23 ottobre 1999

La Donazione Rosai

 
Cinquantotto opere ritrovate nello studio del maestro in via S.Leonardo a Firenze. Accanto ai ritratti di amici artisti e letterati, vedute della città a lui tanto cara. E la serie dei «tondini»: 18 piccoli ritratti ad effigiare la compagnia che con Rosai era solita riunirsi al caffè fiorentino delle Giubbe Rosse (Elio Vittori, Eugenio Montale, Giorgio De Chirico, Mario Luzi, Gianfranco Contini)

di

Ottone Rosai, Panorama di Firenze
Come riportato dalle iscrizioni apposte sul retro di ciascun dipinto, le 58 opere furono rinvenute nello studio del maestro, in via S.Leonardo a Firenze, dopo la morte del maestro avvenuta il 13 maggio 1957 a Ivrea, dove Rosai si trovava per l’inaugurazione di una mostra a lui dedicata. Esposte per alcuni anni nel Museo Firenze Com’Era, le opere hanno trovato una più consona collocazione accanto agli altri importanti lasciti d’arte del Novecento.
La donazione è composta da tre distinti gruppi di dipinti che testimoniano momenti diversi del percorso artistico del maestro. Il nucleo più consistente, del quale fanno parte 30 opere, è costituito dalla serie dei ritratti degli Amici di Rosai, la cui esecuzione risale agli anni fra il 1949 e il 1955. Con tratti rapidi e incisivi, immediatezza e capacità di indagine psicologica, Ottone Rosai raffigura i suoi amici più cari, dando vita a una galleria di ritratti che sembra emulare le illustri raccolte assemblate dai collezionisti dei secoli passati. Ritratti privati, quindi, ricordi di amicizie profonde che annoverano personaggi famosi della letteratura, come Giuseppe Ungaretti (1951), Carlo Bo (1955), Pietro Bigongiari (1955), Romano Bilenchi (1955), e dell’arte (Ardengo Soffici, 1949; Marino Mazzacurati, 1955; Aldo Calò, 1955; Bruno Rosai, 1955). Accanto a questi, i ritratti del fotografo (Giuliano Betti, 1955; Castaldi, 1955), del corniciaio (Corrado Del Conte, 1955), del medico (Vittorio Rindi, 1955), ci aprono scorci insperati sul mondo privato di Ottone Rosai.
Ottone Rosai, Ritratto di Mario LuziAnaloghi principi sembrano essere alla base della serie dei tondini, 18 ritratti che, come miniature in medaglioni, raffigurano gli amici che frequentavano con Rosai il noto caffè fiorentino delle Giubbe Rosse. Si scoprono i volti di Elio Vittorini (1941), Eugenio Montale (1941), Giorgio De Chirico (1942), Mario Luzi (1941), Gianfranco Contini (1941), ritratti in grado di evocare il vivace mondo culturale nel quale si muoveva anche Rosai. Eseguiti fra il 1939 e il 1943, i tondini, alcuni dei quali si trovano oggi in collezioni private, sono una importante testimonianza del particolare realismo di Ottone Rosai, arricchito da una forte carica espressiva. Il pittore era pervenuto a questi risultati dopo aver percorso un cammino individuale che nel corso degli anni Dieci l’aveva portato ad avvicinarsi al futurismo e, più tardi, ad una recupero della tradizione pittorica toscana analoga a quella operata da Soffici e Carrà. Pittore indipendente, artefice di una personale ricerca oscillante fra avanguardia e tradizione, Rosai stentò per molti anni ad essere capito e apprezzato dal pubblico e dalla critica, raggiungendo il successo solo dopo molti anni di lavoro. Legato alla città natale, dove trascorse tutta la vita e che il pittore volle rendere protagonista dei suoi dipinti, Rosai dedicò a Firenze le opere più importanti dell’ultima attività, realizzando fra il 1951 e il 1954 una serie di opere note come La Firenze di Rosai. Alcuni di questi dipinti costituiscono l’ultimo nucleo della donazione; si tratta di 10 grandi tele raffiguranti i più insigni monumenti fiorentini. Di alcuni essi, le vedute delle chiese del Carmine, di S.Maria Novella e di S.Maria del Fiore, tutte del 1954, sono pervenuti sia il bozzetto preparatorio che l’opera nella sue redazione finale, consentendosi di seguire il processo creativo dell’artista. Le opere fanno parte del cosiddetto “periodo bianco”, caratterizzato dal prevalere della luce e di sofisticate variazioni cromatiche, che conclude l’attività e la vita dell’artista. Le forme sono sottoposte ad una forte semplificazione geometrica, accentuata dai contrasti tonali; la gamma cromatica acquista allo stesso tempo una luminosità mai raggiunta nei lavori precedenti. La purezza delle forme si armonizza con le atmosfere calme e serene, prive di qualsiasi presenza umana ed evocanti certi fondali architettonici della pittura del Quattrocento fiorentino.
Le opere della Donazione degli Eredi Rosai, che offrono dunque una importante panoramica sullo svolgimento del percorso artistico del maestro nel corso dell’ultimo ventennio della sua attività, vanno ad integrare il nucleo di opere giovanili presenti nella collezione Della Ragione, consentendo al visitatore di poter agevolmente seguire l’evoluzione artistica del maestro

[exibart]

2 Commenti

  1. vorrei sapere, dopo Arezzo, dove potrò vedere le opere di Ottone Rosai. Forse a Firenze? Ma dove?
    Grazie, vi sono grata per una risposta

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