Il 2021 del Centro per l’arte Contemporanea Luigi Pecci si prospetta ricco di mostre, progetti e collaborazioni con importanti istituzioni italiane ed europee: «dopo le proroghe della mostra “Jacopo Benassi. Vuoto” fino a fine gennaio, della collettiva “Protext! Quando il tessuto si fa manifesto“ fino al 14 marzo e del progetto “Litosfera” fino al 18 aprile, la programmazione del Centro Pecci per il 2021 si apre con una retrospettiva dedicata a Chiara Fumai per omaggiare la personalità creativa che ha sviluppato in modo marcato i linguaggi della performance art e dell’estetica femminista del XXI secolo», a cui seguiranno le mostre e i progetti di cui ci racconta, qui sotto, la Direttrice.
«Nonostante l’oggettiva difficoltà a fare previsioni, mi sento di dire che il 2021 sarà un anno importante per il Centro Pecci. Si raccoglie il risultato di un triennio di lavoro molto intenso e concentrato sul definire un’identità chiara per il museo come centro di ricerca e produzione culturale legato al carattere, alla vocazione, alle storie del territorio ma allo stesso tempo partecipe del dibattito internazionale sui suoi temi più aggiornati e rilevanti e inserito in un’intensa rete di scambi e collaborazioni con principali istituzioni italiane e straniere. Un museo allineato sulle buone pratiche di gestione e programmazione, volte a garantire la sostenibilità economica e ambientale, l’accessibilità a pubblici sempre più diversificati, l’accrescimento e la valorizzazione del suo patrimonio materiale e immateriale, e in questo includo le competenze, la professionalizzazione e il riconoscimento di chi al e con il museo lavora».
«Sicuramente iniziamo l’anno con una grande voglia di riaprire al pubblico il prima possibile. Abbiamo dimostrato, nella seconda parte del 2020, come un luogo della cultura possa essere un presidio importante e sicuro per la collettività in un periodo difficile come quello che stiamo tutti vivendo. Dopo il primo lockdown, abbiamo tenuto viva e dinamica la nostra programmazione, aumentando e diversificando l’offerta –le mostre ma anche i laboratori per famiglie e ragazzi e il programma estivo quotidiano di cinema, concerti e talk- convinti che fosse il momento di mettere a disposizione della comunità tutto quello che avevamo, di dare un segnale positivo di energia e accoglienza. Segnale che è stato recepito, come i numeri dei visitatori e il feedback di stampa e social hanno dimostrato. Siamo un museo grande, con sale ampie e spazi esterni importanti come il nostro teatro da 900 posti. Le nostre procedure di sicurezza sono state sempre accurate e allo stesso tempo facili da attuare. Data come precondizione un’estrema attenzione alla sostenibilità del bilancio, tenere chiusi musei come il nostro, finanziati in maggior parte da fondi pubblici e fuori dai flussi del turismo di massa, dunque non dipendenti economicamente dai grandi numeri, è un’opportunità persa per aumentare la familiarità con il museo e con il suo ruolo di servizio d’interesse generale, per offrire ai cittadini cibo per la mente e una forma di socialità e condivisione sicura in un momento in cui ce n’è un enorme bisogno. Produrre e consumare non possono essere le uniche opzioni offerte alle persone per fronteggiare un evento drammatico come la pandemia».
«Contando di poter riprendere a breve la nostra attività, quest’anno abbiamo un programma intenso, che siamo in grado di attuare grazie alla conferma dei contributi pubblici di Comune e Regione ma anche al sostegno di nuovi partner e donatori, tra cui Banca Intesa, Centro Porsche Firenze e Manteco, una delle principali aziende tessili del territorio. Lo annunceremo a breve ma posso anticiparne alcuni contenuti che vedono le loro linee principali nell’equilibrio tra attenzione alla scena italiana e aperture internazionali, nel grande spazio dato alle figure femminili e nella multidisciplinarietà.
Innanzi tutto prorogheremo l’apertura di “Protext!”, a cura di Camilla Mozzato e Marta Papini, la mostra dedicata all’uso del tessuto in opere dalla forte valenza sociale e politica. È stata aperta solo dieci giorni e presenta opere di artisti straordinari come Pia Camil, Otobong Nkanga, Vladislav Shapovalov, Tschabalala Self, Marinella Senatore, Serapis Maritime Corporation and Güneş Terkol, a ciascuno dei quali è dedicata una sala.
Ad aprile apriremo “Chiara Fumai Poems I Will Never Release, 2007–2017” curata da Milovan Farronato e Francesco Urbano Ragazzi, coprodotta con il Centre d’Art Contemporain di Ginevra, la prima grande retrospettiva dedicata all’artista prematuramente scomparsa nel 2017.
