Arrivato alla settima mostra personale con la Galleria di Umberto Di Marino, con cui collabora dal 2001 – ma alla prima nei nuovi spazi di Casa Di Marino –, Eugenio Tibaldi presenta sette teche in tecnica mista, ispirate all’omonima favola per bambini da lui scritta e disegnata, La forma spezzata (2023), prodotta dalla Fondazione Pietro ed Alberto Rossini ed edita da Allemandi. La favola racconta le vicende del paese più bello del mondo, un paese popolato da topi che, attraverso la scoperta di una forma totemica che dona foglie d’oro, si arricchisce. L’arricchimento economico di questa popolazione di topi, metafora del popolo italiano degli anni ‘80 e ‘90, genera anche lo sviluppo di una cultura amorale e ignorante.
Le opere in mostra reinterpretano i sette capitoli in sette teche, dove il disegno, le frasi a matita e il collage di ritagli di giornale e riviste di un lavoro d’archivio post-funzionale sono in perfetto dialogo, stimolando il visitatore alla riflessione e alla presa di coscienza. Protagonista di questo racconto è il topo, animale allegorico che Tibaldi sceglie in quanto «Testimone costante delle dinamiche umane perché predilige il contesto urbano» esso però fugge dalla cornice per invadere lo spazio espositivo: «I topi fuori dalle teche sono una richiesta di relazione con la parte meno bella di noi, la parte che ci da un senso di repulsione e di possibile mancanza di pulizia».
Ogni immagine colpisce e chi ricorda quel periodo, davvero triste per la politica e non solo, sorride amaramente tornando con la mente a quel passato che l’artista mette in scena con gusto, delicatezza e, soprattutto, con la volontà di porvi una fine. Tempi in cui l’immoralità era considerata un vanto – così come cantava Franco Battiato nel 1991, «Povera patria, schiacciata dagli abusi del potere, di gente infame che non sa cos’è il pudore» – e il dibattito politico non si combatteva attraverso azioni politiche ma a suon di scandali. Tempi in cui gli intellettuali venivano allontanati e derisi a causa della cultura del “chi sa fare fa, chi non sa fare studia”.
Tibaldi si fa interprete della storia recente di un’Italia fatta di buontemponi, becera e razzista. Una storia che l’artista ritiene finalmente conclusa, in considerazione del fatto che ciò che è stato non debba più pesare e fare da freno per il cambiamento. Attraverso questo lavoro, Eugenio Tibaldi intende tutelare ed emendare le generazioni nate dopo il 2000 dal gioco della responsabilità, invitandole a sorridere.
La mostra di Eugenio Tibaldi è visitabile presso Casa di Marino, a Napoli, fino al 20 aprile 2024.
A Castrignano de’ Greci, lo spazio KORA promuove una giornata dedicata alla creatività contemporanea, con le installazioni di Ludovica Carbotta,…
Ha circa 1500 anni e per decenni è stata usata come pavimentazione all'ingresso di una casa, con l'iscrizione rivolta verso…
Al Teatro Mercadante di Napoli, debutta la rilettura di Jacopo Gassmann del Macbeth shakespeariano: un ritratto in chiaroscuro di un’individualità…
MiC, “Partecipazione 2023 ai livelli pre-Covid”. Presentato il volume Minicifre della cultura 2024: dati e analisi su domanda, offerta e…
Poesia e pittura sono le protagoniste di una mostra allestita alla Galleria Borghese che coinvolge i Maestri del Barocco e…
La Collezione Maramotti ha annunciato le mostre del 2025 nella sede di Reggio Emilia: dalla prima personale di Roméo Mivekannin…