendono una chitarra elettrica. Al centro della grande sala trionfa una Harley Davidson fiammante, opera di Olivier Mosset, Untitled (2019), dell’artista svizzero importante connettore tra Europa e gli Stati Uniti, biker appassionato che si era immesso nella scena della cosiddetta “pittura radicale” newyorkese della fine anni’70, anticonformista irriverente che ha galvanizzato artisti di diverse generazioni, si confronta con Warped Hole (1992) di Parrino, una tela argentata, distorta nella dimensione, con un grande foro scavato nel materiale, e tra assemblaggi e cumuli di materiali industriali si indagano i limiti del ready made con Se-Kure Domes II (1998-1999), una serie di cupole convesse utilizzate di norma per la sicurezza dei negozi o degli spazi pubblici.
Nel fumoir un acrilico bianco e uno nero di Steven Parrino, No Title Painting (2000), e quattro opere più piccole ispirate all’iconografia punk rock, si armonizza magicamente con l’opera appoggiata al muro, Untitlet (1989) di Cady Noland nota per collage, installazioni ironici nel modo di rivisitare l’iconografia pop, e tra i due artisti l’iterazione qui accade. Il tour dentro parallelismi, analogie e differenze degli artisti messi a confronto in questa occasione in mostra, continua nella sala da pranzo con cumuli al neon, Untitled (FS), (1998), di John Armleder, appoggiati casualmente uno sull’altro sul pavimento della stanza, sulle pareti fanno capolino altre opere della serie o.T (1974) dichiaratamente nichiliste, di Olivier Mosset, e quando i due artisti stanno vicini si creano corto circuiti visivi e concettuali . Ordine e caos, ritmo concitato e stasi si succedono di sala in sala, la tensione culmina davanti alla tele deformata di Steve Parrino, Untitled (1989), queste e altre opere investigano limiti e compenetrazioni tra pittura e scultura, relazioni tra materia e gesto, che rispecchiano le contraddizioni della cultura e società.
Nel palazzo settecentesco, l’altra prestigiosa galleria Massimo de Carlo, in Piazza Belgioioso al 2, la pittura di Yan Pei-Ming (1960) con la mostra intitolata “L’ultimo Sorriso, Le Dernier Sourire, The Last Smile” noto per ritratti espressionisti di personaggi influenti della storia, considerato come uno dei più importanti pittori del nostro tempo, propone una originale rivisitazione dell’enigmatico e iconico sorriso di Monna Lisa rende omaggio al 500° anniversario della morte di Leonardo da Vinci (1519). Otto versioni della Gioconda, nella sua pennellata densa, nella stratificazione di colori e ampie campiture cromatiche che la trasformano in quasi astratta. Indimenticabili sono le due tele circolari, una blu e l’altra rossa, che insieme alle altre sei opere rettangolari rappresentano una riflessione sul tempo attraverso il ritratto di Monna Lisa. Da non perdere nella piccola sala della galleria, l’interpretazione dell’altro capolavoro di Leonardo, L’ultima Cena (1494-1498) opera a muro realizzata nel refettorio del Convento di Santa Maria delle Grazie, diventata caposaldo della cultura pop rivisitata anche da Andy Warhol.
Jacqueline Ceresoli
Alle Gallerie d'Italia di Vicenza, in mostra la scultura del Settecento di Francesco Bertos in dialogo con il capolavoro "Caduta…
La capitale coreana si prepara alla quinta edizione della Seoul Biennale of Architecture and Urbanism. In che modo questa manifestazione…
Giulia Cavaliere ricostruisce la storia di Francesca Alinovi attraverso un breve viaggio che parte e finisce nella sua abitazione bolognese,…
Due "scugnizzi" si imbarcano per l'America per sfuggire alla povertà. La recensione del nuovo (e particolarmente riuscito) film di Salvatores,…
Il collezionista Francesco Galvagno ci racconta come nasce e si sviluppa una raccolta d’arte, a margine di un’ampia mostra di…
La Galleria Alberta Pane, 193 Gallery, Spazio Penini e Galleria 10 & zero uno sono quattro delle voci che animano…