A maggio “Simone Forti. Senza Fretta”, curata da Luca Lo Pinto con Elena Magini in stretta collaborazione con l’artista, una mostra molto complicata da organizzare in tempi come questi ma necessaria proprio nel suo avere il corpo come elemento centrale.
Avremo poi “Cambio”, il progetto di Formafantasma che parte da una ricerca sugli alberi e l’industria del legno, organizzata in collaborazione con le Serpentine Galleries di Londra. E, sempre indagando il territorio tra arte e design, “Domus Aurea. Martino Gamper, Francesco Vezzoli e le ceramiche di Gio Ponti”, che curo personalmente.
Infine, la grande personale di Cao Fei, curata da Hou Hanru e da me, che realizziamo in tandem con il MAXXI, divisa tra le nostre sedi, e “Musei di carta”, curata da Andrea Viliani con Stefano Pezzato, una mostra sugli archivi e sui materiali tra il documento e l’opera in un dialogo tra il Castello di Rivoli e il Centro Pecci, le prime due istituzioni per l’arte contemporanea ad aprire in Italia negli anni Ottanta».
«Oltre alle mostre sono molto felice di annunciare la riapertura delle nostre sale didattiche, dopo oltre cinque anni di chiusura. Tutta l’area è stata ristrutturata e sarà completata anche da un Urban Centre, costituendo un complesso fondamentale per aprire sempre più il museo alla città e alla partecipazione».
Mostra co-prodotta con Centre d’Art Contemporain Genève, in collaborazione con La Casa Encendida – Madrid, La loge – Bruxelles e The Church of Chiara Fumai.
«”Chiara Fumai. Poems I will never release 2007–2017″ è la prima retrospettiva dedicata all’opera di Chiara Fumai, artista che in vita fu principalmente associata alla performance dal vivo. A tre anni dalla prematura scomparsa dell’artista, un gruppo di istituzioni internazionali – Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato; Centre d’Art Contemporain Genève; La Casa Encendida, Madrid; La loge, Bruxelles – si è riunito per diffondere la sua eredità culturale e canonizzare il suo messaggio. Per gli anni a venire, la mostra avrà quindi un ruolo decisivo nell’indagine di una personalità che ha contribuito a sviluppare sia i linguaggi della performance sia l’estetica femminista del XXI secolo. Il progetto allestitivo si pone il doppio obiettivo di ordinare cronologicamente la carriera di Fumai, mostrando allo stesso tempo come quella dell’artista fosse una pratica cross-mediale che ha incluso videoinstallazioni, ambienti sonori, wall drawing, collage e sculture».
«”Senza Fretta” è la prima grande mostra in un museo italiano dedicata all’opera fondamentale di Simone Forti la cui famiglia era originaria di Prato. La mostra, sviluppata in stretta collaborazione con l’artista, si propone di offrire un focus su una serie di lavori che Forti ha sviluppato a partire dalla metà degli anni Ottanta, le News Animation, lavori in cui l’artista analizza la relazione tra linguaggio, movimento e fisicità, a partire dalle notizie scritte sui quotidiani. La mostra include performance, opere su carta, video e opere audio e è accompagnata da una sorta di “colonna sonora”, costituita dalla stessa Simone che legge il suo The Bear in The Mirror, una collezione di storie, prosa, poemi, disegni, foto, lettere, appunti e memorie».
«”Cambio” è un’indagine in corso condotta da Formafantasma sulla governance dell’industria del legno, commissionata dalle Serpentine Galleries. Cambio, dal latino medievale cambium, significa “cambiamento, scambio”. L’evoluzione di questa forma di commercio nel tempo e la sua vasta espansione nel mondo hanno reso difficile la regolamentazione. Ha avuto origine dalla bioprospezione che ha avuto luogo in tutti i territori coloniali durante il diciannovesimo secolo, diventando una delle più grandi industrie del mondo sia in termini di entrate che genera che di impatto che ha sulla biosfera del pianeta. Questa mostra multidisciplinare evidenzia il ruolo cruciale che il design può svolgere nel nostro ambiente e la sua responsabilità di guardare oltre i suoi confini. Il futuro del design può e deve tentare di tradurre l’emergente consapevolezza ambientale in una rinnovata comprensione della filosofia e della politica degli alberi che incoraggerà risposte informate e collaborative».
