Il CAMeC – Centro d’Arte Moderna e Contemporanea di La Spezia riapre le porte al pubblico a partire dal 5 ottobre 2024, al termine di un progetto di restyling non solo architettonico ma anche gestionale e organizzativo, frutto della sinergia tra Comune della Spezia e Fondazione Carispezia. Il protocollo di intesa tra le parti risaliva già all’ottobre 2023, a conclusione delle procedure di consultazione avviate dall’amministrazione comunale per verificare l’interesse degli operatori per rilanciare l’offerta e le attività museali del CAMeC. L’unica proposta pervenuta fu proprio quella di Carispezia e, oggi, il museo è pronto a ripartire con una nuova programmazione, guidata da un apposito Comitato espressione del Comune della Spezia e della Fondazione Carispezia, presieduto dall’avvocato Giacomo Bei.
Il cuore della riapertura è il riallestimento della collezione permanente, curato dal professor Gerhard Wolf, direttore del Kunsthistorisches Institut in Florenz. Con oltre 200 opere selezionate dai fondi del museo, il nuovo percorso espositivo vuole sovvertire le tradizionali categorizzazioni storico-artistiche. Le sale del CAMeC ospitano opere che attraversano le epoche, dalla seconda metà del XX secolo fino ai giorni nostri, in una narrazione che unisce artisti di fama internazionale come Lucio Fontana, Marina Abramović e Gordon Matta-Clark.
Il CAMeC ha sede in un edificio risalente al 1879, già scuola elementare femminile e, dal 1923, Tribunale Civile e Penale. Dal 1994 lo stabile rimase inutilizzato fino a quando lo si individuò quale possibile contenitore delle raccolte civiche di arte contemporanea. Il museo fu inaugurato il 23 maggio 2004, a seguito di una revisione totale della struttura e con lo scopo di esporre in uno spazio pubblico i fondi artistici provenienti dalle edizioni dello storico Premio di pittura Golfo della Spezia, fondato nel 1933 dal futurista Filippo Tommaso Marinetti. La formula del premio-acquisto ha fatto confluire nelle raccolte civiche circa 200 opere, con esiti tra i più significativi della pittura italiana.
Nella collezione del CAMeC confluiscono quindi anche le donazioni di Ilda e Giorgio Cozzani – composta da circa 1200 opere riferibili ai movimenti delle avanguardie storiche del Novecento, dalla Bauhaus all’Arte Povera, dal Fluxus alla Transavanguardia – e di Ferruccio e Anna Maria Battolini, che comprende i lavori di alcuni dei protagonisti delle edizioni del Premio del Golfo, degli autori dello spezzino Gruppo dei Sette e di alcuni tra gli artisti più rappresentativi del panorama italiano del Dopoguerra.
Le tracce di questa storia sono state messe in evidenza anche nella nuova sistemazione. Tra le sale più significative, una dedicata al Premio, che ha celebrato artisti come Carla Accardi, Renato Birolli ed Emilio Vedova e che viene rievocato grazie a un allestimento che riprende i colori della celebre palazzata di Porto Venere. C’è poi la volontà, da parte di Carispezia, di rispolverare il Premio del Golfo, come ha spiegato Andrea Corradino, Presidente Fondazione Carispezia: «Il CAMeC potrà così diventare un volano per il turismo e contribuire alla crescita della comunità, offrendo nuove e significative esperienze artistiche e culturali».
Anche i lunghi corridoi del piano terra e del primo piano sono coinvolti nel progetto di restyling. Da luoghi di passaggio diventano spazi espositivi, attraverso la costituzione di due quadrerie: uno sperimentale atlante di opere di piccolo e medio formato e una galleria di lavori oversize. Inoltre, insieme alle classiche didascalie informative, il museo si arricchirà di ulteriori approfondimenti, accessibili anche in digitale nel rinnovato sito web.
Il 2025 vedrà il debutto di mostre temporanee affiancate da un calendario di eventi e da una grafica che riflette la sua identità rinnovata. «Il progetto del nuovo CAMeC si basa sul concetto di “apertura”, che non riguarda solo l’inaugurazione del Museo, ma assume molteplici e sfaccettati significati, sia in senso letterale che metaforico», ha commentato Gerhard Wolf, Curatore del riallestimento del museo. «Dall’apertura delle grandi finestre, precedentemente murate, che mettono in dialogo il museo con la città, ai percorsi aperti dal nuovo allestimento, che non segue catalogazioni canoniche, ma offre al pubblico un affascinante e imprevedibile itinerario artistico, attraversato da un interrogativo cardine: cosa raccontano le opere della seconda metà del XX secolo oggi? Come vogliamo raccontare una collezione storica oggi?».
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