“Open Doors. Il museo partecipativo oggi”, iniziativa culturale e formativa curata da Pierluigi Sacco, è stato rilanciato da Fondazione Brescia Musei in collaborazione con ICOM Italia, Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali, Fondazione ASM, ICOM Lombardia, Federculture, Centro Universitario per i Beni Culturali, Formez PA.
Ieri, 20 maggio, sul palcoscenico di Brescia, città Capitale della Cultura 2023 – insieme a Bergamo – sono state presentate, per la prima volta, le linee di indirizzo alle Istituzioni e al Governo elaborate nel corso dell’ultima edizione di Ravello Lab 2022 – Colloqui Internazionali, il più importante laboratorio su cultura e sviluppo.
Abbiamo intervistato Stefano Karadjov, Direttore di Fondazione Brescia Musei, per approfondire con lui l’iniziativa e i suoi suggerimenti in materia di ridefinizione delle politiche pubbliche incentrate sul rapporto tra cultura, industria creativa e sviluppo dei territori.
Quali raccomandazioni vengono proposte alla comunità nazionale?
«Sono state presentate le principali raccomandazioni in ordine ai due argomenti che risultano oggi più centrali nella riflessione sull’evoluzione del sistema dei beni culturali nella fase di uscita dalla pandemia: quelle che attengono al lavoro culturale e alla sua riqualificazione e quelle che hanno a che fare con il finanziamento alla cultura. L’esito porta a riflettere sulla necessità di considerare non solo il valore economico prodotto dal lavoro culturale ma soprattutto a ribadire il valore sociale che la cultura produce per la comunità. Da qui una riflessione sull’investimento necessario sulle nuove professionalità e la loro formazione in campo museale, sulla condizione del lavoro e dei diritti in una situazione di forte compressione dei salari nel mondo della cultura che porta a richiedere un manifesto del lavoro culturale inclusivo dei diritti e doveri di lavoratori e istituzioni. Per quanto riguarda la finanza culturale le raccomandazioni tendono a indirizzare il legislatore verso la consapevolezza che le rigidità tipiche delle erogazioni alla cultura attraverso bandi o contributi a fondo perduto non si conciliano con le caratteristiche dei progetti culturali, per loro natura indeterminabili, mentre sarebbe opportuno rendere più elastiche e stimolare le partnership pubblico-privato».
Cultura e democrazia sono i due baricentri della rotta di uscita dal periodo pandemico. Che ruolo hanno avuto? Come si sono interfacciate? Ci può fornire degli esempi di azione?
«Il caso più emblematico di concretizzazione di questi due baricentri della cultura e la democrazia per l’uscita dalla pandemia è proprio la Capitale italiana della cultura organizzata a Bergamo e a Brescia, che ha visto le due comunità scelte per il loro tragico coinvolgimento durante il Covid. Questo riconoscimento assegna un valore alla cultura come strumento di recupero di un senso della comunità e della collettività intorno a valori di rinascita economica, sanitaria, spirituale attraverso la cultura, come affermato dallo stesso Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in visita nella giornata internazionale dei Musei, 18 maggio 2021, in occasione del nuovo allestimento della Vittoria Alata di Brescia nel Capitolium. In questo senso la componente democratica di questo baricentro può essere rappresentata dalla modalità con cui è stato costruito l’evento: ovvero in una modalità di tipo “partecipativo”, basata su una dozzina di tavoli di lavoro tematici, non previlegiando quindi una direzione artistica dall’alto ma capitalizzando l’offerta e la progettualità dal basso, quella che più facilmente intercetta le esigenze della comunità, dando un’ossatura strutturata a questa programmazione».
Ridefinizione delle politiche pubbliche incentrate sul rapporto tra cultura, industria creativa e sviluppo dei territori. A che punto siamo e come si inseriscono nel territorio e nella museologia bresciana?
«A livello nazionale urge una riflessione sul ruolo degli strumenti di governance per la gestione degli enti culturali. Non possiamo affrontare il tema del rapporto tra cultura e industria creativa se non andiamo a definire il ruolo di queste figure intermedie, che sono strumento realizzativo delle politiche culturali, che tradizionalmente discendono dalla politica nelle loro linee strategiche, ma che hanno bisogno dei veicoli che trasformano queste strategie in tattica. La Fondazione Brescia Musei, che è proprio una Fondazione di partecipazione in cui l‘ente locale, il Comune, ha dato in concessione i musei, è in questo senso un caso apprezzabile in grado di trasformare la mera conservazione del patrimonio, fatto di cui tendenzialmente si occupano la gran parte degli assessorati alla cultura d’Italia, in strumento di welfare culturale e sociale tramite la realizzazione i progetti, eventi, mostre, iniziative di inclusione e partecipazione che coinvolgono centinaia di attori sociali ed economici del territorio diventando in questo modo il tramite tra il patrimonio pubblico e le risorse private a disposizione sui territori, che sono fortemente interessate ad essere coinvolte in una dinamica di gestione e programmazione condivisa sulle risorse identitarie dei luoghi».
Che museo è il museo partecipativo a porte aperte?
«È il museo del tempo presente e probabilmente il museo del futuro. Siamo progressivamente transitati da una dimensione di tipo conservativo, “valorizzativo” del patrimonio, in cui la cultura è impiegata come uno strumento di affermazione di un’identità culturale attraverso anche iniziative di marketing turistico e territoriale, a una nuova prospettiva che vede il museo essere nella propria comunità il cantiere culturale principe. I musei oggi sono luoghi nei quali si sperimentano laboratori di inclusione sociale, sono luoghi di abbattimento delle differenze socio-economiche, sono luoghi nei quali grazie ai programmi culturali si sperimentano pratiche di co-creazione e di cittadinanza attiva, sono la piattaforma che più utile a sostituire i tradizionali luoghi dell’aggregazione perché il loro radicamento nel patrimonio identitario storicizzato li rende immuni da politicizzazioni e la loro essenza di entità non profit e laiche li esonera da possibili contaminazioni di tipo commerciale o da influenze confessionali. Il museo “a porte aperte” che Fondazione Brescia Musei ha raccontato nel ciclo di incontri Open Doors ha ridefinito il milestone della partecipazione come definizione ultima dell’attività culturale dei musei».
Cosa può fare, quanto può significare e come si può raggiungere, a livello culturale e museale, un’autorialità collettiva anziché individuale?
»L‘autorialità collettiva non esiste. La creatività – e l’autorialità connessa – è sempre individuale. Quello che può essere collettivo sono i sistemi della formazione all’autorialità che alimentano l’offerta culturale: le scuole d’arte, le università, le accademie, i centri di formazione permanente. Fondamentale è il ruolo dei centri d’arte, dei musei e delle piattaforme culturali che offrono spazio agli artisti contemporanei e alle amministrazioni sensibili all’impiego dell’arte pubblica quale strumento di progettazione urbanistica della propria città. Il compito del decisore pubblico è quello di liberare le risorse perché la creatività individuale si scateni, sostenendo le infrastrutture pubbliche dedicate alla valorizzazione per la collettività di questa creatività individuale – che è la vera essenza dell’arte e dell’espressione del valore che ha permesso la progressione umana nei millenni».
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