Iside Calcagnile, La Barba di Dio, 2021, installazione di rami su muro, Courtesy of Innesto Spazi di Ricerca
Un tessuto vegetale le cui cellule indifferenziate sono capaci di dividersi dando così origine a nuove cellule, trasformandosi, a seconda del segnale ricevuto, in una radice, in un fusto, in una foglia. In botanica, si chiama “meristema”, il suo funzionamento è simile a quello delle cellule staminali per gli animali ed è a questa capacità di determinarsi, di passare naturalmente dall’indifferenziazione alla specificità, che si ispira l’omonima mostra di Iside Calcagnile, in esposizione a Ravenna, da Innesto Spazi di Ricerca, fino al 16 gennaio 2022.
Aperto nel 2020 e dedicato all’incrocio tra i linguaggi, Innesto Spazi di Ricerca è un «Luogo, fisico e astratto, dove arti visive e musica si manifestano nelle forme più emergenti del loro essere dando voce alla cultura contemporanea», spiegano le fondatrici Stefania Rubbini, Clelia Antolini, Sabrina Losenno, Beatrice Marotta, Francesca Danesi. Nel caso della personale di Iside Calcagnile, sociologia, antropologia, biologia, scienza e arte si ibridano, dando vita a una mostra scandita da linguaggi eterogenei e in dialogo: un’installazione site specific, che ha dato il nome alla mostra stessa, Meristema, un’installazione vegetale e una serie di pitture.
Nata a Bologna, nel 1993, formatasi presso le Accademie di Belle Arti di Bologna e Venezia, Iside Calcagnile, fonda la sua ricerca su una prassi ecosofica che prende spunto dalle ricerche di autori come Gregory Bateson, Gillés Délèuze e Stefano Mancuso. Nel 2020 è vincitrice di un bando di rigenerazione urbana indetto dal Comune di Sasso Marconi per il Borgo di Colle Ameno, grazie al quale le è stato assegnato uno spazio a Villa Davia, recentemente restaurata, dove ha fondato “Spazio relativo”, un progetto incentrato sull’esplorazione delle diverse declinazioni dell’arte.
Nelle opere presentate in occasione della mostra Meristema natura e pittura comunicano sia sul piano teorico che su quello visivo. Calcagnile confronta i processi di creazione e di crescita paragonando la tela al vegetale, l’attitudine di entrambi allo stare in una continua e totale esposizione. Sul piano pratico associa alla pittura diversi materiali organici, portatori impliciti di una storia che, una volta installati, subiscono un processo di risignificazione. «Ciò che mi interessa è il “cosa può?” del materiale stesso», racconta l’artista, il cui metodo prevede la combinazione di oggetti, porosità e consistenze, per sperimentare il potenziale generativo ma anche sovversivo dei processi associativi.
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