Nelle scorse settimane, aveva fatto discutere la decisione del sindaco Luigi Brugnaro di tenere chiusi fino al primo aprile 2021 gli 11 musei riuniti nel MUVE – Fondazione Musei Civici di Venezia. Le motivazioni? Mai esplicitate ma comunque più che evidenti: in una città senza più turisti, molte attività hanno perso il principale bacino di utenza e anche una “istituzione” come il Caffè Florian, ora, rischia la chiusura.
La presa di posizione di Brugnaro, che è anche vicepresidente della Fondazione e detiene la delega di assessore alla cultura, non era piaciuta in particolare ai 390 dipendenti dei musei, messi in cassa integrazione. E non era piaciuta nemmeno ai tanti ai quali non sembra poi così immediato assimilare un museo – per giunta civico, quindi dei cittadini – a un’attività prettamente commerciale. Ma c’è anche chi dice sì: ‹‹La Società Italiana per l’ingegneria culturale ritiene che il Sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, con la decisione, oggetto di forti critiche, di rinviare ad aprile la riapertura dei musei civici di Venezia, abbia invece creato un’importante occasione di riflessione››.
A firmare la lettera, Antonio Tarasco e Francesco Gilioli, rispettivamente Presidente e Vicepresidente della SIC – Società Italiana per l’Ingegneria Culturale, associazione di studiosi, esperti ed appassionati di patrimonio culturale, il cui scopo è ‹‹Formulare proposte operative circa la relazione tra finanza pubblica e utilizzo redditivo dei beni culturali››. I famosi giacimenti petroliferi della cultura, insomma. Un endorsement al sindaco Brugnaro di un certo peso, non tanto per la Società Italiana in sè – di recente istituzione – quanto per il fatto che Tarasco è anche dirigente del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo nell’ambito della Direzione generale Musei.
‹‹Privare i cittadini della possibilità di frequentare i luoghi della cultura anche quando, dopo mesi di forzata chiusura, se ne consente l’accessibilità, è una scelta dolorosa e che si presta a incomprensioni, tuttavia, le ragioni sulle quali questa scelta è stata basata non lasciano dubbi sulla sua validità››, si legge nella lettera.
‹‹Innanzi tutto, i musei non possono prescindere dalla dimensione del turismo culturale, tuttora azzerato dalle restrizioni agli spostamenti: se infatti le collezioni museali di Roma o di Milano possono sperare di attrarre, in questa fase, una parte della numerosa popolazione locale, altre città, come Venezia, non hanno un mercato interno paragonabile. Questo discorso, adattato ai singoli contesti italiani, permetterebbe di valutare se e come riaprire non soltanto per ragioni di principio o di immagine ma sulla base della presenza o meno di una domanda da soddisfare anche in assenza di turisti››, continuano. In effetti, le ragioni di principio sono quelle della libera fruizione della cultura pubblica, a prescindere dalle leggi “quantitative” della domanda e dell’offerta, ma sono sottigliezze.
‹‹In secondo luogo, ed è il tema più rilevante, una riapertura dei musei veneziani nell’attuale contesto contraddirebbe un modello di gestione del patrimonio culturale che sia anche economicamente efficiente. Si tratta peraltro di un’applicazione coerente dei principi cui l’amministrazione comunale di Venezia si ispirava anche precedentemente alla pandemia, e grazie alla quale la Fondazione aveva ottenuto considerevoli risultati, ponendosi tra le migliori pratiche nel contesto italiano››, si legge.
‹‹È per questo che riteniamo che il Sindaco, nell’esercizio delle sue funzioni amministrative, non abbia fatto altro che applicare la Costituzione, contribuendo peraltro a preservare risorse preziose da destinare alla tutela e alla valorizzazione di quello stesso patrimonio straordinario che la sua città ha il privilegio di gestire e che auspichiamo possa essere presto restituito all’Italia e al mondo››, conclude il comunicato.
Gli articoli citati sono il 9, “La Repubblica promuove lo sviluppo e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”, e il 97, “Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico”. Ricordiamo che il tema della parità di bilancio fu introdotto negli articoli 81, 97, 117 e 119 l’8 maggio 2012, su proposta dell’allora Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giulio Tremonti, ricordato anche per la famigerata frase “con la cultura non si mangia”, poi smentita dallo stesso ministro.
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