19 marzo 2021

Yayoi Kusama: la grande antologica al Gropius Bau, Berlino

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Con la ricostruzione di otto mostre realizzate tra il 1952 e il 1983 e una nuova Infinity Mirror Show site specific, la mostra al Gropius Bau indaga l'influenza dell'artista sulla scena europea e su quella tedesca in particolare. Dal 23 aprile al 15 agosto 2021

Yayoi Kusama, courtesy Yayoi Kusama

A Berlino con “Yayoi Kusama: A Retrospective”, dal 23 aprile 2021 il Gropius Bau, una delle sedi espositive più note in Europa, ospiterà la prima grande antologica del lavoro di Yayoi Kusama (1929, Matsumoto, Giappone) in Germania, offrendo una panoramica dei periodi chiave del suo lavoro, che abbraccia ormai oltre settant’anni, evidenziando la portata della sua ricerca in Europa e in Germania in particolare.

Lo spazio espositivo berlinese, che raggiunge quasi 3mila metri quadrati, includerà – ha spiegato l’organizzazione – ricostruzioni fedeli delle mostre d’autore dell’artista, una nuova Infinity Mirror Room, dipinti recenti e un’installazione nell’atrio di Gropius Bau, creata appositamente per questa presentazione. «Uno degli obiettivi essenziali di questa mostra è consentire ai visitatori di sperimentare il mondo di Kusama e di tracciare lo sviluppo del suo lavoro dai suoi primi dipinti e sculture di Accumulazione ai suoi spazi immersivi.

Yayoi Kusama: A Retrospective” è curata da Stephanie Rosenthal, Direttrice del Gropius Bau, realizzata in stretta collaborazione con l’artista e il suo studio e organizzata con il Tel Aviv Museum of Art, dove sarà allestita successivamente.

Yayoi Kusama, Portrait, Courtesy: Ota Fine Arts, Victoria Miro & David Zwirner

La mostra è stata realizzata in stretta collaborazione con l’artista e il suo studio e riserverà particolare attenzione alle sue attività in Germania e in Europa, argomento che fino ad ora ha ricevuto poca attenzione. Le ricerche intraprese a monte della retrospettiva aprono, infatti, nuove prospettive di lettura della storia espositiva di Kusama in Europa e sulla influenza sulla scena artistica europea e tedesca in particolare. Nel percorso espositivo si ricorda, ad esempio, che nel 1960 Kusama esponeva già il suo lavoro insieme ad artisti come Lucio Fontana, Otto Piene e Yves Klein nell’ambito della grande collettiva “Monochrome Malerei” a Leverkusen, che lei stessa aveva attivamente sostenuto e che è diventata la base di partenza per la crescente considerazione del suo lavoro in Europa. Negli anni successivi ha esposto ad Amsterdam, Berna, L’Aia, Essen, Milano, Rotterdam, Stoccolma, Torino e Venezia».

Yayoi Kusama, Kusama in her studio, New York, c. 1961, courtesy Yayoi Kusama

Al centro di questa retrospettiva – ha spiegato il Gropius Bau – saranno le ricostruzioni di otto mostre dal 1952 al 1983, che illustrano come l’opera di Kusama si è evoluta per includere numerosi media. Nel corso della sua carriera l’artista si è profondamente confrontata con l’atto di curare e ha ideato formati innovativi che vengono analizzati in modo cronologico nel percorso espositivo.
La retrospettiva inizierà con le mostre allestite nella sua città natale, Matsumoto, “Yayoi Kusama Solo Exhibition” e “Yayoi Kusama Recent Works” (1952), in cui la natura immersiva della sua pratica stava già iniziando a prendere forma, seguiti da “Aggregation: One Thousand Boats Show”, la prima installazione immersa dell’artista a New York (1963), che anticipa la sua ricerca su self-obliteration e infinito, centrali nel suo lavoro.

Yayoi Kusama, Infinity Mirror Room – Phalli’s Field, 1965, Installation, Mixed Media, Courtesy: Ota Fine Arts, Victoria Miro

Nel percorso espositivo fotografie, filmati e documentari illustrano la dimensione performativa del lavoro di Kusama, contestualizzando la sua opera nella sua contemporaneità e, «allo stesso tempo, – ha ricordato l’organizzazione – evidenziando la natura rivoluzionaria della sua combinazione di moda, arte e performance, in particolare  nei sui happenings, in molti dei quali si può rintracciare un legame con i movimenti socio-politici degli anni Sessante e Settanta».

Yayoi Kusama, ”Anti-War“ naked happening and flag-burning on the Brooklyn Bridge, 1968, courtesy Yayoi Kusama

Uno dei filoni lungo cui si sonda il percorso espositivo si concentra sul self-enactment messo spesso in atto dall’artista, «offuscando i confini tra il suo corpo e l’ambiente circostante, soggetto e oggetto, dentro e fuori – una pratica che si rifletteva anche nel lavoro di altri artisti attivi negli anni Sessanta, quando “vita e arte” hanno cominciato a convergere. Kusama ha usato il proprio corpo nelle sue opere come “sostituzione” o “proxy” per i corpi degli spettatori. Un gesto del genere potrebbe essere letto – secondo i curatori della mostra -, come un’anticipazione della cultura del selfie di oggi: una volontà di far parte dell’azione. Il desiderio di Kusama di fondersi con le sue opere è sempre stato associato a un’annullamento del sé, un’espansione nell’infinito, e tale rimane oggi»: «I pois sono una via verso l’infinito. Quando cancelliamo la natura e il nostro corpo con i pois, diventiamo parte dell’unità del nostro ambiente. Divento parte dell’eterno e ci cancelliamo nell’Amore», dichiarava l’artista nel 1968. 

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