Vienna, tra dicembre e gennaio, si veste di un’atmosfera incantata, con i celebri mercatini di Rathausplatz, la neve che scintilla sotto le luci, le ciccolate calde, le fette di Sacher e le luminarie che si intrecciano lungo il Graben.
A questo scenario si aggiunge però anche tutta una serie di raffinate proposte culturali, che spaziano dal Barocco al contemporaneo. La seguente non vuole essere una guida esaustiva, ma piuttosto un itinerario ideale, un vero e proprio pellegrinaggio tra alcune delle esposizioni più interessanti che la città offre in questo periodo.
Il Kunsthistorisches Museum è già di per sé una tappa obbligata nel ricco panorama istituzionale di Vienna. Con una sterminata collezione che spazia sull’arco di cinque millenni —dall’antico Egitto alla fine del Diciottesimo secolo— il museo si costituisce come una sorta di sontuoso labirinto in cui perdersi tra busti romani, tele preziose e la più grande raccolta al mondo di opere di Peter Bruegel il Vecchio.
Fino al 12 gennaio, poi, alla sua già ricca proposta il Kunsthistorisches aggiunge anche la grande retrospettiva Rembrandt – Hoogstraten. Colour and Illusion, un’esposizione che raccoglie un’ampia selezione di disegni e dipinti del pittore olandese, maestro del Barocco. Ai capolavori di Rembrandt è accostata parte della produzione del suo talentuoso allievo Samuel van Hoogstraten.
Creando un parallelo tra i due, l’esposizione mette in luce la loro capacità di realizzare, attraverso l’uso mirabile del colore e della prospettiva, delle perfette illusioni. Che si tratti di sofisticate architetture, dettagliatissime nature morte o personaggi che paiono sul punto di uscire dalla cornice, le opere esposte giocano con i sensi, dando corpo ad una realtà altra.
Spostandosi nel Museumsquartier, si incontra una variegata proposta di mostre d’arte contemporanea, tra cui la personale dedicata ad Aleksandra Domanović, visitabile fino al 26 gennaio 2025 presso la Kunsthalle Wien.
La ricerca della Domanović, classe 1981, si focalizza sui punti d’incontro tra tecnologia e cultura, producendo lavori —in mostra ce ne sono più di quaranta— che ci interrogano sulle linee di demarcazione tra organico e artificiale, ma anche su come la storia degli artefatti che produciamo si intersechi con avvenimenti di tipo politico e sociale.
Tra le opere proposte, vi è tutta una serie di mani ed avambracci, che sbucano dalle pareti, da piedistalli e da monoliti di reminiscenza greca: sono creazioni che ci rimandano a corpi futuristici, post-umani, in cui il concetto stesso di identità entra in crisi.
Minuziose descrizioni di sontuose zuppe medievali e della magnifica Torta Fedora —un tripudio di ricotta e pan di Spagna— si susseguono a racconti di fluidi corporei e di piccole, dolorose vesciche: è La Gola (2024), opera video di Diego Marcon, presentata alla Kunsthalle Wien fino al prossimo 2 febbraio.
In una buia sala ricoperta di morbido velluto rosso —quasi a volerci ricordare gli anfratti del corpo umano— l’opera ripercorre lo scambio epistolare tra Gianni e Rossana, due manichini iper-realistici animati digitalmente. In un crescendo di musica barocca, Rossana racconta della salute sempre più precaria della madre, mentre Gianni è intento ad elencare, una dopo l’altra, le ricche portate di un opulento banchetto.
In La Gola, dunque, piacere e disgusto si intrecciano nelle parole dei protagonisti, diventano indistinguibili, e lo stomaco, con tutto l’apparato digestivo, diventa un qualcosa da temere e di cui godere al tempo stesso.
Rimanendo nel Museumsquartier non si può che notare il grosso monolite di basalto che è il mumok. Qui, fino al prossimo 23 febbraio è visitabile la mostra Medardo Rosso. Inventing modern sculpture: una retrospettiva curata da Heike Eipeldauer che esplora la produzione del grande scultore italiano, mettendo in particolar modo in risalto il suo approccio anti-accademico e la sua influenza sui grandi nomi del Ventesimo secolo.
Quelle proposte in mostra non sono solo sculture, ma anche fotografie —che l’artista rendeva parte integrante del suo processo creativo— collage e disegni, a testimonianza di come le sue capacità creative si estendessero a vari campi dell’arte.
Qui, la delicatezza che Medardo Rosso infonde nei suoi ritratti, la sua attenzione per il quotidiano e il suo amore per i materiali puri entrano in dialogo con le sculture in stoffa di Louise Bourgeois, con le forme elementari di Eva Hesse e Robert Morris, ma anche con produzioni meno recenti, come quelle di Constantin Brâncuși, Edgar Degas e Alberto Giacometti.
La mostra, organizzata in stretta collaborazione con la Medardo Rosso Estate, viaggerà successivamente al Kunstmuseum Basel, dove sarà visitabile da marzo ad agosto 2025.
Continua fino al 9 febbraio 2025 la mostra Chagall all’ALBERTINA Museum: retrospettiva che esplora l’universo pittorico del grande maestro del Ventesimo secolo, con una selezione di circa novanta lavori da tutte le fasi creative della sua carriera.
Galli, asini, mucche e pesci sono motivi ricorrenti, che si rincorrono nella varie sale dell’esposizione, insieme a tutta una serie di riferimenti alla cultura ebraica, che ha informato e impresso il proprio segno sull’infanzia di Chagall.
Lontani da qualsiasi etichetta stilistica, i dipinti esposti sono traduzioni su tela di temi universali, quali la maternità, l’amore, la morte e il sogno. Sono composizioni liriche, dense di colori e figure eteree: opere che dimostrano un attaccamento alla vita che, per Chagall, ha persistito anche nei momenti più tragici —durante la Rivoluzione Bolscevica, le persecuzioni contro gli ebrei, la Seconda Guerra Mondiale e, più tardi, la Guerra Fredda.
L’esposizione è stata realizzata in collaborazione con la Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen di Düsseldorf.
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