È l’ambito che scandisce i nostri tempi e i nostri spazi quotidiani, che dà una forma alle esperienze e plasma le aspettative. Cambia più rapidamente di quanto sembri a prima vista, si adatta agli strumenti di ogni epoca, che contribuisce a sua volta a mettere a punto. Può essere più o meno sicuro ma troppo spesso è rischioso sotto vari punti di vista, per molti è precario, per alcuni addirittura gassoso, volatile. Insomma, è il lavoro, un termine che può essere vissuto e definito in moltissimi modi dal significato anche contrastante e a raccontarlo attraverso l’arte sarà “Vogliamo tutto. Una mostra sul lavoro, tra disillusione e riscatto”, mostra a cura di Samuele Piazza, con Nicola Ricciardi, in apertura il 25 settembre 2021 alle OGR di Torino e visitabile fino al 16 gennaio 2022.
Locus omen, visto che le Officine Grandi Riparazioni erano uno dei luoghi d’eccellenza del lavoro e, ancora oggi, le attività continuano a fervere, producendo “materiali” diversi, leggeri come le idee ma, in fondo, fisicamente impegnativi: basti pensare alle installazioni che hanno transitato per questi spazi, da William Kentridge a Trevor Paglen, passando per Monica Bonvicini, tra gli altri artisti impegnati nelle grandi dimensioni. L’importante, insomma, è adattarsi ai contesti in continuo mutamento, trovando nuove modalità di narrazione. Per esempio, nel caso di questa mostra, una playlist liberamente ispirata ai temi affrontati sarà ascoltabile sul profilo Spotify di OGR Torino. Inoltre, sulla pagina Youtube sono visionabili vari filmati dedicati alle opere esposte, realizzati in collaborazione con l’Istituto dei Sordi di Torino.
“Vogliamo tutto” prende il titolo da un romanzo dell’artista e scrittore Nanni Balestrini pubblicato nel 1971. Il libro racconta l’autunno caldo della Torino del 1969, in una lettura animata e partecipe dei cambiamenti della società italiana di quegli anni. La mostra indaga la condizione contemporanea, senza proporre soluzioni definitive ma invitando i visitatori a un ripensamento della propria posizione nello scenario lavorativo contemporaneo. In mostra le opere di Andrea Bowers, Pablo Bronstein, Claire Fontaine, Tyler Coburn, Jeremy Deller, Kevin Jerome Everson, LaToya Ruby Frazier, Elisa Giardina Papa, Liz Magic Laser, Adam Linder, Sidsel Meineche Hansen, Mike Nelson, Charlotte Posenenske.
Nel mondo occidentale di oggi, come sono state riformate le lotte e le richieste degli anni Settanta? In che modo il lavoro e la sua deregolamentazione all’interno delle dinamiche neoliberiste hanno influenzato la capacità di lottare per i diritti? In una società in cui il lavoro e il tempo libero spesso non hanno più distinzioni, e dove la pandemia di Covid-19 aggiunge ulteriori sfide ogni giorno, ha ancora senso volere tutto? Sono alcune delle domande intorno alle quali ruota la mostra. Ci dice di più Samuele Piazza.
Da quali esigenze d’indagine è nata la mostra “Vogliamo tutto” che riflette sulla “trasformazione del lavoro nel contesto post-industriale e digitale”? Come questo progetto espositivo si colloca nella programmazione delle OGR?
«La mostra nasce da una serie di riflessioni che sono connaturate ad un luogo come OGR. Un grande complesso sorto a fine ottocento e frutto della prima rivoluzione industriale. Le officine, con i loro monumentali spazi rimangono un testamento di quell’epoca, e delle persone che hanno abitato questi luoghi.
Il passato della struttura fornisce costanti stimoli per la programmazione della parte artistica di OGR: la scultura di William Kentridge, Procession of Reparationists, che accoglie i visitatori dalla riapertura di OGR (commissionata dal Castello di Rivoli e prodotta da Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT) è un monumento dedicato agli operai e alle operaie delle OGR.
Se penso alle mostre di Monica Bonvicini o Mike Nelson che abbiamo prodotto in OGR, queste erano profondamente legate a riflessioni sui cambiamenti sociali in atto, frutto di una transizione e di una evoluzione di modelli produttivi e di consumo. Lo stesso vale per la mostra di tino Sehgal.
Allo stesso tempo, le OGR rimangono oggi un’officina, frutto di una nuova rivoluzione nella produzione e ad un nuovo apporto delle tecnologie al dibattito sull’innovazione: le OGR Tech sono un luogo di lavoro, e rappresentano un centro di eccellenza per la cosiddetta quarta rivoluzione industriale, quella guidata dai Big Data».
Da quale punto di vista viene osservata questa trasformazione e a che cosa si riferisce il “tutto” di cui si parla nel titolo?
«Il “tutto” a cui noi facciamo riferimento nel titolo è molto meno facilmente identificabile del “tutto” cui aspiravano gli operai in sciopero nel ’68: orari più umani, salari commisurati agli sforzi, tutele nellla sicurezza sul lavoro, e in alcuni casi il diritto ad un reddito slegato dal salario. Tutte queste rivendicazioni sono ancora attuali ma sono complicate da uno scenario globale in cui coesistono lotte con stadi di evoluzione molto diversi, e in cui i limiti tra produzione e consumo o tra lavoro e tempo libero sono sempre più labili. Una delle sfide della mostra è proprio cercare di innescare una riflessione sulle categorie con cui guardiamo al mondo del lavoro, e sfidare, grazie al contributo degli artisti, alcuni preconcetti».
In mostra opere di 13 artisti internazionali, quali principali filoni d’indagine di possono rintracciare tra i lavori esposti?
«Direi che i filoni discorsivi che più facilmente identificabili sono due: da una parte si riflette su come affrontare i cambiamenti in atto rispetto allo smantellamento di un sistema produttivo, quello della tradizione industriale nei cosiddetti Paesi occidentali, e come immaginare un futuro che responsabilmente si faccia carico dei lasciti materiali, sociali e ambientali di quel modello. Il secondo filone è un’indagine sul lavoro digitale e su come il suo avvento abbia cambiato, radicalizzato o in alcuni casi lasciato invariate alcune questioni del mondo del lavoro».
Quali saranno i principali appuntamenti alle OGR per i prossimi mesi?
«Nei prossimi mesi avremo una serie di Public Program dedicati alla mostra: il 28 settembre parleremo con Bifo, mentre il 2 ottobre l’artista LaToya Ruby Frazier verrà a presentare il suo lavoro. In occasione degli ATP di tennis siamo felici di presentare il lavoro di Jacopo Miliani Throwing Balls at Night, mentre in autunno dovrebbe essere presentato il videogioco No(w)here, prodotto da OGR con Patrick Tuttofuoco e Mixed Bags. Il 2022 invece vede un fitto calendario di nuove mostre, frutto di collaborazioni internazionali».
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