«La mostra propone un dialogo tra le opere di Francesco Vezzoli, i mobili del designer e artista Martino Gamper e le ceramiche realizzate da Gio Ponti tra il 1923 e il 1933 durante la sua collaborazione con la manifattura Richard-Ginori. Un confronto, a distanza di quasi un secolo, tra personalità artistiche caratterizzate da una comune capacità di eclettica sperimentazione attraverso i linguaggi e i materiali, dalla trasversalità del proprio progetto, dall’attitudine ironica, dal rapporto libero e creativo con la tradizione.
Da un lato Francesco Vezzoli – interessato da sempre all’analisi della storia del gusto borghese, al modo in cui le sue evoluzioni segnano passaggi fondamentali dell’epoca moderna, rivelandone in controluce aspetti psicologici profondi- dall’altro Martino Gamper – designer noto per il suo irriverente approccio ai grandi classici del modernismo – coinvolgono gli oggetti di Ponti in un gioco di rimandi visivi e concettuali che riflette sul “paesaggio domestico” e sugli elementi che lo abitano. Nella mostra le ceramiche di Ponti saranno messe in relazione alle sculture e ai ricami di Vezzoli, in un allestimento che si avvale degli arredamenti di Martino Gamper, al fine di proporre un’ideale dimensione domestica, una Domus Aurea in cui passato, presente e futuro si mescolano. Al Centro Pecci saranno esposte 14 “opere temporanee”, che avranno la durata della mostra, in cui le singole componenti, riferite ai tre autori, si fondono in un’unica installazione».
In collaborazione con MAXXI, Roma
«Tra le figure di maggior spicco del panorama artistico internazionale, Cao Fei (nata a Guangzhou, 1978 e di base a Pechino) ha partecipato a oltre cento biennali e mostre e le sue opere sono esposte nelle più prestigiose istituzioni artistiche internazionali. I suoi lavori video, tra realtà e finzione, reale e virtuale, indagano i dilemmi della contemporaneità, esplorano le trasformazioni della Cina attingendo anche alla sua vita personale e, nel contempo, affrontano domande universali.
Al Centro Pecci sarà esposto Asia One (2018), ambientato nel primo centro di smistamento completamente automatizzato al mondo a Kunshan, nella provincia di Jiangsu, Cina. Accompagnato da altri video, incluso il documentario di Cao sul personale addetto alle consegne intitolato 11.11 (2018), il film rappresenta una visione iperreale del prossimo futuro, una testimonianza dell’impatto dell’accelerazione della crescita economica, dello sviluppo tecnologico e della globalizzazione sulla società.
Il MAXXI nello stesso periodo ospiterà Nova (2019), un film di circa due ore ambientato in una città immaginaria, tra storie allegoriche, tecnologie avanzate e tragiche conseguenze.
Cao Fei. Asia One e Nova, saranno accompagnate da una rassegna dei video più rappresentativi dell’artista, presentati simultaneamente al Centro Pecci di Prato e al MAXXI di Roma».
Progetto in collaborazione fra CID/Arti visive – Centro di informazione e documentazione del Centro Pecci di Prato e CRRI – Centro di Ricerca Castello di Rivoli
«Prosegue il programma di mostre ideato da Cristiana Perrella dedicato ad approfondire temi, periodi e linguaggi della collezione del Centro Pecci, affidandone la cura a un esperto invitato come guest curator e affiancato dal responsabile delle collezioni e archivi Stefano Pezzato.
Il progetto espositivo proposto rappresenta la prima collaborazione che mette in relazione i centri di ricerca di Rivoli e del Pecci (dopo una precedente collaborazione in occasione della mostra di Mario Merz nel 1990) ed è rivolto a investigarne funzioni pubbliche e metodologie di ricerca, portando l’attenzione del pubblico verso quei patrimoni di opere, documenti e conoscenze che gli archivi museali pubblici e privati conservano, studiano e promuovono e, quindi, analizzando l’articolato rapporto fra l’identità del museo e la dimensione dell’archivio.
Opere e documenti in mostra provengono, oltre che dalle collezioni del Centro Pecci (fra cui una selezione di libri d’artista relativi al progetto Di carta e d’altro, 1994, e di “Poesia Visiva” relativi ai progetti Primo Piano. Parole, azioni, suoni, immagini da una collezione privata, 2006; Parole contro 1963-1968. Il tempo della poesia visiva, 2009 e Controcorrente: riviste, dischi e libri d’artista nelle case editrici della poesia visiva italiana, 2012) e del Castello di Rivoli (fra cui una selezione di libri d’artista), anche da altri musei e archivi privati, partner del progetto e accostati per l’occasione ai due centri di ricerca museali pubblici: Archivio Schema, Collezione Palli, Fondazione Bonotto, Fondazione Morra, Collezione Gianni e Giuseppe Garrera».
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