Categorie: Musei

Firenze: il Museo della Moda riapre a Palazzo Pitti con un nuovo allestimento

di - 16 Luglio 2024

Otto sale nuove e un aggiornamento integrale dell’allestimento, tra abiti che hanno fatto la storia del costume e accessori preziosi, dal Settecento ai primi anni Duemila, tra robe à la française, stile impero e gli immancabili abiti da sposa. Riapre così il Museo della Moda, situato nella Palazzina della Meridiana, addossata all’ala meridionale di Palazzo Pitti, a Firenze, dopo oltre quattro anni di stop.

«Il costume e la sua storia sono intrinsecamente connessi con l’arte e abbiamo voluto sottolineare questo legame attraverso l’abbinamento degli abiti con una selezione di prestigiosi dipinti», ha dichiarato Simone Verde, direttore delle Gallerie degli Uffizi. «Il riallestimento del museo della Moda è molto importante per le Gallerie: questo istituto, unico nel suo genere in Italia, contribuisce a connettere il complesso con la più viva contemporaneità, consentendoci di svolgere un ruolo improntato alla più sfaccettata multidisciplinarietà, in collegamento e attiguità, com’è tradizione per il mondo della moda, con teatro, danza, fotografia e arti performative».

SALA 1: IL SETTECENTO, DA LUIGI XV ALL’ANCIEN RÉGIME Veduta d’insieme di tre abiti settecenteschi di manifattura italiana, due andrienne e una robe à la polonaise, un prezioso vaso (Manifattura di Meissen, 1720 ca.) e alcuni accessori coevi. Sulla parete il Ritratto di Maria Luisa di Borbone, futura Regina di Spagna di Laurent Pecheux (1765)

Focus sulla collezione

Il Museo della Moda e del Costume di Palazzo Pitti fu inaugurato col nome di Galleria del Costume l’8 ottobre 1983 da Kirsten Aschengreen Piacenti. Subito dopo l’apertura del Museo, Tirelli offrì in dono un consistente nucleo della sua collezione, composto non solo da abiti storici di grande pregio, ma anche da costumi di scena accompagnati da bozzetti. Durante gli anni della direzione Piacenti la collezione crebbe in maniera esponenziale. Tra le donazioni più significative vi furono quelle Tornabuoni-Lineapiù, Emilio Pucci e Roberta di Camerino. Nel decennale della nascita del museo la raccolta contava migliaia di pezzi e aveva al suo attivo, oltre a cinque selezioni permanenti, nove mostre tematiche, ognuna dedicata a un aspetto particolare della evoluzione della moda.

SALA 2: DAL NEOCLASSICISMO ALLA RESTAURAZIONE Veduta d’insieme di quattro abiti dal 1790 al 1825 ca. di manifattura italiana, un prezioso vaso (Manifattura di Vienna 1790) e alcuni accessori coevi. Sulla parete il dipinto Madame Rouillard con una sorella e un’amica di Jean-Sébastien Rouillard (Primo quarto del XIX secolo)

Focus del nuovo progetto allestitivo è dunque la collezione che, per la prima volta nella storia del museo, dove tradizionalmente venivano esposte selezioni tematiche, è al centro del percorso di visita. Il nucleo principale è ordinato secondo criteri storico-cronologici che accompagnano il visitatore in un lungo viaggio nella storia della moda, con circa 60 capi dal XVIII al XXI secolo e altrettanti accessori, tra scarpe, borse, ventagli, ombrelli, guanti, cappelli.

E dopo l’apertura, nello scorso dicembre, degli spazi dedicati al fashion del Novecento e dei primi anni del Ventunesimo secolo, nelle otto sale nuove si racconta l’alta sartoria di due secoli di moda, il Settecento e l’Ottocento.

