Artista contemporanea nell’accezione più ampia del termine, non solo intesa come appartenente ai giorni nostri ma anche come colei che riesce a rappresentare, attraverso collage digitali, la condizione precaria e incerta dell’uomo odierno. I temi sono semplici e riconoscibili, ma è proprio nella bellezza della semplicità dell’immagine, nella volontà di non riprodurre lo stupefacente, che troviamo il germoglio dell’intima e comunicativa arte di Teresa Giannico (1985).
Il suo obiettivo è quello di riappropriarsi del tempo che l’iper velocità e l’iper consumismo del mondo odierno ci hanno tolto. Si pone contro il consumo frenetico delle immagini che la società ci impone e non solo, bensì riesce a utilizzare questo bombardamento iconografico come un punto di forza, trasformandolo in spinta creativa per la realizzazione dei propri lavori. Allo stesso modo, lo spettatore deve ritrovare il tempo di fruire l’immagine, deve osservarla, meditare e comprenderla.
ll suo lavoro a tratti rappresenta un ossimoro, crea mondi di empatia e bellezza con uno strumento digitale freddo e calcolatore, mette in scena il rapporto dialettico tra l’uomo e il computer, tra le emozioni che trasmette e il mezzo attraverso il quale lo fa.
Inoltre, pone una particolare attenzione al processo di creazione del proprio lavoro che risulta quasi più importante dell’opera finale. L’artista non crea nulla, ma ricostruisce una realtà nuova attingendo dal suo archivio di immagini trovate sul web o utilizzando scatti amatoriali. Tutto ciò che vediamo esiste già, è la sapiente mente dell’artista, attraverso il riutilizzo, a comporre l’immagine.
Sensibilità espressiva e nonluoghi sono due termini che rappresentano al meglio “Archives of empathy“, la mostra personale di Teresa Giannico in corso fino al 23 giugno negli spazi di VIASATERNA.
Grazie ad una rara delicatezza, le raccolte Archives of empathy e You will return, you will return trovano un’espressività nuova che riesce a comunicare con lo spettatore e lo rende partecipe delle loro emozioni più intime.I ritratti, parte fondamentale di queste raccolte, strizzando l’occhio al grande maestro Lucian Freud, risultano spaventosamente comunicativi grazie all’abilità dell’artista di renderli vivi e di attribuire una ‘’carnalità digitale’’ ai loro volti.
Nelle serie Ricerca8 e Lay out, invece, vengono esposti degli spazi surreali, caratterizzati da svariati oggetti, avvolti in un’atmosfera metafisica in cui si percepisce un senso di inquietudine e di attesa. L’antropologo francese Marc Augé nel 1992, nel suo libro ‘’Non-lieux. Introduction à une anthropologie de la surmodernité’’, conia il termine nonluogo e ne definisce il concetto.
I nonluoghi esistono in contrapposizione ai luoghi antropologici, quindi tutti quegli spazi che hanno la peculiarità di non essere identitari, relazionali e storici. Essi sono rappresentativi della nostra epoca, caratterizzata dalla precarietà e dalla provvisorietà. Teresa Giannico produce luoghi diversi, imprevedibili, colmi di oggetti, ne suggerisce il passaggio di un individuo. Alla fine, tuttavia, essi risultano talmente caratterizzati e identitari da non esserlo.
Artista intima e sensibile, grazie all’utilizzo di immagini reali, di un medium nuovo e di una straordinaria delicatezza, ha plasmato un suo mondo composto da cose, luoghi e persone in cui, attraverso le sue opere, ci permette di entrare a piccoli passi e sottovoce per non disturbare la forza generativa della sua arte: il cuore.
Benvenuti nel microcosmo di Teresa Giannico.
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