Come ogni anno, prosegue a Carrara la celebrazione annuale della pietra locale più preziosa: il marmo. Visibile fino al 1 ottobre, la White Carrara023 STILL LIF(V)E. Le forme della scultura, organizzata dal comune di Carrara con la direzione artistica di Claudio Composti, ospita una mostra diffusa in città e una collettiva fotografica a Palazzo Binelli, che sarà trasferita dal 21 luglio all’ex ospedale San Giacomo, per sviluppare una riflessione sul medium scultoreo a partire dalla tradizione di lavorazione e produzione carraresi. La manifestazione comprende artisti e artiste nazionali e internazionali: Yuri Ancarani, Sergi Barnils, Mattia Bosco, Andrea Botto, Stefano Canto, Bruno Cattani, Michelangelo Galliani, MOG–Morgana Orsetta Ghini, Giacomo Infantino, Mikayel Ohanjanyan, Giò Pomodoro, Quayola, Simon Roberts, Carolina Sandretto e Dune Varela.
Carrara è una piccola città dell’alta Toscana che nonostante le sue esigue dimensioni è diffusa in tutto il mondo: dal Louvre di Abu Dhabi alla statua di Abraham Lincoln a Washington, il suo marmo si ritrova in molte città per impreziosire e celebrare la cultura e la storia. Ma cosa rimane a livello locale? Diversamente da ciò che si potrebbe pensare l’estrazione del marmo e la sua lavorazione influiscono oggigiorno non su una crescita culturale, ma solo su quella economica, che rimane di appannaggio quasi esclusivo di chi ha la gestione della cava. Nonostante l’accademia sia ancora meta di studenti e studentesse da ogni parte d’Italia e del mondo, non si è creato un circuito di vendita e promozione artistica come invece è fiorito nella vicina Pietrasanta. Dopo le grandi crisi economiche e gli sconvolgimenti sociali degli ultimi decenni, si sta cercando di creare in città una nuova prospettiva aperta al turismo e alla valorizzazione di artisti e artiste emergenti anche alla luce della consapevolezza che il marmo è un bene non rinnovabile, quindi con vita limitata.
Come definito sia dalla sindaca Serena Arrighi, che dal direttore artistico Claudio Composti, lo scopo di questa edizione della White Carrara è quello, appunto, di rimettere il marmo al centro per rilanciare la cultura a Carrara, ripartendo dalle radici e dalla tradizione per sviluppare una riflessione sulla scultura, alla luce anche delle nuove tecnologie. Il suffisso reiterativo, utilizzato molto spesso dalle organizzatrici e dagli organizzatori, mette in luce la volontà, descritta anche nel sottotitolo STILL LIF(V)E. Le forme della scultura, di prendere il passato come punto di partenza per sviluppare prospettive future: infatti lo “Still Life” rappresenta il blocco inerte di marmo al cui interno, parafrasando Michelangelo, è contenuta già l’opera d’arte, mentre lo “Still Live” permette di ampliare questo concetto alle diverse possibilità della lavorazione e interazione della scultura con altri medium e saperi.
Ne è un esempio la scultura di Quayola, Hercules and Nessus #B_03, scolpita da un braccio meccanico guidato da algoritmi. L’opera riprende quella omonima di Giambologna, non liberando completamente le forme e focalizzandosi sul processo di produzione più che al risultato finale. Lo status di opera d’arte e di artista è analizzato anche nella serie AURA di Carolina Sandretto, situata all’interno della mostra fotografica a Palazzo Binelli: riprendendo il concetto di “aura” di Walter Benjamin, l’artista cerca di rendere tangibile il valore e l’alone sacrale dell’opera d’arte.
Tutte questi lavori portano con loro le domande più complesse: chi definisce che cos’è un’opera d’arte? Qual è il ruolo dell’artista? Forse il suo compito è quello di tradurre delle tensioni e delle problematiche contemporanee. Ne è consapevole Mikayel Ohanjanyan, artista armeno che ha prodotto per la manifestazione LEGAMI #42 #43 il cui focus è, appunto, sui legami. Molto curioso è che l’artista stesso abbia dichiarato che nella sua città natale, gemellata con Carrara, è presente una scultura in marmo e perciò ha voluto, per l’occasione, sviluppare un’opera in quarzite e ferro, materiali molto presenti nel suo luogo d’origine. Così facendo la sua riflessione sui rapporti invisibili che legano le cose e le persone si amplificano, dando consistenza spaziale e tangibile a elementi incorporei e trasmettendo l’idea che solo il legame con altro da sé può creare un nuovo slancio, un punto cruciale in cui si innesca una scintilla verso l’ignoto, per riscoprire se stessi e modalità pacifiche di coesistenza.
Fili invisibili legano questa piccola città al mondo, del quale sembra diventare un riflesso. Infatti, passeggiare tra i vicoli di Carrara significa attraversare secoli di cultura, di lotte di potere e di resistenza, in mezzo a una popolazione aperta al dialogo e contemporaneamente allo scontro, come si legge nei graffiti e nei manifesti abusivi sui muri della città quasi deserta, viva solo grazie a famiglie troppo legate alle proprie radici, a quelle che hanno trovato nei bassi affitti un modo per sopravvivere, e agli studenti e alle studentesse che trascorrono a Carrara il tempo dell’accademia. Come descritto nel cortometraggio Il Capo di Yuri Ancarani, visibile in maniera permanente al MudaC Museo delle arti di Carrara, la popolazione e la città stessa portano dentro di sé la bellezza del grezzo, una poesia banale e quotidiana che nella sua semplicità brucia di sincerità e genuinità.
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