L’infanzia, sia che si creda nella sua interpretazione freudiana, sia che la si ricordi come il più spensierato dei momenti, è il fulcro dell’opera di Luca Staccioli (Imperia, 1988). Utilizzando vari medium, tra cui scultura in ceramica, disegno, collage, l’artista, che è solito lavorare con il video, presenta, per questa mostra in esposizione alla ArtNoble Gallery di Milano fino al 9 marzo, una serie di opere lungo un “go kart” ad hoc in dialogo con lo spazio. Un gioco per adulti terribilmente divertente e inquietante, dove il consumismo plastico diventa giocattolo, facendoci riflettere su noi tutti con grande ironia e leggerissima politicizzazione.
Attraverso la serie Checkout, carrelli da supermercati microscopici in ceramica diventano miniature souvenir take away, carrelli finti e fragili ma reali che ogni bambino sogna di portare. Mi affiora alla mente un’immagine: una bambina cammina portando un passeggino con dentro il suo bambolotto mentre al suo fianco sua madre la tiene per la mano. Per la bambina tutto ciò non rappresenta niente: negli occhi dell’adulto è invece il desiderio di diventare grandi e responsabili che ci affligge fin dalla nascita.
Nella serie Familiar Stories (ritorni) le figure umane presenti sono preistoriche ed inaspettatamente recenti, ritagliate dall’artista a partire da immagini di prigionia parte di archivi fotografici del ‘900. Esse sono già stoiche, disperatamente dimenticate, e scomodamente inserite in contrastanti stanze abitabili dal gusto fluorescente, plastico, appiccicoso ed in pongo. Uffici abitabili per umani de-umanizzati.
Realissimo ma sognante, come un sogno che si fatica a raccontare ma che si continua a rivivere per tutto il giorno successivo, le opere di Staccioli sono ricordi in replica che ci portano all’infanzia collegandola grottescamente al presente. ‘Vorrei che tu potessi vedere quello che ho sognato”, e le opere della mostra vivono esattamente in quella frase: micro mondi itineranti e duri ma allo stesso tempo divertenti, simili a quelli che viviamo oggi.
La destinazione del percorso è il castello in bassorilievo Castello (di sabbia?), non glorioso ma a forma di prigione contemporanea: un supermercato, il traffico, delle sedie da ufficio in serie, questi gli elementi costituenti le ceramiche che rappresentano i limiti nella riuscita del quotidiano. Un’ultima tappa finale, il risveglio: Reality Check rappresenta una piccola culla e i suoi campanelli starnazzanti che riportano alla realtà dopo la ricreazione o risvegliano dal sonno, non ci è dato sapere.
Luca Staccioli ci presenta il consumismo di oggi in forma abitabile, di fruizione universale, comodo e possibile, dove ci si sente ricchi con poco e profondamente vuoti poco dopo. Un modellino di realtà critico e giocoso che vale la pena visitare.
La capitale coreana si prepara alla quinta edizione della Seoul Biennale of Architecture and Urbanism. In che modo questa manifestazione…
Giulia Cavaliere ricostruisce la storia di Francesca Alinovi attraverso un breve viaggio che parte e finisce nella sua abitazione bolognese,…
Due "scugnizzi" si imbarcano per l'America per sfuggire alla povertà. La recensione del nuovo (e particolarmente riuscito) film di Salvatores,…
Il collezionista Francesco Galvagno ci racconta come nasce e si sviluppa una raccolta d’arte, a margine di un’ampia mostra di…
La Galleria Alberta Pane, 193 Gallery, Spazio Penini e Galleria 10 & zero uno sono quattro delle voci che animano…
Si intitola “Lee and LEE” e avrà luogo a gennaio in New Bond Street, negli spazi londinesi della casa d’aste.…