01 novembre 2021

A Verona Palazzo Maffei riapre e raddoppia con un nuovo piano espositivo

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La sede della Casa museo nel cuore di Verona raddoppia e si connota sempre più per i suoi intarsi visivi tra scienza e conoscenza, tra filosofia, poesia e tecnologia

Palazzo Maffei, Verona, Sala d’ingresso (particolare) @ Palazzo Maffei

Sapere Aude! Abbi il coraggio di servirti della tua intelligenza. Facendo proprio il motto illuminista – mutuato a sua volta dal poeta latino Orazio – Luigi Carlon, mecenate veronese, osa riaprire le porte della sua Casa-Museo Palazzo Maffei, inaugurata il giorno di San Valentino del 2020, un mese prima del lockdown. A dimostrazione che un capitano d’industria, quale è stato Carlon, non si distanzia poi tanto da un Umanista o da Voltaire, la sede del museo nel cuore di Verona raddoppia e si connota sempre più per i suoi intarsi visivi tra scienza e conoscenza, tra filosofia, poesia e tecnologia (in fondo tutte arti del fare). Una collezione privata resa pubblica, che, in questo inedito secondo piano, spazia dai busti romani ad Antonio Canova, dal vedutismo alle sperimentazioni sull’invisibile di Gino de Dominicis. Ogni capolavoro – Burri, Manzoni, Fontana per citarne un manipolo- rifulge accanto ad affreschi, stucchi e arredi, che affascinano il visitatore per le atmosfere da Galleria Borghese di Roma, da Frick Collection di New York o da Palazzo Fortuny a Venezia, quest’ultimo tra i musei diretti da Gabriella Belli, curatrice di Palazzo Maffei. La sede è lo specchio del suo creatore, ricorda la stessa Belli, e in questo caso riflette «la sintesi di una vita sempre in discussione, che il percorso cerca di rappresentare nell’iperbole di azzardati confronti e di dialoghi inusitati, per raccontare sé e il mondo, il personale e l’universale insieme».

Facciata Palazzo Maffei da Piazza delle Erbe. Foto Paolo Riolzi @ Palazzo Maffei

Un imprenditore illuminato è dunque un cosmonauta, che attinge dalla storia per eccellere, e dal futuro, se necessario. Tra i suoi successi, Luigi Carlon, può annoverare oggi quello di aver tratto dalla propria eclettica fonte di ispirazione una sede d’eccellenza in un palazzo barocco nel centro di Verona, per il quale in primis i suoi concittadini – compreso chi scrive – non possono che essergli grati. Con un rigore tutto veneto, ma anche orientale, la famiglia Carlon ha in seguito trasformato la tragedia collettiva in opportunità, che in qualche modo risarcisce del tempo perduto. «La pandemia, il lockdown, le incertezze sulle riaperture non sono stati facili da affrontare per un’Istituzione appena nata come la nostra – testimonia Vanessa Carlon, Direttore del Palazzo–, ma non hanno spento il nostro entusiasmo e ci hanno motivati a cogliere la chiusura forzata come occasione per completare il progetto museale che avevamo in mente».

Sala Sul perimetro del mondo e i suoi limiti © Ph. Luca Rotondo

In cosa consiste, dunque, questo nuovo viaggio nel tempo e nelle abilità umane? Rispetto alla teoria di Wunderkammer del primo piano, altrettanto densa di arte antica, moderna e contemporanea, che segue però un filo conduttore, le otto nuove sale e la project room al piano secondo offrono uno Sturm und Drang cronologico e tematico. Ne sono esempi i busti romani che dialogano con I Gladiatori (1928-29) di Giorgio de Chirico e con Il Testimone (1991) di Mimmo Paladino, nel cosiddetto Antiquarium, mentre nell’installazione site-specific Over Nature (2021), Chiara Dynys riflette sul concetto arcadico di paesaggio, riecheggiando Goethe e il suo Viaggio in Italia, accanto al candore di un Amorino di Canova. Ancora, lungo il percorso espositivo ci si affaccia su realistiche vedute ottocentesche di Verona e del suo fiume Adige, come pure ci si può soffermare sul querceto dai toni allucinati dipinto da Mario Schifano negli anni Settanta, gli stessi in cui Carla Accardi si dedicava alle sue astrazioni plastiche e Alberto Biasi agli illusori dinamismi dell’arte cinetica. 

Sala Sul sapere universale e la caducità delle cose – Mario Schifano, “Senza titolo” (primi anni settanta) © Ph. Luca Rotondo

L’avanguardia di allora, convive dunque con le odierne Meditazioni (titolo che richiama gli scritti dell’imperatore Marco Aurelio) sul futuro prossimo. Il viaggio si chiude infatti con una project room, destinata a essere cangiante, affidata per ora al “tecno-poeta” Daan Roosegaarde e al suo LOTUS, fiori dall’intelligenza artificiale creati ad hoc. L’artista di Rotterdam, membro della NASA Innovation Team, non è che l’ultimo dei cosmonauti che hanno ispirato Luigi Carlon nei suoi pensieri a se stesso, che però non si sono scordati del pubblico. 

 

 

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