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Non sarà una riapertura felice, quella del MOMA di New York, considerando che, in una recente videoconferenza, il direttore Glenn Lowry ha confermato quanto era già nell’aria da tempo (ne scrivevamo qui), precisando i numeri dei tagli al personale e ai fondi: il 17% dello staff sarà licenziato e il budget a disposizione per le mostre e per tutti gli altri progetti dovrà fare a meno di 45 milioni di dollari. Insomma, dopo il Covid-19, il museo più importante al mondo, dopo il Louvre, sembrerà un posto molto diverso.
Lowry non anticipato una possibile data di apertura del museo, anche se dovrebbe essere tra luglio e settembre. In ogni caso, quando sarà, «Dovremo essere il posto più sicuro da visitare. Dovremo assicurare una esperienza senza preoccupazioni». Ipotesi come biglietti a tempo e ingressi calmierati, peraltro valutate anche prima dell’emergenza COvid-19, saranno sicuramente prese seriamente in considerazione. Questo vorrà dire meno ingressi: quando il museo ha chiuso a marzo, era sulla buona strada per raggiungere la cifra di circa 3 milioni di visitatori, ora le previsioni parlando di 1,5 milioni. E poi, come per tutti i musei, saranno da affrontare anche questioni allestitive, dal numero di opere per sala alla presenza di didascalie, che creano zone di assembramento. Come del resto anche le opere più importanti e, quindi, meglio non esporle? Sarà tutto da capire, insomma.
Ma prima di questo, «Il primo passo sarà eliminare più spese possibili», ha chiarito Lowry e questo, in termini reali, vuol dire tagliare il personale. Prima del lockdown, il museo poteva contare su un nutrito gruppo di dipendenti, circa 960 ma, dopo l’operazione di taglio, il nuovo staff sarà ridotto a 800 unità. «Impareremo come essere una istituzione più piccola», ha detto il direttore del MOMA e sono parole che non possono che sapere di beffa, visto che sono state pronunciate pochi mesi dopo la conclusione degli imponenti lavori di ristrutturazione e ampliamento firmati dallo studio di archistar Diller Scofidio + Renfro e Gensler, costati 450 milioni di dollari. Nell’ambito del progetto, il museo ha rinnovato le sue gallerie – cosa che aveva già suscitato più di qualche polemica – e aveva in programma di riorganizzare il 30% dello spazio espositivo permanente movimentando le opere in maniera estemporanea ma non è chiaro se, con i tagli, potrà continuare questo progetto.
Anche i fondi per le mostre subiranno tagli piuttosto netti, passando da 18 milioni di dollari a 10, per l’anno fiscale che inizia il 1 luglio e finisce il 30 giugno 2021, mentre è stato dimezzato anche il budget per le pubblicazioni. Questo vuol dire che da un tesoretto di circa 180 milioni di dollari all’anno si scende a 135. «Non puoi fare a meno di 45 milioni di budget in maniera elegante. Devi prenderli in maniera rapida e tagliando con la sega elettrica», ha continuato Lowry.
Ma nonostante tutto, il MOMA non è a rischio, potendo contare su una dotazione di 1,2 miliardi di dollari, con 200 milioni ancora da ricevere, «un fondo sufficientemente ampio che non mi fa preoccupare», ha commentato Lowry. E su questo non c’èra dubbio, non dimentichiamo infatti che, tra le altre cose, chairman del MOMA è Leon David Black, CEO del gigante della private equity Apollo Global Management, che gestisce oltre 300 miliardi di dollari equamenti divisi tra altre società non proprio limpidissime, che vanno dalla vendita di armi alle carceri private.
Lowry, invece, ha espresso timore per altre istituzioni più piccole e vulnerabile come il MOMA Ps1, la costola del MOMA dedicata all’arte contemporanea, che si è trovato senza risorse, «Sarà una strada lunga e difficile per loro», ha preconizzato il direttore. «Ma sopravvivranno, faremo in modo che sia così», ha continuato. Ironia della sorte, pochi mesi fa, Michael Rakowitz aveva animato una accesa polemica contro il MoMA PS1, proprio in merito alla questione della filantropia tossica. Il problema sarà per le altre organizzazioni che non possono contare su partner così importanti, «Se anche riuscissero a continuare, si dovrà capire come potranno continuare a offrire i loro servizi alla comunità».