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Tube Culture Hall presenta “The Object Stares Back”
Mostre
The Object Stares Back: l’oggetto restituisce lo sguardo e guarda a sua volta. La mostra collettiva curata da Mattia Pozzoni, porta per la prima volta in Italia, negli spazi milanesi di Tube Culture Hall e fino al 14 luglio, le artiste Victoria Cantons, Lydia Pettit, Olivia Sterling e Yang Xu.
Poetica nelle intenzioni e nell’estetica, la mostra guarda con consapevolezza a una storia dell’arte che – di fatto – è sempre stata attraversata da una prospettiva maschile, e si propone con fierezza di provare a guardare il mondo attraverso gli occhi di una donna. Cantons, Pettit, Sterling e Xu raccontano ognuna la propria sfumatura suggerendo di abbandonare lo sguardo maschile, smettendo di guardare le donne solo come comparse e identificandole come protagoniste.
«Dalla Venere di Botticelli all’Origine del mondo di Courbet – ricorda il curatore – il corpo femminile, fulcro centrale di infiniti capolavori, raramente è stato ritratto da una donna. Se le donne hanno avuto pochissime possibilità di raccontare i propri punti di vista e le proprie sensazioni, i loro corpi venivano invece oggettivizzati». Con il presupposto di spostare lo sguardo e cercare di analizzarlo, The Object Stares Back presenta quattro voci, molto vicine e al contempo diverse, che forniscono ognuna una personale chiave di lettura.
La serie In Yearning di Lydia Pettit, dalla forte estetica cinematografica, offre, sul piano sensibile come su quello formale, una duplice lettura che mantiene costante la tensione all’interno del quadro. Chi tiene il coltello? La donna ritratta o qualcuno che le fa violenza? Questa duplice interpretazione, rinforzata dalla scelta stilistica di lasciare negli angoli delle porzioni di tela grezza come a voler suggerire un senso di immediatezza e di urgenza, restituisce una sensazione in bilico tra l’erotismo e l’angoscia che si accompagna alla riflessione di Pettit a proposito dell’eterna dicotomia femminile: santa o prostituta? Vittima o carnefice?
Dalla cinematografia alla storia, Yang Xu, artista queer e compagna di Victoria Cantons, ambienta le sue opere in epoca Rococò per tradurle in riflessioni sulle convenzioni e sulle politiche che ruotano attorno a genere, potere e rappresentazione. Con un atto performativo davanti alla tela, Yang Xu è solita autoritrasi con parrucche o armature per sottolineare la difficoltà che una donna, un’artista, asiatica e queer, deve affrontare per affermarsi e legittimarsi. Nel caso di What Does It Take To Be A Woman? insiste su un ideale di superdonna aggressivo pulsionale (labbra rosse, seni grossi e rifatti, sguardo voluttuoso e unghie lunghe) per criticare l’eccessiva ricerca dell’apparenza che porta alla mercificazione (Everything’s Got A Price) anche degli aspetti più spontanei.
Yang Xu è ritratta, per mano di Victoria Cantons, anche nell’opera Untitled (A way to avoid the mess one makes of one’s life) raffigurante un abbraccio tra le due donne così stretto da non lasciare posto per altro. La tenerezza con cui i due corpi si fondono in un corpo unico appartiene alla poetica di Cantons, che porta in The Objects Stares Back un’amorevole e intima ipersensibilità e ipersensibilizzazione. Cantons appare anche nell’altra opera esposta, Untitled (Like good fruit, the balance of life lies between ripe and ruin) che significativamente mostra un cerchio, come a indicare un cerchio (di senso) che si chiude. Entrambi i lavori hanno un titolo che rivela la passione dell’artista per la poesia, strumento per completare a livello semantico – e comprendere – ciò che pittoricamente esprime.
Olivia Sterling infine propone un’ulteriore sfumatura di visione critica femminile estendendola al concetto di razza. Le due opere esposte, che lavorano sinergicamente pur non essendo un dittico (ognuna in alto a sinistra ha un numero, 1-2, sequenziale), si contraddistinguono per uno stile che rimanda al fumetto e una palette di colori vivace e divertente che nascondo critiche molto profonde. In The Thrower una donna afro, ritratta secondo gli stereotipi condivisi, tiene in mano un bardo, mentre in Effing and blinding sul bersaglio del gioco delle freccette, tra tante mani di colore, una mano bianca sanguina. Le lettere sul dipinto si riferiscono ai colori per sottolineare – e criticare – la tendenza occidentale a volersi connotare (che dal punto di vista razziale coincide con il darsi e dare un colore), escludendo di conseguenza il diverso.
John Berger diceva che «Quando leggiamo una storia, la abitiamo»: questa è la storia di Victoria Cantons, Lydia Pettit, Olivia Sterling e Yang Xu, che si sono messe a nudo, fisicamente e psicologicamente, intrecciando il loro sguardo femminile e le loro storie per darsi la possibilità di esprimere la propria visione. Noi, questa storia, l’abbiamo abitata, insieme a tutte le voci che, troppo spesso, vengono dimenticate.
«La relazione tra ciò che vediamo e ciò che sappiamo non è mai stabilita. Ogni sera vediamo il sole tramontare. Sappiamo che la terra si sta allontanando da esso. Eppure la conoscenza, la spiegazione, non si adatta mai del tutto alla vista». (John Berger, Ways of Seeing)