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‘Trame giapponesi’ al Museo d’Arte Orientale, Venezia
Mostre
di Silvia Conta
A Venezia il Museo d’Arte Orientale presenta la mostra TRAME GIAPPONESI. Costumi e storie del teatro nō al Museo d’Arte Orientale di Venezia, a cura della direttrice Marta Boscolo Marchi. Gli spazi espositivi all’ultimo piano di Ca’ Pesaro ospitano, fino al 3 luglio 2022, dipinti, stampe, fotografie, documenti, costumi, strumenti musicali e maschere legati a una delle più celebri forme teatrali giapponesi, il teatro nō che, grazie al 13. Festival Internazionale del Teatro della Biennale di Venezia del 1954, arrivò per la prima volta in Europa.
«Gli spazi espositivi all’ultimo piano di Ca’ Pesaro ospitano, dal 26 marzo al 3 luglio 2022, dipinti, stampe, fotografie, documenti, costumi, strumenti musicali e maschere legati a una delle più celebri forme teatrali giapponesi, il teatro nō che, grazie al 13. Festival Internazionale del Teatro della Biennale di Venezia del 1954, arrivò per la prima volta in Europa.
La gran parte degli oggetti e delle opere esposte fanno parte della collezione del museo, a sua volta costituita per lo più dalla raccolta del principe Enrico di Borbone Parma; a questi si aggiungono prestiti da collezioni private oltre a una serie di fotografie inedite di Fabio Massimo Fioravanti, che dal 1989 porta avanti un lavoro di ricerca sul teatro nō.
La mostra si avvale delle competenze di studiosi di atenei italiani e stranieri che compongono il comitato scientifico: Monique Arnaud, Marta Boscolo Marchi, Matteo Casari, Andrea Giolai, Diego Pellecchia, Bonaventura Ruperti e Silvia Vesco», ha spiegato il museo.
Ne abbiamo parlato con Marta Boscolo Marchi, Direttrice Museo d’Arte Orientale di Venezia e curatrice della mostra “Trame Giapponesi”, nell’intervista qui sotto.
Il museo
«Inaugurato nel 1928, primo museo statale italiano a occuparsi di arte asiatica, il Museo di Arte Orientale di Venezia custodisce la grande collezione del principe Enrico di Borbone Parma, divenuta parte del patrimonio pubblico nel 1925 e da allora ospitata all’ultimo piano di Ca’ Pesaro. Tra le opere e i manufatti di questa raccolta spiccano – per numero e per qualità – quelli giapponesi del periodo Edo (1603 – 1868), tra i più significativi per lo sviluppo dell’arte giapponese. Ne fanno parte anche i costumi e le opere esposti: dipinti, stampe e paraventi mostrano la diffusione di quelle vicende, tratte da poemi, leggende e storie del passato, che ispirarono tanto i testi teatrali quanto le iconografie».
Il teatro nō è una forma d’arte molto citata, quando si parla di Giappone, ma molto poco conosciuta in occidente. In che modo il visitatore potrà scoprire di più sul no grazie a questa mostra?
«Sicuramente grazie alla proposta delle opere esposte, che comprendono costumi, maschere, strumenti musicale ma anche le foto delle rappresentazioni scattate da Fabio Massimo Fioravanti. Ci sarà anche un ampio apparato esplicativo didattico che contribuirà ad avvicinare il visitatore alle specificità del teatro nō e un catalogo dettagliato realizzato in collaborazione con docenti dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, dell’Università di Bologna, di quella di Leiden in Olanda e dell’International Noh Institute di Kyoto».
La maggior parte delle opere e degli oggetti esposti sono parte della collezione del museo e alcuni non sono mai stati esposti al pubblico: come viene modificato l’allestimento in relazione a questi nuovi arrivi?
«Il Museo d’Arte Orientale è collocato all’ultimo piano di Ca’ Pesaro sin dalla sua apertura, nel 1928. A quell’anno risale il primo allestimento – ormai storicizzato – di Nino Barbatini che ancora oggi guida il percorso del visitatore, seppur con qualche adattamento realizzato negli anni. Per far spazio alle opere che compongono la mostra abbiamo avviato una rotazione dei pezzi un po’ più complessa e impegnativa del solito. In realtà la rotazione delle opere è parte integrante del nostro apparato espositivo, perché molti oggetti risentono della luce e della temperatura – soprattutto i tessili e le stampe. Siamo riusciti comunque a dedicare molto spazio alla mostra senza troppi sconvolgimenti, anzi arricchendo l’esperienza del visitatore».
Il museo custodisce opere molto antiche, che in questo caso sono in dialogo anche con le foto di Fabio Massimo Fioravanti attraverso cui si restituisce un no contemporaneo. In generale, qual è il rapporto tra il museo come istituzione che preserva il passato e l’oriente contemporaneo?
«I contatti con l’Asia contemporanea e la sua cultura sono frequenti e proficui. Al fine di colmare lo iato tra la collezione, che risale alla fine dell’800, e la contemporaneità sviluppiamo spesso conferenze con studiosi, attività per il pubblico che spaziano dal fumetto, all’ikebana, alle arti marziali, al cinema. La prossima collaborazione in questo senso sarà con l’Università Ca’ Foscari in occasione dello Short Film Festival per la sezione di cinema asiatico ed è sempre molto stimolante partecipare a eventi di questo genere perché ci consente di attrarre soprattutto i più giovani».
Quali attività sono previste durante la mostra per i visitatori e per la città?
«Siamo molto orgogliosi di aver coinvolto Monique Arnaud dell’International Noh Institute di Kyoto, l’unica docente europea certificata per la pratica del nō. Con lei stiamo organizzando una serie di eventi rivolti agli studenti di Ca’ Foscari incentrati su vari aspetti di questa arte: ci sarà un focus sulla vestizione dell’attore, ad esempio, oltre a una lettura di brani in lingua scelti da studenti e letti da loro insieme ad Arnaud. Per maggio abbiamo previsto un ciclo di conferenze, tra cui quella sul cinema ispirato al teatro nō con Maria Roberta Novielli. Inoltre, in occasione della mostra Homo Faber che è dedicata al Giappone, abbiamo previsto uno sconto per chi deciderà di vedere entrambe le esposizioni».