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Nella giornata di ieri si è tenuto il convegno online “More Museum: il futuro dei musei tra crisi e rinascita, cambiamenti e nuovi scenari”. L’incontro, articolato in più panel dalle 9 alle 19, è organizzato dall’assessorato alla cultura del Comune di Firenze insieme a Muse e al Museo Novecento. Un racconto di contributi e riflessioni, per ragionare insieme sul futuro dei musei, con oltre 40 ospiti tra direttori e direttrici, rappresentanti di musei e istituzioni culturali. Tra le persone intervenute contiamo Giovanna Melandri, Gabriella Belli, Sylvain Bellenger, Sergio Risaliti, e tante altre.
L’incontro si è aperto con l’annuncio di Dario Franceschini, suggerendo l’ipotesi di una possibile riapertura dei musei a partire dal 18 gennaio per le regioni “zona gialla”, durante i giorni feriali. «Nel DPCM che chiuderemo nella giornata di oggi – ha detto il Ministro – proporrò che sia introdotta la riapertura dei musei e delle mostre nelle zone gialle, almeno nei giorni feriali. Naturalmente tutto dovrà avvenire in modalità di sicurezza, come quest’estate, con gli obblighi di mascherine e distanziamento sociale, il contingentamento e le prenotazioni, con la bigliettazione elettronica per evitare file. Un rimo passo, un piccolo passo verso la ripartenza», ha concluso Franceschini. Speriamo che “il pubblico” abbia tempo di visitare i musei durante la settimana.
Ma andiamo avanti, tra voci diverse che hanno tuttavia espresso un coro all’unisono: l’ultimo anno è stato sicuramente difficile e complesso, ma allo stesso tempo ha permesso agli spazi museali di fare i conti con i propri limiti, e lavorare su questi. Come ha osservato Stefano Boeri, più che parlare di “sospensione”, si potrebbe dire che c’è stata una “occasione di ripensamento” per i musei, sposando una nuova linea di apertura e cambiamento.
Emerge così una lettura condivisa dei musei come spazi sociali, vissuti nel quotidiano delle persone – aprendo anche alla possibilità di ospitare all’interno dei propri spazi le campagne vaccinali. D’altronde quale miglior luogo dove allestire ambulatori se non nei musei?
In tutto questo si cominciano a immaginare le riaperture. Il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt, si dichiara subito pronto: «se la Toscana viene confermata in zona gialla, non appena esce il dpcm, con il giardino di Boboli siamo pronti a partire subito. Poi le altre realtà museali sono più complesse, ci sono tempi tecnici e anche amministrativi, per riprendere le aperture».
Le riflessioni hanno permesso un racconto unico di tutte le esperienze su cui i musei hanno lavorato durante il primo e il secondo lockdown, nonché di quanto hanno potuto fare nel periodo estivo, tornando ad accogliere pubblico al loro interno. Ma lo sguardo non è stato solo al passato. Grandi riflessioni sono state portate avanti rispetto agli obiettivi futuri delle istituzioni: digitale, sostenibilità, ambiente, inclusione, rapporti con la ricerca e con le scuole, quelle due realtà che in Italia sono state praticamente messe al bando dalla Res Publica ben prima del Covid, e che insieme ai musei andrebbero recuperate.
Non ultima si è anche sottotitolata l’importanza del gemellaggio con istituzioni sorelle sul territorio, in un’ottica di apertura e scambio di vedute.
Il museo può e deve proporsi come spazio per la comunità, decodificando la realtà e creando insieme una certa idea di futuro. E molto si è cercato di fare, anche a porte chiuse. In questi mesi, tanti musei hanno saputo sfruttare lo spazio pubblico per essere comunque presenti per le persone. Altri hanno organizzato ad hoc delle iniziative per le famiglie presenti sul territorio, come il Madre Factory ricordato da Laura valente. Non riflettere insomma solo sul museo in quanto struttura, quindi, ma pensarlo nei termini di “partecipazione diffusa”, come dichiarato da Tiziana Maffei.
Il museo quindi come luogo di creazione e rinforzo della comunità, che può aiutarci a superare questo periodo tragico, facendosi portatore anche dei valori maturati nel periodo pandemico.
Un bella iniziativa che, a proposito di comunità dell’arte e di “partecipazione diffusa”, non si è accorta che, tra chi quotidianamente dà voce e visibilità ai musei – dalle sbandierate domeniche gratis con ennemila visitatori dei vecchi tempi alle nuove normalità di fruizione – c’è anche exibart.