SALA 3: DAL ROMANTICISMO ALL’UNITÀ D’ITALIA
Veduta d’insieme di quattro abiti dal 1830 al 1860 ca., tre di manifattura italiana e uno di manifattura inglese

I preziosi tessuti sono in dialogo con una serie di dipinti delle collezioni delle Gallerie degli Uffizi, attentamente scelti per dialogare con le creazioni di moda: dai ritrattisti del Settecento e del primo Ottocento come Carle Vanloo, Laurent Pecheux e Jean-Sébastien Rouillard, Clemente Alberi e Giuseppe Colzi de’ Cavalcanti a eleganti ritratti dell’Ottocento maturo di Tito Conti, Giovanni Boldini, Edoardo Gelli e Vittorio Corcos. Fino agli artisti dell’avanguardia italiana, come Massimo Campigli, Giulio Turcato, Corrado Cagli e Alberto Burri, in relazione con stilisti di punta della moda novecentesca.

SALA 4: GLI ANNI SETTANTA E OTTANTA DELL’OTTOCENTO
Veduta d’insieme di tre abiti e numerosi accessori databili agli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento, tra cui un abito in raso di seta moiré giallo-ocra della fiorentina Sartoria Giabbani e un abito da sposa in raso e gros di seta avorio di Charles Frederick Worth. Sul fondo è visibile il Ritratto di Signora con vestito in Plumetis di Tito Conti (1878-80)

«Creare per la prima volta nella storia del museo l’esposizione permanente del nu-cleo fondamentale della collezione è stata una sfida entusiasmante», ha commentato Vanessa Gavioli, curatrice del Museo della Moda. «L’obiettivo, fin dal principio, era che dal racconto di questo itinerario emergessero i momenti salienti di una raccolta di oltre 15mila numeri d’inventario. Ovviamente per ragioni conservative vi saranno rotazioni ma la griglia cronologica e concettuale rimarrà stabile».

Il patrimonio del museo è stato inoltre interamente digitalizzato, attraverso campagne fotografiche e di catalogazione, per inserire le collezioni del museo all’interno degli Archivi Digitali delle Gallerie.

SALA 5: LA BELLE ÉPOQUE
Veduta d’insieme di due abiti e accessori databili tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento: un abito da sera in rete ad ago meccanico nera su raso di seta avorio di Catherine Donovan e l’altro di manifattura italiana in tela di seta nera con effetto fiammato, con intarsi a medaglioni e applicazioni di velluto bluette. Sul fondo la Signora in bianco di Giovanni Boldini (1902)

Le nuove sale, dall’Ottocento ai primi anni del Novecento

Nelle sale appena inaugurate si possono ammirare lussuosi abiti settecenteschi, un’epoca in cui è la corte a stabilire le mode del vestire, secondo una logica del potere stabilita dai regolamenti d’etichetta. Vi sono poi capi in stile Impero, come quello in crêpe di seta avorio, ornato da ricami in laminetta d’argento, appartenuto a Massimilla Celano, consorte di Prailo Mayo, terzogenito del governatore del Principato abruzzese di Francavilla. Questo vestito testimonia come durante il periodo napoleonico gli indumenti diventino più confortevoli per permettere al corpo di muoversi senza costrizioni e, in assonanza con il classicismo grecizzante molto diffuso al tempo, l’abito assuma, per analogia, la forma di una colonna.

SALA 6 I PRIMI ANNI DEL NOVECENTO
Veduta d’insieme con il prezioso abito liberty in chiffon di seta nelle tonalità del verde e del giallo con decorazioni-gioiello di Raphael Goudstikker (1913), due grandi ventagli in piume di struzzo, alcuni accessori coevi e, sulla parete, il Ritratto della signora Angiola Maria Pagliano-Bruno di Edoardo Gelli (1904)

Si prosegue con capi del periodo Restaurazione, quando il punto vita si riabbassa ed elaborate applicazioni affiorano dalle vesti come bassorilievi scultorei: se ne trova testimonianza nell’abito da pomeriggio datato 1825, in taffetà a pelo strisciante operato a motivi di righe e palmette.

