Categorie: Mostre

Waiting for the Sibyl, William Kentridge – Galleria Lia Rumma

di - 4 Settembre 2020

“Waiting for the Sibyl” è il titolo dell’ultimo progetto di William Kentridge, di casa nella galleria di Lia Rumma a Milano e a Napoli. L’intervento è stato commissionato all’artista sudafricano dal Teatro dell’Opera di Roma, dove è stato presentato in anteprima mondiale il settembre scorso, affiancato a Work in Progress (1968), l’unico lavoro teatrale realizzato da Alexander Calder (1898-1976), lo scultore statunitense noto per le grandi sculture di arte cinetica chiamate Mobiles. Kentridge utilizza come presupposto per l’indagine al movimento la figura della Sibilla Cumana dalle molte interpretazioni, la sacerdotessa citata anche da Dante, capace di trascrivere gli oracoli su sottili foglie di quercia che poi vengono disperse dal vento e quindi non vengono lette dagli uomini che la interrogano sul loro destino.

A Milano, nella galleria-museo di Lia Rumma (fino al 17 ottobre), l’affascinante Sibilla è ritratta da Kentridge su fogli trovati, a china su carta qualunque, su pagine di abbecedari strappate, dove parole e immagini si compenetrano. La Sibilla che conosciamo bene è quella Delfica dipinta da Michelangelo nella Cappella Sistina a Roma. La profetessa del Dio Apollo, vergine, vivente nove vite da 110 anni, oppure rimpicciolita dalla vecchiaia e apparsa nell’antro di Cuma, condannata alla vita eterna e senza conservare la giovinezza. Questa Sibilla è quella che interessa all’artista sudafricano ricomparsa tra versi sparsi, parole, segni ricorrenti, come “&” di 27 centimetri, il logogramma che unisce, adottato da diverse lingue che assume molteplici forme. Nei suoi dinamismi grafici il mistero apollineo s’infittisce e a noi spettatori non resta altro che perderci in un linguaggio criptico e simbolico.

William Kentridge, Waiting for the sibyl, Galleria Lia Rumma

Al piano terra, tra una carrellata di pagine dipinte, va guardato dall’inizio alla fine il video omonimo, un “flipbook” , animato da una sequenza di disegni ad inchiostro e carboncino presentato per la prima volta nella galleria milanese, dove la Sibilla ci appare nelle vesti di una saettante danzatrice africana contemporanea che si muove vorticosamente, sulle composizioni vocali di Nhlanhla Mahlangu, sullo sfondo di pagine di libri in cui l’inchiostro tratteggia alberi con rami e foglie nero pece che si scompaginano e rimescolano, proprio come foglie morte in balia del vento, riportando profezie in cui un algoritmo indica l’esito del nostro destino, come una nuova Sibilla. Queste immagini mostrano alberi, oggetti animati, forme geometriche colorate e figure in trasformazione su pagine della Divina Commedia, restituiscono vita e umanità a una figura mitologica lontana nel tempo, oggi come ieri profetessa delle incertezze, del futuro e dell destino inconoscibile degli uomini. Al primo piano troverete i set di piccole sculture in bronzo come Lexicon (2017) e Paragraph I (2018), le sculture d’acciaio e alluminio Leaf/Ampersand (2019), e Returning Leaf (2019), elementi apparentemente statici, simili a caratteri tipografici che si trasformano come si vede nel video e nei disegni e ricompaiono in forme e combinazioni diverse, tutto dipende dal punto di vista da cui si guardano. Queste sculture e la lunga sequenza di figure in bronzo Processione di Riparazionisti (2019), e carboncini con lo stesso titolo che riproducono le grandi silhouettes in acciaio rigido dell’opera monumentale ideata per OGR di Torino (in collaborazione con il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea) ispirate agli operai e macchine fisse di quel luogo, ove si riparavano i treni, come le Sibille sono presupposti per inscenare in modalità diverse le dinamiche del movimento, della nostra civiltà industriale, della migrazione verso il Nord di uomini alla ricerca di lavoro in fabbrica, per un futuro migliore tra fatica umana e speranza, temi universali ricorrenti nel lavoro di Kentridge.

Al secondo piano della galleria, incanta una struggente installazione video KABOOM! (2018), adattata alla produzione teatrale The Head & the Load, presentata in anteprima alla Tate Modern di Londra nel 2018. E qui sedetevi, non abbiate fretta, prendetevi il tempo di entrare nel fitto racconto della storia di circa due milioni di africani reclutati dagli inglesi, francesi e tedeschi durante la prima guerra mondiale in Africa, il resto accade, più si guarda l’opera più non si trovano risposte ai paradossi del colonialismo, alle guerre, di ieri e di oggi, anche se come l’artista-poeta sudamericano ricorda, l’importante è la memoria, la registrazione delle azioni del passato che però trovano fin troppe analogie nel presente seppure riferite a contesti diversi. Ed ecco il punto, proprio nell’indeterminatezza di dare risposte alle domande sulle mattanze umane e finalità del nostro destino, nel segno dinamico, evolutivo di Kentridge la vita danza in continua trasformazione in un vorticoso non senso?

Jacqueline Ceresoli (1965) storica e critica dell’arte con specializzazione in Archeologia Industriale. Docente universitaria, curatrice di mostre indipendente.

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