Grazie al supporto del PAC 2022-2023 – Piano per l’Arte Contemporanea, le opere di 17 artiste e artisti internazionali sono entrate a far parte di una collezione museale di nuova concezione, che dimostra ancora una volta la proficuità dell’alleanza tra scienza e arte. Il MUSE, impegnato dalla sua fondazione nella salvaguardia dell’ambiente e nella ricerca della biodiversità, ha sentito l’esigenza di approfondire il Programma Antropocene, un percorso iniziato nel 2020 che ha l’obiettivo di instaurare una continua riflessione sulle sfide che ruotano attorno alla grande transizione climatica della nostra epoca.
Come affermato dal direttore del MUSE Massimo Bernardi, premessa utile per questa indagine è stato riconoscere il coinvolgimento dell’azione umana all’interno delle trasformazioni climatiche in atto, entrando in una nuova concezione del sistema naturale che comprenda inevitabilmente anche noi stessi. Proprio in conseguenza a questa definizione di “trasformazione eco-sociale” è nata l’idea di raccogliere e preservare non solo testimonianze fisiche e materiali ma altresì le nostre percezioni e sensazioni nei confronti dei cambiamenti in corso.
L’ampia varietà dei punti di vista e degli approcci è stata esposta con successo grazie all’intercettazione di artisti e artiste da parte della piattaforma WE ARE THE FLOOD | NOI SIAMO DILUVIO, sviluppata dal curatore della mostra Stefano Cagol in collaborazione con il museo. Nel tentativo di abbandonare la caratteristica onnipotenza umana, si è sentita l’urgenza di un’indagine più intima e spirituale: grazie all’esperienza diretta degli artisti in mostra il pubblico è in grado di decodificare dei cambiamenti altrimenti non percepibili, raggiungendo una nuova consapevolezza ambientale che ci vede protagonisti.
La condizione partecipativa del visitatore è immediatamente suggerita dall’installazione tessile di Giulia Nelli. Tra radici sopite e arida pietra si presenta nel primo spazio dell’esposizione come una sorta di ragnatela di collant nero che, condizionando il passaggio dello spettatore, ricorda l’onnipresenza del petrolio negli oggetti comuni della nostra quotidianità.
A rapire l’anima del visitatore è senz’altro la video-installazione della giovane artista Hannah Rowan. La si vede nuda, sola, immobile e inerme mentre è prima distesa su un iceberg nel mezzo di gelide acque artiche, e poi mentre tiene in grembo un blocco di ghiaccio, quasi a voler prendersene cura amorevolmente. In una evidente sintonia spirituale con l’ecosistema, con “Tides in the Body” l’artista intende coinvolgere profondamente chi la osserva nell’inesorabile processo di scioglimento.
La concezione abbracciata dal progetto Antropocene, che abbandona la tendenza antropocentrica per vedere l’uomo finalmente al servizio dell’esigenze dell’ambiente, è reiterata attraverso l’opera-video Concierto para el Bioceno di Eugenio Ampudia. Nella cornice dello splendido Gran Teatre del Liceu di Barcellona un quartetto d’archi esegue l’elegia “Crisantemi” del compositore Giacomo Puccini, in uno spettacolo d’eccellenza dedicato a un pubblico nuovo: una schiera di oltre duemila piante verdi che determina il tutto esaurito. In questo simbolico atto di riformulazione del presente l’artista propone l’inizio di una nuova era con la vita finalmente al centro delle pretese della nostra società.
A prendere in considerazione in modo più diretto lo scenario ambientale che abbraccia il territorio del MUSE è l’esito dell’esperienza della prima artista in residenza, ospitata dal museo grazie alla piattaforma WE ARE THE FLOOD. Mary Mattingly, dopo aver avuto la possibilità di incontrare scienziati e di visitare l’ambiente delle Dolomiti, ha scelto di dedicare al sistema alpino un orologio ad acqua simbolo della complessità e della precarietà degli equilibri idrici del pianeta.
In questa raccolta artistica sull’Antropocene, che attraverso il MUSE entra a far parte delle collezioni provinciali, non poteva mancare l’opera del bolzanino Philipp Messner. Con o. T. (CLOUDS) l’artista ha posto l’attenzione sull’ormai indispensabile presenza dei cannoni da neve per garantire l’intrattenimento degli sport in alta montagna sulle Alpi, dove la consistenza di nevi e ghiacci si sta sempre più affievolendo. Spostando l’zione di questi macchinari in città, nella piazza davanti alla Alte Pinakotheck e al Neues Museum di Norimberga, e rendendo la neve artificiale colorata artificialmente, ha messo in atto un processo di delocalizzazione e di esagerazione per evidenziare il nostro impatto sull’ambiente. A catturare l’intervento dell’artista è nell’esposizione una fotografia dal vero del colorato manto nevoso segnato dalle impronte dei passanti.
Se con alcune opere come Still Burning di Sharar Marcus lo spettatore viene rapito con veemenza nella causa sostenuta dagli artisti, altre volte è trasportato in una dimensione di riflessione profonda come nel caso di Over Time di Laura Pugno, la quale espone tre realtà che si rapportano alla neve in modi differenti.
Le video-installazioni, le fotografie e le opere site-specific della Collezione Antropocene danno voce, grazie al curatore Stefano Cagol, alle potenti e intime visioni di artisti di culture differenti e di diverse generazioni, ciascuno narratore delle ricadute ambientali delle azioni umane. Con il sostegno dell’Arte, la Scienza con il MUSE si fa interprete della complessa transizione eco-sociale di cui siamo inevitabilmente protagonisti.
Visitabile in mostra al MUSE fino al 19 gennaio 2025, il nucleo iniziale della collezione potrà essere ospitato da altri istituti museali e realtà culturali e ampliato negli anni con acquisizioni e produzioni legate a percorsi di esplorazione della tematica antropocentrica attraverso l’arte.
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