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Il Museo dell’Ermitage sotto accusa: le uova di Faberge in mostra sono false
Musei
Il Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo ospiterà, fino al 14 marzo 2021, l’esposizione “Faberge: gioielliere alla corte imperiale” ma la mostra è finita sotto accusa perché, secondo un esperto, sarebbero stati esposti proditoriamente svariati pezzi falsi. A finire al centro del mirino, il direttore del Museo, Mikhail Piotrovsky, bersaglio di pesanti accuse da parte di un esperto.
Le accuse: 20 pezzi sarebbero falsi
Già esposti a Mosca, i pezzi meravigliosi creati da Peter Carl Faberge arrivano all’Ermitage di San Pietroburgo, per una mostra dedicata alle celebri meraviglie prodotte dal gioielliere per gli Zar, tra ‘800 e ‘900. Tra i tanti gioielli, sono famose le raffinate uova, ricercatissime dai collezionisti, che gli Zar regalavano ogni anno alle proprie consorti. La mostra però non sta riscuotendo successo, anzi.
Andre Ruzhnikov, gallerista e dealer specializzato in Fine Art & Antiques, ha accusato Mikhail Piotrovsky di «Disintegrare l’identità del Museo», ospitando una mostra che include opere false prese in prestito dalla collezione personale del miliardario Alexander Ivanov, che ha fondato nel 2009 il Museo Fabergé di Baden-Baden. Secondo il gallerista, almeno una ventina di oggetti sarebbero falsi. L’Ermitage ovviamente ha negato le accuse e Ivanov ha subito documentato l’autenticità degli oggetti. Tuttavia, la questione è ancora aperta.
L’uovo della discordia
Uno degli oggetti al centro della controversia è l’uovo donato dallo Zar Nicola II all’imperatrice Alexandra nel 1904, in occasione dell’anniversario del decimo anno di matrimonio. Proprio intorno a quest’opera, tempo fa, la ricercatrice Deeann Hoff aveva sollevato qualche perplessità circa l’autenticità, mettendo in evidenza qualche discrepanza. Pare infatti che alcuni dei ritratti sull’uovo si basino su fotografie colorate recentemente e scattate dopo il 1904. Hoff ha anche detto che il ritratto dello zar sembra provenire da una fotografia databile al 1894 e non tornerebbe il numero di medaglie indossate sull’uniforme. Le accuse sono state comunque respinte dal Museo, che le ha dichiarate assolutamente infondate.