A Milano, al piano terra della Cardi Gallery, algido white cube minimalista, rimbalzano 40 macchie nere intrise di pittura a olio compressa, cera e pigmento su carta porosa spessa, color avorio, di Richard Serra (San Francisco, 1939) tra i maestri della sua generazione. Complice un allestimento ideato da lui stesso, le opere impaginano lo spazio in maniera magistrale. Le sue quasi note jazz silenti, visualizzano ideali concerti pianistici, Darks Intervals, stile Keith Jarrett, e sembrano comporre un ideale spartito musicale sul tempo buio che stiamo vivendo.
Serra, ex minimalista poi antiformale, è riconoscibile per il suo interesse verso l’azione processuale che integra il principio di indeterminazione nella manipolazione non organizzata della materia grezza. Noto per le monumentali sculture in acciaio ospitate nei più importanti musei, oltre che per interventi in contesti urbani e paesaggistici, da Bilbao, Londra, Berlino, Serra ha disegnato, appositamente per la nota galleria milanese, buchi neri materici, come “sculture” imperfette con sbavature di colore, simili a note di un tempo sospeso e assoluto, fuori dalla storia. Punti neri che tracciano linee immaginate sulle pareti, sinuosi movimenti, inquietanti e poetici al tempo stesso.
Le sue “palline” o forse proiettili, chissà, nero pece, rimbalzano sul muro e lasciano una impronta magmatica del moto perpetuo del Tempo, crudele e incomprensibile, segnato da conflitti che in questo clima bellico ci invitano a riflettere sul nostro caotico presente. Sono disegni essenziali, tutti pezzi unici realizzati tra il 2021 e 2022 dall’artista, nel suo studio in negli Stati Uniti, per questa mostra imperdibile di segni dinamici di una materialità dalla biologia misteriosa, intrisi di processi organici, resistenti a qualsiasi associazione metaforica o emotiva e che emanano un’energia centripeta e centrifuga insieme da “sentire” con gli occhi. Opere autoreferenziali, che non vanno considerate come schizzi preparatori o studi per sculture.
Un’importante retrospettiva itinerante dedicata ai disegni di Serra è stata presentata al Metropolitan Museum of Art, New York, al San Francisco Museum of Modern Art, e alla Menil Collection, Houston (sede organizzativa) dal 2011 al 2012, ma in questa piccola e preziosa mostra milanese, l’inatteso si fa segno poetico di prospettive inedite. Serra ha vinto il Leone d’Oro alla carriera in occasione della Biennale di Venezia nel 2001, ma con questa mostra Zen e meditativa (fino al 5 agosto) si comprende come per l’artista pittura, scultura e disegno, che hanno caratterizzato la sua ricerca artistica, convergono nelle grandi come nelle piccole opere.
Per i suoi disegni dal 1971, Serra utilizza uno stick di vernice nera (pittura a olio compressa, cera e pigmento) che forse oggi interpretiamo, nell’epoca Covid, anche come elementi di una indagine sulle forme di “peste nera” che stiamo attraversando, dentro spazi di un bianco assoluto.
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