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Il nuovo programma del Madre, all’insegna del sogno, da Mendini a Lindbergh
Musei
«Oggi si parla di contenuti». Perentorie e liberatorie le prime parole di Laura Valente, Presidente della Fondazione Donnaregina e curatrice, insieme alla Direttrice artistica Kathryn Weir, del programma espositivo e di attività 2020-2021 del Museo Madre di Napoli, presentato ieri alla platea di invitati nel cortile del complesso monumentale di via Settembrini. Dopo le difficili settimane di lockdown finalmente si torna a parlare di mostre, di appuntamenti, soprattutto di futuro, delle arti ma anche dell’istituzione museo.
La sfida di questo periodo, racconta la Dirigente generale per le politiche culturali e il turismo della Regione Campania, presente alla conferenza, Rosanna Romano, è stata quella di proteggere il Madre e il suo bene più prezioso, i suoi attori, lavoratori e operatori del settore, che hanno continuato in remoto quel lavoro di gestione ma anche di immaginazione, che un museo del contemporaneo deve assicurare non solo in tempo di crisi.
L’ atmosfera dell’incontro, consumato tra piante ornamentali, acqua ghiacciata al limone, microfoni e sole del mattino ha avuto un sapore particolare, di ripartenza ma anche di continuità. Per raggiungere la sede della conferenza ci si è dovuti inoltrare attraverso il playground dell’artista statunitense Temitayo Ogunbiyi (fino al 2 novembre). Una nuova forma di spazio integrato, una sorta di giardino-giostra costituito da tubi intrecciati, corde e basi di cemento, “cresciuto” grazie dalla collaborazione virtuale di questi mesi tra l’artista di origine nigeriana residente a Lagos, la direttrice del museo bloccata a Parigi e le maestranze della Fonderia Nolana. Un lavoro in rete, che non solo entrerà nella collezione del Museo Madre ma che è divenuto per forza di cose prototipo di una nuova forma di progettualità materiale e ideologica.
Retrospettive, residenze e progetti sul territorio: il calendario 2020-2021 del Madre
A partire dalla profonda crisi sanitaria quanto antropologica scatenata dal Covid-19, si è rafforza infatti quella necessità di incrementare relazioni tra museo e tessuti sociali e civili, alla volta di un’istituzione cella di trasmissione tra idee, saperi e pratiche innovative.
Come avverrà per la mostra “Rethinking Nature” (17 dicembre 2020 – 12 aprile 2021) che, per la Direttrice Weir, avrà come obiettivo primario «la necessità etica e politica di costruire nuovo rapporto tra essere umano e il proprio ecosistema”, attraverso l’ impiego di nuove forme di cooperazione a distanza, con l’engagement di sensibilità artistiche e identità geografiche diverse, tra cui Maria Thereza Alves (Brasile), Alfredo e Isabel Aquilizan (Filippine), Adriàn Balseca (Ecuador), Gianfranco Baruchello (Italia), Jimmy Durham (Stati Uniti), Gidree Bawlee (Bangladesh) e con un focus particolare dedicato alle profonde trasformazioni del lavoro e delle relative implicazioni sociali ed estetiche.
In questa ottica si colloca anche l’originalissima collaborazione tra il Museo Madre e l’Osservatorio Ethos della Luiss Business School, diretta da Sebastiano Maffettone, delegato alla Cultura per la Regione Campania, nell’ambito del progetto multidisciplinare “Art-Ethics – Statement #1”. Il Museo e la prestigiosa istituzione universitaria cureranno una serie di talk e la realizzazione di un progetto espositivo dell’artista Ibrahim Mahama in residenza a Napoli (date da definire) con tema la trasformazione di «materiali umili, desunti dalla realtà storica, culturale e socio-politica ghanese», in grandi installazioni ambientali – come abbiamo visto anche a Milano, nel progetto di Porta Venezia della Fondazione Trussardi, e alle ultime edizioni della Biennale di Venezia –, con il chiaro intento di ridefinire e di ricollocare artisticamente processi quali le migrazioni, la comunità, la globalizzazioni, in una nuova prospettiva circolare e universale, in grado di sopravanzare le vecchie direttive di potere Nord- Sud e Ovest-Est.
Consapevole della funzione di museo civico, il Madre cerca anche di ritagliarsi un ruolo di riferimento trans-politico, di faro istituzionale e intellettuale, con l’obiettivo di incentivare riflessioni dal respiro storico e culturale. Da qui la possibilità di immaginare, con la mostra “Bellezza e Terrore” (24 aprile – 28 giugno 2021) nata in sinergia con il Goethe-Instituit di Napoli guidato da Maria Carmen Morese, un contributo alternativo ai temi, tornati tristemente attuali, del fascismo, del razzismo e del colonialismo attraverso l’esposizione tra l’altro degli scatti inediti della spia nazista Hillman Landwehr e di materiale d’archivio inedito di una Mostra d’Oltremare appena inaugurata e subito chiusa per il sopraggiungere della Guerra. L’ ipotesi è quella di un lavoro di collage, di rivitalizzazione di una memoria ferita come di un gioco a riletture multiple, che coinvolgerà artisti come Rossella Biscotti, Alessandra Cianelli, Sagal Farah e Giulia Piscitelli ma anche teorici e critici d’arte, nel difficilissimo tentativo di «scrivere nuovi vocabolari», ha spiegato Weir, capaci di dar vita a una nuova lingua civile come al racconto di scampoli di storie dimenticate.
L’idea di memoria condivisa, da diffondere e rafforzare è presente anche nei progetti di retrospettive dedicate ad Alessandro Mendini, “Piccole fantasie quotidiane”, che aprirà ufficialmente la nuova stagione espositiva del Museo Madre (29 ottobre 2020 – 1 febbraio 2021) e a Peter Lindbergh, “Untold Stories” (25 marzo 2021 – 28 giugno 2021), l’ultimo progetto espositivo curato dall’artista prima della morte, coprodotto dal Museo Madre e organizzato da altri prestigiosi partner: il Kunstpalast, la Peter Lindbergh Foundation, il Museum für Kunst und Gewerbe e il Hessisches Landesmuseum.
Il lavoro editoriale
Se l’attenzione al design, all’eleganza e allo stile nell’arte pubblica napoletana caratterizzeranno il percorso espositivo dedicato al maestro milanese dell’architettura del secondo dopoguerra (autore delle stazioni di Salvator Rosa, Materdei e del rinnovo della Villa Comunale) così l’immagine e la bellezza saranno le protagoniste indiscusse della mostra del celebre fotografo tedesco nato a Leszno. I famosi shooting di moda commissionati nel tempo da riviste come Vogue, Harper’ s Bazaar, Rolling Stones, sono già inseriti nel catalogo fresco di stampa presso le Edizioni Madre, fiore all’ occhiello delle produzioni del museo (con importanti collaborazioni con Contrasto, Taschen e JRP). Così come di Giuliana Bruno, la nota esperta di Visual and Enviromental Studies alla Harvard University (“Surface” e “Atlante delle emozioni”), le Edizioni Madre curerà una pubblicazione dedicata a Elvira Notari, una delle prima registe cinematografiche al mondo, al ruolo delle donne campane e di Napoli e al loro modo di «intendere le arti performative e visuali prima che diventassero storia e letteratura», ha commentato Laura Valente.
Insomma un Museo Madre che accetta la sfida della ripartenza, in simbiosi con la città, con la gente, con il mondo. E se l’arte è “mettere sogni nella realtà” il Museo Madre non smette di mettere energia e lavoro nei sogni di Napoli.