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Toccata e fuga, tra luce e spazio: David Tremlett torna da Alfonso Artiaco
Mostre
di Fabio Avella
Ampie sale luminose accolgono silenziosi passi interrotti da pause osservanti. La stasi sensoriale ripesca nei ricordi più sereni di una corte elegante e raffinata. Nello sguardo dei sui avi, nella memoria delle sue continue gesta. Un idillio “domestico” di una fresca brezza che si fa strada sull’ampia loggia sospesa sul sereno paesaggio. È il ricordo di una potente origine, di una sontuosa discendenza che con equilibrato modellato ha realizzato l’uomo e il suo contesto. La sesta personale dell’artista inglese David Tremlett presso la Galleria Alfonso Artiaco, inaugurata il 2 marzo per poi essere interdetta all’accesso per la triste vicenda del Covid-19, è un percorso sensoriale che, attraverso il colore e la forma, permette di stabilire un’interazione tra la memoria, lo spazio e il tempo. La concretezza formale e la sua precisa derivazione annullano completamente ogni vaghezza, nonostante l’astrazione geometrica, per ricondurci immediatamente al legame concreto con ciò che ha maturato la sua genesi.
Racconta del primo Rinascimento, dei suoi signori e delle sue dame, degli uomini d’ingegno che tutto hanno creato. Sono figure eterne che non hanno bisogno di tratti per essere identificati. Sono scolpite nella materia con cui si costruisce la memoria, sono dispositivi transitori che si rinnovano sulle eterni pareti del sacro antro primordiale. È una semplificazione del significato, è anche una fuga paesistica e architetturale.
E i passi sono sovrastati dallo sguardo del tempo, si arrestano e poi continuano, si rinfrancano e ricordano, esitano e s’immergono nel colore e nella luce. Proseguono adagio e poi avanzano sicuri tra le sale, avvertono la materialità del pigmento e la sua densa forma. I pieni che si animano e narrano. Poi spazio e volume dischiudono, interrompono il tempo e c’è il silenzio. Il calpestio tace e la memoria si zittisce, la forza cosmica ci assale. Le pareti sono frantumate dal suono dell’universo.
Questa è pressappoco l’esperienza immersiva che si ricava dalla visita alla mostra. Un passeggio tra i 13 dittici su carta e un intervento, wall drawing, sulle pareti della penultima sala, la numero 5. In quest’ultima stanza si estende un paesaggio architettonico distinto dalle solide modanature che costruiscono lo spazio e annullano il senso di vuoto. Restituendo la possibilità concreta di ritrovarsi nel momento di una sospensione temporale dove si annullano le coordinate conosciute per sentirsi in un ulteriore dimensione, oltre il terreno: «David Tremlett traduce visivamente la sua personale interpretazione dello spazio. Colori, segni e forme si sovrappongono alle strutture preesistenti cui sono destinati mutandone la visione e coinvolgendo chi si trova ad attraversare quegli stessi ambienti».
La mostra da David Tremlett alla Galleria Alfonso Artiaco sarà visitabile fino al 31 luglio 2020.