Il Gruppo di «Corrente» e la Scuola Romana

di - 19 Settembre 1999

Contemporaneamente, in Germania, per gli artisti della Nuova Oggettività, l’espressionismo fu invece all’insegna dell’aspra polemica contro il regime nazifascista.
Anche in Italia non mancarono maestri che operarono nell’ambito dell’espressionismo e in opposizione alla cultura ufficiale, trovando il sostegno di intellettuali e di raffinati collezionisti.
Fino dal 1926, a Torino, città che più di altre viveva l’attività culturale e politica contraria al fascismo, si riunì il Gruppo dei sei. Fra i protagonisti i pittori Francesco Menzio, Enrico Paolucci, Carlo Levi e, più isolato, Piero Martina. Le loro opere (sale XIII e XV) si fecero interpreti di una figurazione intimista, neoimpressionista e contraria a ogni monumentalismo; una scelta che si tinse di ragioni avverse al regime.
L’esperienza trovò maggiore forza anni più tardi con il gruppo di Corrente, riunitosi a Milano intorno alla rivista Corrente di vita giovanile fondata da Ernesto Treccani nel 1938 e chiusa dal fascismo nel 1940. La loro arte, pur con difficoltà, trovò il sostegno delle gallerie La Bottega di Corrente e Il Milione di Milano, e fra gli stimatori vantò Alberto della Ragione, che acquistò La Bottega di Corrente, dandole il nome La Spiga, continuando la promozione del gruppo e collezionando le opere.
I pittori Treccani, Renato Birolli, Renato Guttuso, Bruno Cassinari, Ennio Morlotti, Giuseppe Migneco, Aligi Sassu, Giuseppe Santomaso, Fiorenzo Tomea, Italo Valenti ed Emilio Vedova, e gli scultori Giacomo Manzù, Luigi Broggini e, in più isolato, Lucio Fontana, ricusarono l’arcaismo e il classicismo di Novecento, come l’esclusivo intellettualismo delle avanguardie. La loro ricerca si concentrò sui soggetti eticamente impegnati che colsero attraverso un realismo deformato dal linguaggio dell’espressionismo, che gli permise di dichiarare i propri dissensi. I nuovi modelli furono le opere di Van Gogh, Ensor, Munch, Kokoschka, Kierchner, Guernica di Picasso (1937), che considerarono emblemi della tragicità degli eventi contemporanei.
La raccolta Alberto della Ragione presenta ampiamente le opere del gruppo. L’attenzione si posa sui quadri di Birolli (sala XVII), da Miracolo di San Zeno (1932) a Saltimbanchi (1938), alle pitture degli anni Cinquanta, quando l’artista si legò alle esperienze del gruppo Abstraction Création, raggiungendo figurazioni astratte. Di Guttuso ci sono le tele, come Donne discinte (1941), il drammatico Massacro (1943), le nature morte e i paesaggi siciliani (sala XVI). Di Cassinari, fra le diverse pitture, c’è Bue squartato (1941, sala XIV), di Sassu Donne al caffè (1942, sala XIII), di Valenti I pazzi dell’isola (1941, sala XIII) e non mancano le rivisitazioni dei teleri di Tintoretto di Vedova (1942, sala XVII), le nature morte con figure di Santomaso (sala XIII), il Nudo e i Fiori di Morlotti (sala XVI), e le nature morte del genovese Guido Chiti (sala XIII). Interessanti le statue di Broggini (sala XV), di Manzù (sala XVI) e di Lucio Fontana (sala XIII). In esse si riconoscono le suggestioni di Rodin e Medardo Rosso che fanno sì che la materia sia corrosa e infranta, esposta alla variabilità della luce, così da evitare la fissità delle forme di Martini e Marini.
Negli anni Trenta, queste esperienze si accompagnarono a quelle del gruppo nato pochi anni prima a Roma. Roberto Longhi, nel 1929, lo chiamò Scuola Romana di Via Cavour. In quella strada, infatti, c’era lo studio dei pittori Mario Mafai e Scipione, ai quali si aggiunse la compagna di Mafai, Antonietta Raphael. Il gruppo, forte delle esperienze che la Raphael, ebrea di origine lituana, aveva maturato a Parigi, a contatto con l’École de Paris, colse con vena espressionista l’oratoria del barocco romano, allora riproposto da Longhi contro il gusto classicista. Nacque così un’arte d’introspezione, fondata sul colore, dalle forme libere dai rigidi contorni e dall’espressività mai banalmente compiaciuta.
Alberto della Ragione fu fra i primi a riconoscere il valore di quelle opere. Di Scipione, pittore che morì nel 1933, il collezionista conservò tre dipinti (sala IV). Fra questi l’Apocalisse (1930), dalla poetica di forte impatto emotivo e di espressionismo visionario. Numerosi i quadri di Mafai (sale IV e V), compresi alcuni della serie delle Demolizioni e dei Fiori secchi. Della Raphael (sala V), pittrice e scultrice, della Ragione collezionò varie opere, fra le quali i ritratti di Emilio Jesi (1942) e della Signora della Ragione madre (1945 ca.), che bene evidenziano il raffinato lavoro dell’artista. Le due opere, inoltre, rammentano la protezione che la Raphael trovò nei due collezionisti, che la ospitarono negli anni difficili prima e durante la seconda guerra mondiale, quando l’artista lasciò Roma per sfuggire alle persecuzioni razziali.
L’esperienza del gruppo di via Cavour coinvolse altri artisti. Non ne rimasero estranei Guttuso, Mirko Basaldella (sala IV), Corrado Cagli (sala I), Roberto Melli (sala V), Gabriele Mucchi (XIII) e la moglie Genni Wiegman (sala IV), pittori e scultori altrettanto presenti nella Raccolta Alberto della Ragione.

Paola Cammeo

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  • Ho visitato recentemente il Museo. In assenza di cataloghi, mi è stato segnalato il Vostro sito. Grazie per queste immagini. Devo dire però che fatico moltissimo a leggere le scritte. I caratteri sono davvero piccoli, e dopo poche righe devo interrompere. Grazie ancora!!|

  • Gentile lettore,
    capiamo il suo disagio nel leggere i nostri caratteri che, in effetti, possono risultare esageratamente piccoli.
    Stiamo lavorando per implementare nel portale una tecnologia che permetterà ai lettori di scegliere il carattere del testo da leggere. Dunque speriamo che tornerà a farci visita nelle prossime settimane per poter apprezzare la novità.

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