Lo scorso dieci giugno ha riaperto al pubblico il MAAT – Museu de Arte Arquitetura e Tecnologia di Lisbona. La nuova stagione firmata da Beatrice Leanza propone Beeline, avveniristico intervento di architettura effimera dello studio SO-IL di New York che ospiterà maat Mode 2020, un rutilante programma di eventi.
La direttrice racconta come è andata la ripartenza, tra partecipazione fisica e online.
Il copione è il solito di questi mesi: la riapertura, originariamente prevista per il 27 marzo 2020, è stata ritardata a causa dell’emergenza Covid. Però il già visto sembra fermarsi qui per il MAAT, il museo di Arte, Architettura e Tecnologia di Lisbona. Forse perché ingloba una ex centrale termo elettrica, ma in tutte le sue espressioni e proposte il MAAT sprigiona le vigorose scintille di un potente Kraftewerk. Mentre guardare le sinuose curve dell’architettura disegnata da Amanda Levete sulle acque del fiume Tejo suona come un dolce canto di sirena.
Trasformare il museo in un paesaggio di incontri e conversazioni portando il pubblico attraverso percorsi elevati, aree sceniche e zone di laboratorio – questo l’intento del nuovo intervento effimero pensato dallo studio SO-IL di New York di Florian Idenburg e Jing Liu per il MAAT. Una candida struttura in cui entrare, salire, passare, infilarsi, sdraiarsi, destinata ad accogliere maat Mode, un programma pubblico sperimentale di sei mesi voluto dalla nuova Direttrice Beatrice Lanza.
Dopo quasi vent’anni a Pechino, alla direzione creativa della Beijing Design Week e del The Global School, Leanza, milanese d’origine ma cittadina del mondo, è tornata in Europa lo scorso settembre per dirigere l’importante istituzione portoghese. Beeline porta la sua firma e si propone come un intervento programmatico, «un esercizio a tempo indeterminato per interrogare il ruolo delle istituzioni culturali nella società e prototipare il futuro Museo», dichiara Leanza. Un gesto che sfida lo spazio del museo e le sue gerarchie, per cambiarne l’agire: la visione è quella di un museo inclusivo, un’arena civica polifunzionale in cui discutere temi caldi per la vita pubblica.
Insomma una forte vocazione e volontà di coinvolgimento su più livelli – dialettico, fisico, sensoriale, che l’attuale situazione di emergenza non sembra scalfire minimamente, come ci racconta la Direttrice: «Stiamo prendendo questa condizione come un’opportunità per sperimentare e migliorare i nostri strumenti e metodologie, per ora e per il futuro. Con il museo finalmente aperto opereremo su un formato ibrido, con eventi in loco e online, cercando di rimanere il più possibile flessibili nelle prossime settimane. Tutti gli eventi di maat Mode sono trasmessi in streaming o registrati e resi disponibili online (su gli account Facebook, Instagram e YouTube del MAAT, ndr) per un pubblico che non può o non vuole ancora avventurarsi nei nostri spazi. Notiamo con piacere che gli eventi online sono stati, finora, sempre al completo! Questa condizione deve essere considerata come un’opportunità per ricostruire e migliorare il nostro raggio di azione. Lanceremo anche una nuova piattaforma editoriale all’inizio di agosto, soprannominata maat ext. (leggi: esteso), che ci fornirà ulteriori modi per interagire in un campo ampliato riguardo di discorso e di pratica. Sono fiduciosa che usciremo da questi tempi difficili arricchiti come istituzione e come comunità».
A proposito di comunità «non a caso abbiamo scelto di riaprire il dieci giugno, nel giorno della Festa Nazionale portoghese, per far coincidere il nostro ritorno con un momento di convivenza. La risposta è stata fantastica, con centinaia di persone che hanno partecipato ai nostri eventi. Abbiamo sentito un grande sostegno da parte della comunità locale e questa è stata un’iniezione di grande fiducia da parte del pubblico, che mi ha davvero commosso».
Oltre a maat Mode le proposte di mostre ed esperienze del MAAT sono ricchissime, e ne rispecchiano la vocazione ibrida, interdisciplinare e contemporanea. Si va dall’”attivismo sonico” di “Extinction Calls“, installazione sonora dell’artista Cláudia Martinho, con i canti di specie di uccelli estinte o in pericolo di estinzione, alla mostra “The Peepshow”, in cui opere d’arte della collezione della EDP Foundation, sostenitrice del museo, sono presentati in strutture portatili, e molto ancora.
Anche visitare il sito del MAAT è un’esperienza che “sfrizzola” le nostre categorie di pensiero e aspettative, chiedendoci di scegliere e aprire un sipario immaginario che si dischiude tra le categorie di Tempo e Spazio.
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