L’ultima mostra degli artisti John Wood e Paul Harrison allo Studio Trisorio risale al 2013: dopo undici anni il duo artistico ritorna nella città partenopea con la personale All the Other Things Are Not This Thing. Wood e Harrison si occupano di videoarte dal 1993 e infatti, come già nelle mostre del 2013 e 2009, anche questa esposizione segue il filo conduttore di questo media. Nella sede di Via Carlo Poerio si susseguono in loop quattro video, realizzati tra il 2011 e il 2023. Nelle proiezioni, i due artisti si cimentano in vicende tra le più disparate e paradossali: si avvalgono di aria compressa e sangue finto con l’intento di mostrare 13 modi diversi per uccidere qualcuno in modo esteticamente gradevole, oppure interpretano i due maghi peggiori del mondo, presentando al pubblico diversi numeri di magia esilaranti.
Il video rimane centrale anche nella sede storica della galleria napoletana, presso Riviera di Chiaia, in cui è proiettato Demo Tape del 2020. Il video ci mostra i due artisti vestiti da operai inglesi che sembrano voler mettere in atto una protesta, brandendo dei cartelloni. In realtà i due personaggi sono lì per caso e trasmettono un senso di indecisione anche tramite i messaggi confusi riportati sui manifesti. La paradossalità della situazione viene accentuata anche dalla dimensione spaziale e visiva: i due personaggi sono immersi in un white cube totalmente asettico, cosa che non consente al pubblico di contestualizzare la loro azione.
Un aspetto centrale nel lavoro di Wood e Harrison è infatti l’importanza del corpo e la relazione tra spazio e fisicità, elemento che fa ripensare alle premesse artistiche di Gilbert & George. Come questi ultimi, anche Wood e Harrison comunicano con i loro corpi attraverso lo spazio, al fine di veicolare dei messaggi. Il lavoro presentato alla galleria però consta anche di altre due modalità operative adottate dagli artisti e che sembrano rappresentare un’evoluzione dei disegni già esposti nella mostra Work of Fiction del 2013: i dipinti e i neon.
Do not forget to switch this off, il neon visibile appena entrati in sala, appare come una concettualizzazione tautologica e ridondante in quanto ci ricorda di dover spegnere la luce una volta terminata la funzione dell’opera. Una provocazione o semplicemente un espediente estetico?
Continuando nel percorso troviamo la serie di tele Text Painting: i dipinti hanno come sfondo le varie gradazioni del colore blu e su ogni tela è dipinta una frase diversa. Protagoniste delle tele sono quindi le frasi stesse, ancora una volta all’insegna dell’ovvietà e della tautologia, come ad esempio The colour of this is this colour o Two colour painting. È evidente come nel primo caso il colore sia quello che vediamo con i nostri occhi e che nel secondo caso la tela sia stata dipinta con l’azzurro e il bianco ma, attraverso questa operazione di nominazione, i due artisti ci costringono a porre l’attenzione sulla materialità e sulla funzione del colore stesso e, conseguentemente, ci inducono a ripensare a tutti gli artisti del secolo scorso che hanno focalizzato l’attenzione non tanto sulla forma quanto sulla materia, come Jackson Pollock, Yves Klein o Georges Mathieu. L’operazione di Wood e Harrison viene proposta attraverso una metodologia minimalista, legata all’immediatezza del messaggio.
Le frasi scritte sembrano ovvietà ma in realtà ci costringono a pensare anche agli aspetti più banali che si verificano nel nostro quotidiano e ai quali non poniamo attenzione, dandoli per scontato, come avere un tetto sopra la testa e poter mangiare a ogni pasto. Nonostante la natura eterogenea dei media adottati, il filo conduttore rimane solidamente imperniato sulla sagacia delle brevi frasi scelte dagli artisti, che rimangono ironiche e, al tempo stesso, dirette e ingegnose.
La mostra di John Wood e Paul Harrison allo Studio Trisorio di Napoli sarà visitabile fino al 13 aprile 2024.
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