Le mise da sera sono invece protagoniste della moda fin de siècle e, tra queste, spicca il vestito in rete ad ago meccanico nera su raso di seta avorio di Catherine Donovan, celebre couturière newyorkese definita dal New York Times come la sarta pioniera che aveva vestito la élite cittadina: i Goelet, gli Astor e i Vanderbilt erano infatti stati suoi mecenati e assidui frequentatori dell’atelier di Madison Avenue. Firmato Raphael Goudstikker, è invece la veste Liberty in chiffon giallo e verde appartenuto alla contessa Margaret Brinton White Savorgnan di Brazzà.

SALA 7 IL PRIMO VENTENNIO DEL NOVECENTO
Veduta d’insieme con due abiti da sera charleston di manifattura italiana e Opera coat in velluto verde della casa di moda londinese Reville&Rossiter. Sulla parete il Ritratto di Franca Viviani della Robbia di Vittorio Corcos (1923)

Ai sofisticati abbigliamenti d’inizio Novecento è infine dedicata una sala, ispirata al clima estetizzante dell’epoca, sull’onda della nuova liberazione del corpo femminile incarnata dalle forme a tubolare delle creazioni di Mariano Fortuny per Eleonora Duse e dalla veste da casa a Kimono di Donna Franca Florio di Jacques Doucet, padre della moda francese, grazie ai suoi interior dresses, tra i sarti più amati dalle dive del tempo.

Il novecento e la moda contemporanea

La storia del gusto nella moda nel secolo dai mille stili, il Novecento, insieme a quella dei primi anni del millennio attuale, è esposta e raccontata attraverso una selezione di capolavori nel rinnovato Museo della Moda e del Costume di Palazzo Pitti.

Abito bianco da sera in chiffon di seta avorio di Madeleine Vionnet e abito in velluto di seta color viola prugna di manifattura italiana. Alla parete la Scalinata di Massimo Campigli (1955)

Nelle sale inaugurate già lo scorso dicembre, si può ammirare lo splendore delle paillettes della mise indossata da Franca Florio e gli abiti da sera sgargianti di Elsa Schiaparelli, fino al lusso regale delle creazioni di Emilio Schubert, il sarto delle dive negli anni Cinquanta (celebri i suoi capi per Gina Lollobrigida e Sophia Loren).

SALA 10
Veduta d’insieme di abiti da sera anni Cinquanta (da sinistra) Maison Carosa, Emilio Schuberth, Sartoria Marianna di Firenze; sulla destra abito da sera in in organza crystal color scarabeo di Elsa Schiaparelli (1947). Sulla parete il Ritratto di Maria Leczinska, regina di Francia sposa di Luigi XV di Carle Vanloo che faceva parte degli arredi durante le sfilate di moda negli anni Cinquanta a Palazzo Pitti, documentate nei video Istituto Luce sulla stessa parete

E ancora, le stravaganze geometriche del vestito di Patty Pravo ideato nei primi Ottanta da Gianni Versace, la sensualità essenziale della guaina nera firmata Jean Paul Gaultier e resa celebre da Madonna, l’allure da sogno della collezione di Gianfranco Ferré per Dior negli anni Novanta.

SALA 11 dettaglio
Abiti, inizio anni Sessanta, in velluto di seta lilla scuro di Nina Ricci e in gros di seta e tulle nero di Gigliola Curiel. Sulla parete Composizione astratta, Lenzuolo di San Rocco II di Giulio Turcato (1958)
SALA 14
Abito e cappotto in panno di lana con intarsi di Federico Forquet (1968) e tailleur in crespo di lana bianco e nero di Valentino (1966). Sulla parete l’opera Bianco e nero di Alberto Burri (1969)
SALA 15
Completo da sera Kaleidoscope realizzato da Ken Scott (1979) su pattern di Susan Nevelson e completo Pull-together di Ottavio e Rosita Missoni (1973). Sulla parete Composizione astratta, Nadir di Corrado Cagli (1966), studio utilizzato per i costumi del poema Jeux di Claude Debussy, rappresentato al Teatro dell’Opera di Roma, nel 1967.

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