Via Marsala a Roma, accanto alla stazione Termini, ė una sorta di distretto dedicato all’aiuto alle persone senza fissa dimora della capitale. La Caritas ha lì la sua mensa, l’ostello, la farmacia e l’ambulatorio medico e nella stessa via c’è anche Binario 95. È quest’ultimo un centro polivalente che offre servizi di prima necessità a chi è in difficoltà, mettendo a disposizione uno spazio protetto e curato. Ed è proprio all’interno di Binario 95 che ha preso forma il progetto creativo di Michele Bellini (Roma 1990).
Il desiderio dell’artista era quello di poter ritrarre nel loro ambiente quotidiano uomini e donne di differente età e di varia provenienza costretti ad affrontare quotidianamente una vita non facile. Poterli incontrare in un luogo a loro familiare in un clima di rispettiva fiducia e rispetto, sarebbe stato il posto giusto dove dar vita a una serie di opere che avrebbero dato corpo alla mostra dal titolo provocatorio La dolce vita. Mostra recentemente inaugurata negli spazi non consueti della galleria Casa Vuota, nel quartiere romano del Quadraro.
Michele Bellini ha usato, come amichevole “cavallo di Troia” per entrare in contatto con gli ospiti della comunità di Binario 95, la proposta di organizzare un laboratorio di pittura con la mediazione degli operatori del centro. «Non è stato affatto facile, specie all’inizio, vincere la diffidenza dei frequentatori del centro che non capivano il motivo della mia presenza – ci confessa l’artista – ero vissuto come un estraneo di cui non capivano il ruolo». Poi però vedendo Bellini all’opera, osservandolo dipingere, ė scattata tra i presenti, sempre più numerosi, la curiosità di vedere come lavorasse e la voglia provare loro stessi a dipingere.
La pittura ė così diventata un tramite, uno strumento di comunicazione e di scambio tra l’artista e i suoi allievi, rendendo così concreto il progetto ideato da Bellini. Via, via la sempre più profonda conoscenza tra il pittore e i suoi allievi, la complicità nata tra di loro ha portato gli studenti a diventare modelli e a posare per il loro maestro con spontaneità, grande dignità e a volte come noteranno i visitatori della mostra, con una certa fierezza. «I protagonisti dei ritratti – spiegano i curatori Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo – si chiamano Massimo, Vittoria, Angelina, Staneva, Leonardo e Paolo e sono sei tra le tante persone che vivono per strada e che le circostanze della vita hanno portato a non avere un domicilio stabile».
Bellini manifesta chiaramente la sua forte vocazione per i temi sociali che riesce a rendere quanto mai reali attraverso la sua pittura. L’artista grazie alle sue notevoli capacità tecniche trasmette perfettamente la passione e il coinvolgimento che ha per questi temi. I modelli esposti nella mostra, sia a figura intera che del solo viso, rivelano nella postura e negli sguardi la predilezione per il realismo e la ritrattistica di cui il pittore è un profondo conoscitore e consapevole cultore. Ritroviamo infatti nei ritratti di Bellini dei classici come il Menippo di Diego Velázquez, la Carmencita di John Singer Sargent, il Gilles di Antoine Watteau, la Giuditta di Gustav Klimt e ancora, nell’unica scena di interno esposta, intitolata L’accoglienza, un idea che riconduce ad Angelo Morbelli e a Telemaco Signorini. Non mancano in galleria anche dei ritratti realizzati dagli allievi che Bellini ci mostra con orgoglio per la qualità della pittura da loro raggiunta in pochi mesi.
La mostra di Michele Bellini sarà visitabile presso Casa Vuota, a Roma, fino al 22 settembre 2024.
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