28 ottobre 2024

Tutto quello che avreste voluto sapere sull’Arte Povera

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La Bourse de Commerce - Pinault Collection ospita un’importante esposizione dedicata all'Arte Povera, un vero omaggio a una delle correnti artistiche più influenti del ventesimo secolo con oltre 250 opere di tredici protagonisti del movimento, fino al 20 gennaio.

Vue de l’exposition « Arte Povera », Bourse de Commerce – Pinault Collection, Paris, 2024. © Tadao Ando Architect & Associates, Niney et Marca Architectes, agence Pierre-Antoine Gatier. Photo : Nicolas Brasseur / Pinault Collection

Grazie a un allestimento che risuona con l’architettura storica del luogo, il percorso artistico ci porta attraverso le opere iconiche tra i maggiori esponenti dell’Arte Povera, quali Giovanni Anselmo, Pier Paolo Calzolari, Giulio Paolini, Pino Pascali o Emilio Prini. Curata da Carolyn Christov-Bakargiev, esperta del movimento e già direttrice del Castello di Rivoli, la mostra presenta circa cinquanta opere della Collezione Pinault, affiancate da prestiti di importanti istituzioni come il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea di Torino, la Galleria civica d’Arte moderna e contemporanea di Torino, il Museo e Real Bosco di Capodimonte a Napoli e il Centre Pompidou, oltre a numerose collezioni private.

Nata in Italia alla fine degli anni ’60, l’Arte Povera è stata una delle risposte più radicali alla cultura di consumo, che ha riscoperto la potenza del gesto e del materiale povero. Ma com’è organizzato il percorso? Prima ancora di entrare, sul piazzale si erge una magnifica scultura di Giuseppe Penone cioè Idee di pietra — 1532 kg di luce (2010), che richiama i temi fondamentali del movimento come la materia e la sua relazione con lo spazio. All’interno, la rotonda centrale della Bourse presenta un corpus eterogeneo di opere, le gallerie accolgono focus monografici sui tredici artisti presentati, mentre le teche ottocentesche del Passage – un corridoio che circonda la rotonda – offrono una selezione di produzioni che illustrano un prima, un durante e un dopo Arte Povera.

Si va da movimenti come il Gutaï giapponese o l’Internazionale Situazionista, ad artisti di generazioni precedenti quali Carla Accardi, Alberto Burri, Lucio Fontana, Piero Manzoni, fino a nomi più recenti come Theaster Gates, David Hammons, Otobong Nkanga, Anna Boghiguian, Mario García Torres o Pierre Huyghe. È presentata anche una piccola biblioteca che documenta le fonti letterarie e filosofiche della corrente artistica, spaziando dal teatro povero di Grotowski a riviste come Marcatrè, Domus e Flash Art. La curatrice ha inserito la sezione Long before Arte Povera, per un incrocio storico artistico oltre le classificazioni tradizionali, dove troviamo un Vaso canopo (dal 600 al 575 a.C), Madonna col Bambino e i santi Antonio Abate e Bernardino da Siena (1460 ca) di Sano di Pietro, Membra stanche (Famiglia di emigranti) (1907) di Giuseppe Pellizza da Volpedo o Dissolution of the Plane (1917) di Kazimir Malevich, accostato alle opere di Kounellis. A fare da introduzione al percorso è la fotografia, che ha avuto un ruolo significativo nel movimento. Fotografi come Elisabetta Catalano hanno collaborato attivamente con gli artisti per documentare il loro lavoro, da Pistoletto con il Gruppo Zoo, immortalato nei suoi numerosi happening nel 1969 da Paolo Mussat Sartor, fino al celebre scatto di Claudio Abate che mostra i dodici cavalli portati da Kounellis alla galleria L’Attico nel 1969. Il centro della rotonda vede opere iconiche posate sul suolo, e non per caso. Infatti, la curatela ha voluto restituire lo spirito collettivo della fine degli anni Sessanta in Italia e l’importanza del concetto di orizzontalità nell’Arte Povera, quale luogo da attraversare, in continua evoluzione e mutazione.

Un insieme di lavori, tra cui Il simbolo del Terzo Paradiso (2003, Segno disegnato nella sabbia), che è sormontato da Macchia (1968, gomma fusa, corde) di Gilberto Zorio, della Collezione Pinault. Si tratta di una scultura in altezza, costituita da una forma in gomma marrone tenuta appesa da otto corde.

Gilberto Zorio. Exhibition view of ‘’Arte Povera’’, Bourse de Commerce – Pinault Collection, Paris, 2024. © Tadao Ando Architect & Associates, Niney et Marca Architectes, agence Pierre-Antoine Gatier. © Adagp, Paris, 2024 Photo: Nicolas Brasseur / Pinault Collection.

Le sale spaziose e magnificamente illuminate delle gallerie permettono di accogliere grandi installazioni e di farle dialogare tra loro in modo dinamico. Alighiero Boetti è rappresentato con diverse creazioni, tra cui Mappa (mappa del mondo), un ricamo su cotone del 1972-1973, della Collezione Pinault. Secondo le note della curatrice ci sono circa centosessanta mappe, realizzate tra il 1972 e il 1993, e questa della collezione è una delle prime quattro.

Alighiero Boetti, Mappa, 1972-1973
Embroidery, 150 × 230 cm
Pinault Collection
Exhibition view of ‘’Arte Povera’’, Bourse de Commerce – Pinault Collection, Paris, 2024.
© Tadao Ando Architect & Associates, Niney et Marca Architectes, agence Pierre-Antoine Gatier.
© Adagp, Paris, 2024
Photo: Nicolas Brasseur / Pinault Collection.

