Il concerto andato in scena all’auditorium Cariplo, sede dell’Orchestra Sinfonica di Milano (ex orchestra La Verdi) ha incendiato la sala d’una «Gioia sovrumana, impetuosa, abbagliante e sfrenata». Queste sono le parole che il compositore Olivier Messiaen (1908-1992) pone come sottotitolo della sua Turangalîla-Symphonie, lavoro per grande orchestra, pianoforte e onde Martenot composto subito dopo la Seconda Guerra mondiale.
Come ci spiega l’autore e come riportato nel programma di sala del concerto, Turangalîla è un nome sanscrito. Come tutti i vocaboli delle lingue orientali antiche è molto ricco di significati. Lîla significa letteralmente gioco: ma il gioco della creazione, della distruzione, il gioco della vita e della morte. Lîla è anche l’amore. Turanga: è il tempo che scorre come la sabbia nella clessidra. È il movimento e il ritmo.
Turangalîla vuol dire dunque tutto questo: canto d’amore, inno alla gioia, tempo, movimento, ritmo, vita e morte. Ascoltare oggi questo imponente brano significa entrare a poco a poco in relazione con la ricerca spirituale messa di gioco da Messiaen, stimolata da diversi fattori tra cui il rapporto con la tradizione europea (ad esempio le sinfonie di Mahler), la curiosità per l’Oriente e per l’India, l’attenzione rivolta al Sacre di Stravinskij, l’imitazione del canto degli uccelli, simbolo di Natura della quale l’essere umano è gioiosamente parte.
Di questa totalità, irresistibili sono i vibranti “tutti” orchestrali nel finale del V movimento, Joie du Sang des Étoiles, vif, passionné, avec joie o al termine del X e ultimo tempo; sognanti sono altri momenti dell’opera, come il “rêveu” del III o il IV movimento, Jardin du Sommeil d’amour.
Del tutto all’altezza dell’impegno i solisti: il pianista Luca Buratto tiene vigorosamente testa alla massa sonora dell’orchestra, calandosi appieno nel vivo della propria parte; l’ondista Cécile Lartigau contribuisce a fornire all’esecuzione un timbro ricco, seducente e ricercato, corrispondente alla molteplicità di significati insiti nel titolo. Non c’è suono dell’immensa compagine orchestrale, arricchita anche dalla presenza di celesta, glockenspiel, vibrafono e un notevole set di percussioni, che non abbia ricevuto energico impulso dal gesto del direttore Maxime Pascal, timoniere autorevole di questo lungo viaggio.
A suggellare la giornata con un ulteriore brano di Messiaen è stato l’mdi Ensemble, noto per le sue interpretazioni di musica d’oggi e coinvolto dalla Società del Quartetto di Milano per la doppia esecuzione di un concerto straordinario, alla prima della quale era presente la senatrice a vita Liliana Segre. In questa occasione l’Ensemble ha eseguito il Quatour pour la fin du temps, scritto da Messiaen nel 1940, solo sei anni prima della gioiosa Turangalîla-Symphonie e durante la prigionia nel campo di concentramento di Görlitz. Di particolare importanza civile e forza emotiva il luogo in cui si è tenuto l’evento, presso il binario 21 della stazione Centrale di Milano, ovvero il luogo della stazione utilizzato durante la guerra per le deportazioni. Il pubblico, in un’atmosfera raccolta, ha reagito con sentita partecipazione.
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