La mostra che Robert Gligorov (Kriva Palanka, Macedonia del Nord, 1960) firma a Todi presenta non un insieme di opere a risalire la carriera dell’artista, ma un’opera unica, nuova, esperienziale, che ne restituisce tutto il portato visionario. Si sviluppa tra l’esterno e l’interno del duecentesco Palazzo del Popolo, dalle facciate della torre campanaria prospicienti la piazza verso la Sala delle Pietre, seguendo un camminamento carico di simbologia. In corso fino al 6 luglio, è curata da Giusy Caroppo e prodotta dalla storica galleria di Giampaolo Abbondio, che ha sedi a Todi e a Milano, con cui l’artista macedone lavora dal 2000.
La proposta estetizzante di Backbone Crossing Ratio si lega con l’architettura urbana e una connotata ambientazione medievale, dove le installazioni trovano una convincente fusione. Gligorov veste il palazzo di luce, ricorrendo a delle soluzioni specchianti che ritroveremo fuori come dentro, all’inizio e in fondo al percorso di mostra quali indizi per decifrare la sua idea progettuale: ha fatto incastonare lungo l’altezza dei muri della torre decine di pepite riflettenti la luce naturale, il cui brillio è una «metafora», si legge nel testo d’accompagnamento, «di una galassia dove le stelle nascono e muoiono».
Preludio di un percorso luminoso, nel senso quanto mai spirituale, «Un percorso iniziatico, meditativo e ritmico» ricreato nella Sala del primo piano per circa 30 metri: si potrebbe osare definirlo una “natural burella” da attraversare, per poi “uscire a riveder le stelle”. Un bosco di tessuti installati come sipari dai magnifici colori, che aperti uno per volta conducono ad uno stargate, ad un portale per un’altra dimensione. Un sistema spaziale intitolato Qalaq che segue e interpreta la spina dorsale dell’architettura interna, a cui si aggiunge un’esperienza olfattiva e sonora che contribuisce allo spostamento spazio-temporale ricercato.
Profumi speziati e un tappeto di suoni accompagnano nel bagno di colori che si conclude con l’epifania di una scultura su piedistallo a grandezza umana, nominata Nunc Nunc-Dalek, che si riflette, come tutto il pubblico, in una superficie di specchi. Appare di spalle e di spalle resta anche nel riflettersi, con effetto perturbante. Si tratta di una particolare figura ambigua, un essere mitologico col corpo di uomo e doti divine, ma senza volto né identità in quanto ricomposta da due metà uguali, due calchi dello stesso lato ricongiunti, in cui la testa perde il viso, annullando il recto e il verso come ad osservarne da una parte e dall’altra della parete-specchio l’immersione in una realtà parallela.
Un Narciso, per eccellenza, post-umano che sfida le regole della percezione, opera che contiene alcuni riferimenti in grado di indicarci che si tratta di un autoritratto di Gligorov. D’altra parte, nel tempo gli artisti hanno fatto del mito di Narciso alla fonte, che cade intrappolato dalla sua stessa immagine, la narrazione del potere di incantamento dell’arte figurativa.
L’universo di Glicorov è animato sin dagli inizi della sua carriera, negli anni Novanta, da una pratica interculturale, multimediale, provocatoria con cui indaga la “santa” trinità spazio-tempo-materia, non escludendo nessuno degli aspetti, il vegetale, l’animale e l’umano, né escludendo alcun linguaggio, come è noto, dalla fotografia al video, dalla pittura e il fumetto alla musica, impegnato nell’editoria senza soluzione di continuità. L’ultimo, ma non ultimo, dei riconoscimenti ricevuti è il premio Artist of Europe che gli ha conferito la World Association of Visual Arts in occasione della sua partecipazione alla Osten – Drawing Biennale di Skopje nel 2022.
Nel lavoro, carico di ispirazioni, citazioni e d’apres si confrontano conoscenze e saperi, tanto da intitolare questa mostra umbra come una scoperta scientifica, Backbone Crossing Ratio, nome riferito al più piccolo e stretto nodo molecolare mai osservato, generatosi in laboratorio casualmente. Attingendo poi agli strumenti della psicoanalisi, Gligorov consegna al pubblico un paragone col processo delle “libere associazioni” con cui si annodano pensieri inconsci.
La scienza si interroga come l’arte affrontando il mistero e il senso spirituale che evoca. Il processo per la conoscenza è il disvelamento, ed è così che il suo corridoio di veli ci invita a fare, muovendoci passo dopo passo per arrivare a conoscere il destino delle stelle. Al cuore della sua riflessione l’uomo è al centro.
Il personaggio Nunc Nunc-Dalek afferra una corda di nodi con cui sembra annodare, appunto, il tempo per fermarne dei momenti, attributo iconografico che in qualche modo può richiamare il cordone dell’abito religioso francescano ma anche una cima navale, utile nel passaggio in un altro spazio-tempo.
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