«Cerco di capire cosa c’è nello spazio tra il visibile e il tattile», così dichiarava Nanni Valentini (Sant’Angelo in Vado, 1932; Vimercate, 1985) nel 1975. Sui perché e percome di quello spazio già c’eravamo in parte pronunciati in un paio d’occasioni addietro, nelle altrettante retrospettive (precisamente una datata 2019 e l’altra 2022) che ABC-ARTE ha dedicato all’artista. E se al tempo eravamo rimasti per forza di cose un filo in superficie, in questa terza occasione è arrivato il momento di scavare un po’ più a fondo con Nanni Valentini. Altre trasparenze, altre terre, curata da Flaminio Gualdoni.
Per chi mastica un po’ di Valentini, e per chi inizierà a farlo da ora, siamo evidentemente nell’epoca di produzione delle Trasparenze, indicativamente tra l’inizio degli anni ’70 e i primi ’80. Siamo nell’ambito di una pittura che per Valentini non è mai solo pittura, un’espressione bidimensionale, ma qualcosa di più complesso. Di maggiormente coercitivo verso un pubblico che l’artista chiama ad un’interazione corporea quanto intellettiva, dove il realismo delle sue componenti la fa da padrone sul puro effetto ottico: il pigmento di Valentini non finge di creare qualcosa, il pigmento di Valentini è creazione. Un approccio analitico per certi versi, ma con altre mire.
Mire che non faticano a saltare fuori. Le Trasparenze sono infatti materia pittorica, ma la materia in generale per Valentini è strumento di scoperta, spazio di ricerca, varco verso una realtà ancora inespressa. La mostra offre tutti pezzi inediti, ben scelti nell’ottica di una narrazione dialettica, senza dimenticare una fondamentale linea temporale (non troppo definita: dialettica vince su cronologia). Valentini parte, nel ’73-’74, da un telaio in legno in cui circoscrivere una leggera struttura rada di corde leggere e brandelli pigmentati, per poi migrare – nel biennio successivo – verso una garza libera e un cromatismo più consistente. Quindi verso una matericità in via di sviluppo, che lo vede mettere in chiara discussione ogni regolamentazione formale, come si nota in un paio di opere che da ABC-ARTE non si sono fatti mancare: una piccola garza strappata con un moto trasversale, sincopando il ritmo pittorico verticale, oppure in un rettangolo in metallo sottile che abilmente non inquadra la garza precisamente formata per accoglierlo. Fino a raggiungere, sul termine dei ’70, situazioni mixed media in cui lo spazio è determinato dalla sovrapposizione di malte. Biglietto di sola andata verso la plasticità schietta ed orizzontale di interventi importanti come l’imponente Focolare di Hestia (che già da solo vale la visita), o mistica e ascensionale come La terra della sera, espressioni in purezza di un artista troppo poco artefatto per lasciarsi scivolare dalle mani quell’approccio sacrale e vivo alla materia.
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