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Verona 1943-1945: arte e memoria tra occupazione e libertà
Mostre
Il 13 marzo 1947, proprio negli spazi ristrutturati di Sala Boggian, l’ambiente più colpito dai bombardamenti del 1945, Antonio Avena restituiva alla cittadinanza un patrimonio artistico a lungo sottratto. La mostra sull’arte salvata dalla guerra divenne simbolo dell’energico contributo di musei e istituzioni alla rinascita culturale post bellica. Oggi, in occasione degli ottant’anni dalla Liberazione dal Nazifascismo, il Museo di Castelvecchio torna a offrire un’occasione di riflessione su un capitolo cruciale della storia. La mostra Fascismo. Resistenza. Libertà. Verona 1943-1945, aperta al pubblico dal 14 marzo al 27 luglio 2025, ripercorre la storia politica, socio-culturale ed artistica della città nel biennio tra il 1943 e il 1945.

Curata da Andrea Martini, Federico Melotto, Marta Nezzo e Francesca Rossi, con il supporto di un comitato scientifico internazionale e della collaborazione tra il Comune di Verona, l’Assessorato alla Cultura e la Direzione Musei Civici, la mostra si propone di raccontare gli anni della guerra attraverso un linguaggio innovativo e coinvolgente. Per la sua posizione strategica, Verona fu un luogo nevralgico per le pratiche di deportazione e anche teatro di bombardamenti, violenza ed episodi di eroica resistenza. Allo stesso modo, Castelvecchio rappresenta il fulcro di quella tragica stagione e il luogo simbolo delle responsabilità e del coraggio di coloro che l’hanno vissuta.
L’itinerario espositivo si apre con un filmato dell’Archivio Luce che documenta la visita del Duce a Verona nel 1938, immergendo fin da subito il visitatore in un preciso contesto storico. Una scalinata, affiancata da una linea del tempo, indica l’inizio di un percorso evocativo. Documenti storici, manufatti, opere d’arte originali, fotografie inedite, filmati d’epoca, proiezioni olografiche e installazioni interattive si intrecciano per accogliere il visitatore in un racconto emozionale. L’allestimento evocativo e immersivo punta a parlare ad un pubblico ampio, soprattutto a coloro che percepiscono quel passato come lontano e privo di senso, per risvegliare la consapevolezza del passato e renderlo accessibile anche alle nuove generazioni.

Fulcro dell’esposizione è l’ex salone dei Concerti, oggi Sala Boggian, all’ora teatro dei cruciali avvenimenti delle fine del Ventennio fascista. Qui si svolsero il primo (e ultimo) congresso del Partito fascista repubblicano e il processo ai gerarchi “traditori” che, nel 1943, votarono la fine del regime. In questo spazio, le opere e gli oggetti di quegli anni dialogano con le voci dei protagonisti: riflessi da grandi specchi, si rivolgono ai visitatori trasportandoli nella realtà di quegli anni cruenti. Il responsabile delle deportazioni Friedrich Boßhammer, il genero del Duce che sfidò il regime Galeazzo Ciano, il partigiano e artista Vittore Bocchetta e l’eroina della resistenza Rita Rosani, uccisa in battaglia nel 1944, prendono voce per restituire il peso delle loro scelte e il dramma delle loro esistenze. Parallelamente alla narrazione storica, politica e sociale di una città pesantemente segnata dal regime di Mussolini, si affianca un affondo sul contesto culturale, approfondendo l’evoluzione delle arti in tempo di guerra e di pace. Se Il martire – La fucilazione di Luigi Lenotti di Mario Salazzari celebra il sacrificio patriottico con un linguaggio espressivo vicino alla retorica del regime, Natura morta con fiori di Mario Mafai, segna un distacco dalla rigidità della propaganda fascista, aprendo a una pittura più libera e drammatica, segnata dall’angoscia della guerra.

Il percorso continua. I volti dei soldati che si diedero in battaglia e dei semplici cittadini che attesero il passaggio della bufera, diventano quelli di chi accolse festante le prime avanguardie statunitensi. Le vicende, prevalentemente sconosciute ai più, del Museo di Castelvecchio, gravemente danneggiato e poi restaurato, emergono come simbolo del ruolo cruciale che musei e soprintendenze ebbero nella protezione del patrimonio artistico e nella ricostruzione della città, in un potente desiderio di rinascita.
Nell’ultimo spazio un fondale di tessuto riprende motivi decorativi dell’allestimento del museo inaugurato negli anni venti da Antonio Avena. Questa sezione della mostra, è dedicata all’arte salvata, con un richiamo alla storica esposizione di Avena, allora direttore dei Musei Civici. Tra le opere presentate anche dei capolavori di Tiepolo, Rubens, simboli di una città che, nonostante le ferite della guerra, ha saputo custodire la propria identità culturale. Di particolare rilievo è la pala d’altare di un seguace di Nicola Giolfino, considerata dispersa dopo i bombardamenti e recentemente riscoperta nei depositi museali. Esposta nel suo stato frammentario, è testimonianza vera e autentica della vulnerabilità del patrimonio artistico e dell’importanza della sua tutela.

La tela funge da portale immersivo per i visitatori accedono alla mostra dall’ascensore, che garantisce un’esperienza accessibile a tutti. Attraverso un racconto inteso e corale, le sei sezioni dell’esposizione ripercorrono un capitolo fondamentale della storia del Museo di Castelvecchio e della sua città, un frammento di storia locale che si fa testimone universale. Grazie a questa mostra, le ricerche d’archivio hanno fatto emergere informazioni preziose sulle mostre organizzate a Castelvecchio tra il 1935 e il 1943 e sulle figure chiave del panorama istituzionale e artistico scaligero, offrendo una chiave di lettura più ampia per comprendere la città di oggi.
Fascismo. Resistenza. Libertà. Verona 1943-1945 si configura un atto di consapevolezza necessario, un laboratorio di memoria che diventa eredità per il futuro. Come sottolinea la curatrice e direttrice del museo Francesca Rossi, la mostra rappresenta “un segno delle responsabilità assunte dalle nostre istituzioni culturali in tempi di buio e di luce, nonché un segno di gratitudine verso tutti coloro che, spesso con eroismo e dedizione totalizzante, dall’interno e dall’esterno delle mura del castello scaligero, hanno contribuito a proteggere e a far crescere questo glorioso istituto sino a oggi, guardando sempre al futuro”.

