«Quand’è che una tale grazia ha cominciato a finire? Noi non possiamo seguire le oblique magie del tempo. Il tempo è dietro di noi, ma come fondo che non appare, a questa, che è la vita, azione di contrasti nel vuoto». Da “Tempi immacolati”, componimento tra i più lunghi e suggestivi di Vincenzo Cardarelli, è tratto il titolo della mostra proposta dalla Galleria Alessandra Bonomo nelle sale del Complesso di Santa Scolastica a Bari, oggi Museo Archeologico Metropolitano (fino al 15 febbraio, testo critico di Lorenzo Madaro). La poesia generatrice di visioni che l’arte ancora una volta traduce in oggetti tangibili, lirici anch’essi. Ut pictura poesis, definivano gli antichi questa imperitura sorellanza.
Un legame profondo lega anche la Galleria, con sede a Roma, in via del Gesù, al capoluogo pugliese. Alessandra, la titolare, è figlia d’arte. Sua madre era Marilena Bonomo, storica gallerista che tra anni Ottanta e Novanta ha fatto di Bari una città aperta al contemporaneo. Sol Lewitt, David Tremlett, Alighiero Boetti, Jannis Kounellis sono solo alcune delle grandi personalità portate da Marilena in città. Un’impresa che oggi ha il sapore della scommessa, dell’impresa titanica ma che alla gallerista dovettero sembrare scelte naturali, dettate dalla volontà di sotterrare la Puglia a certo paesaggismo oleografico per inserirla nei circuiti internazionali o quantomeno di aprirne la visione a più vasti orizzonti, puntando allora anche su giovani pugliesi talentuosi oggi rinomati artisti. Legame con la città, tensione all’internazionalità, e, ca va sans dire, passione per l’arte, sono state ereditate dalle figlie Alessandra e Valentina, che pur avendo stabilito le loro attività a Roma, non mancano di realizzare episodicamente progetti a Bari, rievocando e rinsaldando l’affetto che la madre nutriva per il capoluogo pugliese e per la sua gente.
In questo nuovo progetto espositivo intitolato, come nel verso cardarelliano, “Oblique magie del tempo”, Alessandra Bonomo affianca le opere di Tristano di Robilant (Londra, 1964) e Josè Angelino (Ragusa, 1977), artisti differenti per formazione e mezzi espressivi, ma accomunati dall’uso della luce come fenomeno di spazio e materia, tra i colori accesi dei neon che la proiettano all’esterno e le trasparenze del vetro che la accolgono e la inglobano in uno spettro caleidoscopico di soluzioni formali. Artisti entrambi con un consolidato sodalizio con la galleria, il primo più del secondo per via del dato anagrafico.
Di Robilant, che dalla sua ha all’attivo anche un’antica collaborazione con Marilena, propone opere ora dalle sembianze biomorfe, ora connotate da profili arcaici; forme apparentemente casuali, estranee eppure attraenti, non pienamente riconducibili alla realtà sensibile, a cui l’artista, che è anche poeta, associa titoli enigmatici desunti da un vasto repertorio di conoscenze letterarie, storiche e filosofiche. D’altronde proprio a Cardarelli, nel 2017, Di Robilant ha dedicato “Evento di Luce”, mostra e libro presentati a la Diagonale di Roma, testimonianze di una frequentazione e di una meditazione profonda sulla poesia in generale e sui versi del poeta laziale in particolare.
In mostra l’artista presenta opere realizzate prevalentemente nell’ultimo quinquennio, con una sola del 2013, formalmente coerente a quelle recenti, in un discorso di piena continuità tra ieri e oggi pur nella diversità dei materiali trattati, terracotta e vetro, la prima plasmata a partire dagli anni Novanta, nella Bottega Gatti di Faenza, il secondo dal 2005 quando l’artista inizia a collaborare col maestro vetraio Andrea Zilio alla fornace Anfora di Murano.
Risalgono tutte all’ultimo biennio invece le opere di Jose Angelino. Simili a minimi gesti luminosi le sue opere disegnano lo spazio, definendo traiettorie e punti di approdo. Luminescenze, magnetismo, minute risultanze sonore sono solo alcuni dei fenomeni fisici che l’artista infonde nel mondo delle arti visive, confondendo scienza e arte e trasformando la realtà in un variegato e stupefacente teatro degli effetti. Forme in vetro soffiato in cui si muove il gas Argon o dispositivi realizzati utilizzando materiali inerti e naturali in grado di captare e amplificare le vibrazioni dell’ambiente circostante: installazioni o, date le dimensioni contenute, sculture potenziate che assumono le sembianze di oggetti magici o minuti esperimenti, in cui ciò che si capta in altro modo è tanto importante quanto ciò che si percepisce con la vista.
Due modi differenti eppure complementari di interpretare la contemporaneità, uno attento alla poesia e testimone di saperi antichi, l’altro rivolto alla scienza e proiettato al futuro.
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