Domenica, 6 novembre, si è concluso il ventennale di C2C, festival dedicato alla scena musicale avant-pop nato a Torino nel marzo 2002 con il nome di Club To Club.  La ventesima edizione ha segnato dei nuovi record: 35mila partecipanti da 40 Paesi da tutto il mondo, confermando così l’internazionalità del Festival nel network dei grandi eventi contemporanei, abbattendo definitivamente i confini tra generi musicali. Sono stati quattro giorni davvero intensi, di performance musicali e installazioni visive dove, tra musica sperimentale elettronica, pop, r&b, jazz, rock, rap, si sono esibiti 35 artisti invitati.
Il primo giorno, quello di giovedì, 3 novembre, si è svolto all’interno della Sala Fucine di OGR – Officine Grandi Riparazioni e ha visto come protagoniste LYRA PRAMUK e ARCA. Due artiste accomunate dalla forte sperimentazione sonora che lega la musica tradizionale dalla vocalità classica alla cultura contemporanea dei club, entrambe fortemente influenzate da una grande artista come Bjork e con una forte attitudine performativa.
Il 4 e 5 novembre il festival si è spostato al Lingotto, nella zona fieristica della città di Torino, una location così grande da accogliere 35 mila partecipanti. Oltre i due stage in cui si sono esibiti gli artisti e le artiste, per tutta la durata del festival, all’interno della Sala Rossa – purtroppo poco segnalata – si poteva visitare l’incredibile istallazione site specific “Partitions”, un ambiente immersivo composto da 140 sorgenti laser (70 rosse e 70 blu) che hanno trasformato la sala in una griglia tridimensionale sempre mutevole. L’opera è stata realizzata da Anonima/Luci, studio di light design con sede a Milano, fondato nel 2018 da Alberto Saggia e Stefania Kalogeropoulos, grazie al supporto di BDC – Bonanni Del Rio Catalog, il progetto di Lucia Bonanni e Mauro Del Rio dedicato all’arte contemporanea, inaugurato ad Artefiera – Bologna nel gennaio 2016.
All’insegna della sperimentazione artistica anche il progetto Ondina dell’artista visivo Renato Leotta, che sabato 5 ha aperto lo Stone Island Sound Stage. L’intervento artistico-sonoro si è svolto all’interno del progetto Bar Mediterraneo curato dai Nu Genea. Il programma musicale è sempre stato molto fitto, con artisti e artiste che si sono susseguiti a ritmi incessanti per un festival della durata di 10 ore a serata – senza contare gli after – ed è quindi impossibile approfondirli tutti.
Sicuramente merita una menzione speciale il set di quasi due ore del grande pioniere della musica dubstep: il dj, producer, artista e scrittore scozzese Steve Goodman noto con il nome di Kode9, fondatore dell’etichetta discografica Hyperdub, che comprende nel suo roster artisti come Burial, DJ Rashad, Zomby e Fatima Al Qadiri. Le performance di Caterina Barbieri e Jamie XX per quanto emozionanti, forse sono state inserite in una timeline inadatta alla loro proposta musicale, che ha interrotto un mood più danzereccio trasportando il pubblico in uno spazio-tempo più meditativo.
Unica, grande critica da muovere al festival è la sovrapposizione di tempi e spazi che si creano nella città di Torino per chi, oltre che di cultura musicale, si occupa di arte visiva. Bisognerebbe avere il dono dell’ubiquità per poter seguire le aperture degli stage alle 18:30 o almeno un teletrasporto, vista la scarsità di mezzi che collegano il centro della città a Lingotto Fiere.
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