Musiche rock, affilate e penetranti m’ispirano. | Compongo i miei versi impastando | i ritmi infranti dell’essere. | Li conficco come pulci in quelle cazzo di anime morte. || Non ho più il tempo per le sinfonie colte. | A volte la noia è più grande della misura artistica | del passato. || Sono qui per caso, ma vorrei essere ovunque, | eppure, l’altrove è qui, anche se malcelato.
Silvano Rubino, artista e poeta, prima di salutare ci allunga un piccolo libro di poesie, Rosso Carminio, che conserva parte della sua scrittura. Parole rosse che fanno da contraltare o opere spesso bianche o della trasparenza del vetro, in marmo o in materiali algidi nella loro compostezza. Di rosso poco, quando c’è spicca, è fortemente voluto e usato con rispetto.
La personale di Silvano Rubino, “How long is forever”, tenta di racchiudere i tanti percorsi possibili di una vita artistica ricca di storie e di sfaccettature, frutto di un lavoro costante, incarnato nell’anima, che ingloba parole, segni, fotografia, scultura, pittura… tutti medium praticati con rigore, consapevolezza e maestria. Ciò che si vede all’interno di SPUMA, il nuovo spazio nato alla Giudecca che segue architettonicamente Spazio Punch e Galleria Michela Rizzo, va a comporre quasi un’antologica dell’artista, emergendo da un passato brasiliano in cui si sperimentava col segno di un maestro della scrittura come Franz Kafka e arrivando ai giochi di bambini suggeriti da favole come “Alice nel paese delle meraviglie” o “Hansel e Gretel”, progetti nati in occasione delle mostre di Palazzo Bonvicini con la Fondazione Valmont.
Il vetro è un materiale che spesso ritroviamo nelle opere di Silvano Rubino. Per la Venice Glass Week il dialogo è proprio creato dall’accostamento di questo materiale agli altri, tutti tasselli di uno stesso universo creativo in cui si cerca un nesso, un collegamento che crei equilibrio tra istanze diverse, nel tentativo di avvicinare l’osservatore ad una percezione del mondo che tocchi la sofferenza stessa dell’artista per le infinite afflizioni che attraversano l’essere umano. Se questo aspetto così profondamente terreno emerge con chiarezza quasi violenta nella scrittura, nell’opera visiva assume i connotati di una meditativa compostezza. Questo il caso dell’installazione Bianco nel bianco. Hansel e Gretel, White traces in search of yourself, una stanza di telai da pittura a cui si accede attraverso uno stretto corridoio a spirale, all’interno della quale due cuscini in marmo, tre ciotole e un pendolo simmetricamente posizionati sono punti di equilibrio di un video in cui una donna corre a rallentatore da una porta all’altra di Palazzo Bonvicini, per poi non trovare via di fuga e cadere.
Dalle riflessioni su Alice nasce invece Alice talking, un’installazione al centro della quale campeggia un’altalena in marmo con incise le parole “How long is forever? Sometimes, just one second”. La corda fluo con cui l’altalena è sorretta sottrae peso al marmo, riportandolo ad una dimensione di gioco, lì dove incisione e pietra sbilancerebbero troppo verso un baratro difficilmente sopportabile.
Sedie di vetro esposte in circolo, un po’ in piedi un po’ cadute, su cuscini perfettamente posizionati riportano alla lotta eterna tra ordine e caos, mentre un libretto rosso originale di Mao Zedong viene esposto sotto una campana di vetro contornata da due ciotole di sale, tentativo di conservazione destrutturata dell’icona comunista.
Un viaggio che continua tra tele, bozzetti a matita tutti disegnati e di grandi dimensioni, elementi in vetro a volte installati a volte semplicemente poggiati su ripiani d’archivio nel mezzanino, studio permanente dell’artista. Una modulazione dello spazio che permette a SPUMA, progetto di Luca Berta, Francesca Giubilei e Silvano Rubino, di presentarsi come luogo ricco di potenzialità. Dalla sua apertura, lo scorso maggio, con la Venice Design Biennial che ha proposto il progetto “Design As Self Portrait”, alla mostra personale di Stefano Cescon, che seguirà l’attuale espositivo inaugurando il 31 ottobre per chiudere a inizio gennaio. I mesi di gennaio e febbraio saranno invece adibiti a project room con Anthony Corner, che lavorerà ad una serie di opere pittoriche e video nel contesto veneziano. Progetti di varia natura, in grado di tenere vivo il dialogo con gli artisti veicolati dalle tante realtà ormai presenti in quel lembo di Giudecca.
“How Long is forever” resterà invece aperta fino al 24 ottobre. Una mostra importante per entrare nell’universo creativo di un artista, Silvano Rubino, in conflitto costante con gli strati di quell’essere che vuole incidere, di cui tenta costantemente l’assedio, cercando chi sia in grado di ascoltare, urlando con discreta fermezza verità scomode, composte in un lirismo dionisiaco che si scioglie in apollineo equilibrio e perfezione vergata di esondazioni carminio, lì dove non si riesce a tacere il lato istintivo e animalesco dell’umano, che pure c’è.
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