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I fiori di Velazquez e noi, la pastorale di Ru Xiao Fan da Zoo Zone a Roma
Mostre
Una rappresentazione minimale ed emblematica della realtà, a partire dalla rielaborazione di uno dei capolavori più suggestivi, discussi, analizzati e ambigui della storia dell’arte. Alla Galleria Zoo Zone Art Forum di Roma, Ru Xiao Fan presenta “Las Menines in Pastoral”, prima parte di un più ampio progetto, ancora in divenire, che si basa su Las Meninas di Diego Velazquez. In mostra, tre opere: una grande tela, che dà il titolo all’esposizione, e due lavori di dimensioni più contenute, una china-acquarello su carta e un piccolo olio, tutti incentrati sull’opera del maestro spagnolo, conservata al Museo del Prado di Madrid. Xiao Fan parte da questo “pretesto” iconografico per dare vita a una rappresentazione della realtà come sospesa tra essere e apparire, tra speranza e paura, tra sogno e incubo.
L’opera ha la stessa carica ambigua e drammatica del capolavoro del 1997 “Pastorale Americana” di Philip Roth: i personaggi sono ritratti con sembianze bucoliche, ma mancano i colori e il tratto si fa veloce e liquido; la loro disposizione ricorda quella delle pedine su una scacchiera, tanto è rimarcato e rigido l’assetto prospettico con cui è dipinto il paesaggio. Non sembra poter esistere un paradiso e anche dal proprio eden siamo costretti prima o poi a scappare. La porta in lontananza a cui si affaccia Carlo V diventa per Ru Xiao Fan una porta sospesa nel cielo del paesaggio, che dà verso un’altra dimensione, un varco verso l’ignoto. Forte quindi anche la dimensione surrealista, che da sempre affascina l’artista cinese che, tra l’altro, dopo essersi diplomato nel 1986 alla Scuola Nazionale di Belle Arti di Parigi, città in cui vive attualmente, ha anche trascorso un periodo di residenza alla Casa Velasquez di Madrid, nel 1988 e nel 1990.
In particolare chiaro è il riferimento e omaggio alla reinterpretazione realizzata da Dalì al lavoro di Velasquez nel 1977 in cui l’opera di Velasquez era inserita all’interno di una porta nel cielo. Ru Xiao Fan rende sempre i suoi lavori parte di un tutto in cui non c’è distinzione tra chi è venuto prima di noi e chi verrà dopo: il nostro vivere nutre, anche con le sue infinite debolezze, il futuro; non c’è invenzione assoluta né discontinuità, si può solo procedere…oltre. In questo modo non ha senso ripetersi e un’opera e uno stile artistico vivono di nuovi sensi con nuove tecniche al cambiare del tempo. I fiori sempre presenti nelle opere dell’artista cinese sono oggi ritratti senza colore. Erano nati invece nei primi anni 2000 come inno alla libertà di parola e facevano riferimento alla repressione culturale cinese di Mao (“Campagna dei 100 fiori” del 1957). Oggi come spiega l’artista facendo riferimento al buddismo “sarebbe meglio tagliare i fiori che abbiamo in testa, perché abbiamo troppi pensieri”».
Accade così che il mondo bucolico e multicolor in cui abbiamo cercato di rifugiarci sia diventato oggi una prigione? Tante le suggestioni, poche le certezze che magari saranno risolte, o meglio evolveranno ancora, nelle prossime opere.