Tutte diverse, alcune incollate sulla tela o ricamate, le celebri rose di Kounellis sono qui omaggiate nella locandina come lungo l’esposizione. Presenti diversi lavori di Pistoletto, tra cui QR Code Possession – Generative Artificial Intelligence (2023,) che vede sei grandi tele serigrafate che rappresentano i codici QR, che scansionati col telefono offrono risposte generate dall’intelligenza artificiale. Di Luciano Fabro troviamo Murano e shantung di seta pura (Piede) (1968-1972), una delle magnifiche sculture in vetro della serie I Piedi, in cui l’artista esplora materiali nobili, contrariamente a quelli comuni e non trasformati adottati nell’Arte Povera. Vedi l’acciaio e il carbone nell’opera di Kounellis; se il primo rappresenta la rivoluzione industriale, il secondo guarda alle origini della civiltà, al fuoco. Nel “dopo Arte Povera” lo sguardo cade su We Mark, (2020-2024) di Grazia Toderi. Si tratta di una videoproiezione in loop che presenta una mappatura che richiama paesaggi terrestri o galattici, e il corpo umano, dove strumenti quali bussole attraversano lo spazio come per misurarlo. Ma anche Jimmie Durham che, in Homenagen a Luciano Fabro, 2009, presenta una semplice trave di legno poggiata in equilibrio contro una parete. Se il titolo in brasiliano rinvia all’origine del materiale le venature guardano al tempo che scorre.

È fondamentale, in un contesto di inclusività, mettere in evidenza il contributo femminile all’Arte Povera. Marisa Merz, moglie di Mario Merz è l’unica donna associata al movimento, ed è qui con diversi lavori, tra cui due paia delle sue celebri Scarpette (1968), in nylon o rame. Questi piccoli manufatti, realizzati nella sua misura, presentano fili intrecciati che collegano l’artigianato domestico all’arte concettuale. Nel vestibolo, troviamo un violino di paraffina bianca immerso in una bacinella di piombo piena d’acqua, dal quale zampilla un getto a curva discendente che disegna la forma di un cuore. Nella Rotonda, un bellissimo disegno in bianco e nero (1996 ca) che è parte della serie di volti che l’artista ha iniziato intorno al 1975. Al centro, si distingue una figura dal volto lungo e ovale, parzialmente nascosta da linee verticali e orizzontali che creano una sorta di griglia. Gli occhi marcati fissano l’osservatore, trasmettendo un senso di isolamento e inquietudine.

Nello spazio monografico, vediamo un’imponente tecnica mista su carta, alta tre metri e realizzata nel 2004, realizzato dopo la morte del marito. La composizione, caratterizzata da tonalità scure intervallate da aree di rosso tenue e giallo dorato, vede una figura stilizzata dalle linee arrotondate, che rappresenta – secondo le parole della curatrice – una dei primi angeli. Le forme curvilinee e i colori caldi intorno alla figura creano una dimensione meditativa, la lacrima sul volto e un cuore disegnato ci conducono lungo un viaggio introspettivo, mentre i blocchi di legno che sostengono in basso la materia aggiungono una dimensione scultorea. È importante notare che Marisa Merz, non avendo un atelier, lavorasse in cucina. Questo forse spiega in parte le dimensioni contenute delle sue opere, mentre quelle del dipinto del 2004 sfidano le categorizzazioni di genere. Nel Passage, troviamo From One to Four Pebbles (1972) di Laura Grisi, che ha creato diversi video legati all’Arte Povera, esplorando l’incomunicabilità dei mass media e cercando un ritorno agli aspetti più vitali della natura. Questo contesto evidenzia come l’Arte Povera sia stato un movimento prevalentemente maschile, dominato da una visione in cui la figura femminile è rappresentata non di rado attraverso simboli mitologici, come la qui presente Venere degli stracci (1967) di Pistoletto. Nonostante, durante gli anni ’70, con il femminismo che rivendicava diritti come l’aborto, gli artisti di entrambi i sessi intraprendessero un percorso di rottura con le precedenti convenzioni visive e linguistiche. Vedi le performance di Ketty La Rocca.

Questa narrazione storica può dunque apparire lineare, ma l’Arte Povera si sottrae a un percorso netto di causa-effetto. In realtà, il movimento si sviluppa in una trama di ambiguità e intersezioni, riflessa nelle ‘zone grigie’ in cui si muove la figura femminile del gruppo, Marisa Merz. La sua posizione di minoranza, unita alla natura del suo lavoro, che combina materiali e significati in modo da sfidare le categorizzazioni rigide, come nel caso delle sue emblematiche Scarpette, testimonia questa complessità. Queste ‘zone grigie’ rivelano come l’Arte Povera sia ben più stratificata di quanto suggerirebbe una visione dicotomica di inclusione ed esclusione. Il contributo di Marisa Merz, insieme a figure satelliti come Laura Grisi, arricchisce la narrazione dell’Arte Povera e contribuisce a una rilettura della storia dell’arte che includa prospettive di genere. Non è dunque solo una mostra su una corrente artistica, ma un invito a esplorare la complessità delle relazioni tra arte, società e cultura. È giusto sottolineare che questa mostra si inserisce in una serie di esposizioni di alto livello dedicate all’Arte Povera, come Renverser ses yeux. Autour de l’Arte Povera 1960-1975, tenutasi nel 2022 presso il Jeu de Paume e LE BAL, e Entrer dans l’œuvre: actions et processus dans l’Arte Povera, ospitata dal MAMC+ nel 2019.

Mario Merz. Exhibition view of ‘’Arte Povera’’, Bourse de Commerce – Pinault Collection, Paris, 2024.
© Tadao Ando Architect & Associates, Niney et Marca Architectes, agence Pierre-Antoine Gatier.
© Adagp, Paris, 2024
Photo: Nicolas Brasseur / Pinault Collection.

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