08 agosto 2024

Cantiere Internazionale d’Arte: a Montepulciano, la musica è tutta da scoprire

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Cosa abbiamo visto e ascoltato alla 49ma edizione di Cantiere Internazionale d’Arte, la rassegna che porta a Montepulciano le nuove promesse e i grandi maestri della musica, tra recupero dei classici e sperimentazioni contemporanee

Ph. IRENE TRANCOSSI

Cantiere. Parola che evoca immagini di lavori in corso, di precarietà. Se però leggiamo Cantiere Internazionale d’Arte, la parola assume accezioni differenti: invenzione, sperimentazione. Se poi ci aggiungiamo un “49ma edizione” e “di Montepulciano” siamo certi che questo sperimentare si fa linfa vitale di un festival estivo tra i più antichi d’Italia, tanto da festeggiare il prossimo anno il mezzo secolo di vita.

Nato nel pieno delle politiche di decentramento culturale voluto dalle neonate Regioni e dalle giunte della sinistra d’allora, concepito e affidato alle cure di un “musicista organico” come Hans Werner Henze, compositore ormai consegnato alla storia, il Cantiere fin dall’inizio ha permesso a giovani generazioni di vivere esperienze musicali e umane, facendo convivere la spinta artistica con le ragioni della produzione, spesso con risultati di qualità.

Mutati, e di molto, i tempi da quella stagione di fermenti “rivoluzionari”, a Montepulciano è comunque rimasto lo spirito di quell’esperienza. Divenuto da qualche anno fondazione, un consiglio di indirizzo nomina la direzione artistica con mandato triennale rinnovabile. L’edizione 2024, dal 12 al 28 luglio scorsi, è stata la prima affidata a Mariangela Vacatello, pianista di fama internazionale, coadiuvata dall’affermato direttore d’orchestra Michele Gamba. Non burocrati della gestione musicale ma interpreti capaci di vivere il far musica in prima persona, «Con leggerezza e allegria», scrive Vacatello.

La titolazione di quest’anno, Omaggi erranti, rimanda al celebre Hidalgo cervantino e, da lì, alle due opere in programma, El Retablo de Maese Pedro di Manuel de Falla e Il n’est pas come nous! di Alessandro Solbiati.

Come tutti i festival, anche il Cantiere presenta un programma che si dipana nelle sue varianti performative, da teatro musicale e danza alla concertistica sinfonica e da camera, e in generi differenti, dalla “classica” al Jazz, dalla vocalità rinascimentale alla Musica Nuova. Da due fino a cinque occasioni d’ascolto giornaliere in luoghi diversi di Montepulciano e dintorni, come il Teatro Poliziano, con serate in occasione delle quali Vacatello ha suonato e ha invitato prestigiose colleghe (grande presenza femminile), come il Quinto Premio Chopin di Varsavia Leonora Armellini, a condividere concerti per pianoforte di Mozart. Repertorio e novità s’intrecciano nel nome dell’originalità. Intelligente, ad esempio, l’idea di associare ai lavori della tradizione prime assolute, infilandole un po’ dappertutto, persino all’interno di un singolo lavoro, come Imágenes errantes di Stefano Pierini a far da Ouverture al Retablo di Falla. O a creare nuove cadenze affidate a giovanissimi autori per i citati concerti mozartiani.

Spazi chiusi ma anche en plein air, come Piazza Grande per l’inaugurazione che ha visto Alexander Lonquich pianista e direttore dell’Orchestra della Toscana. Convivono nomi prestigiosi e giovani promesse fra gli interpreti come fra gli autori. Impossibile citarli tutti.

Vale invece la pena provare a declinare meglio la parola “Cantiere” in questo contesto. Cantiere significa anche capacità di adattarsi agli imprevisti, come il troppo caldo che arriva a modificare l’intonazione delle canne di un organo, costringendo a utilizzarne uno portatile, anzi, “portativo”. È quel che avveniva in due serate presso l’altro spazio importante del festival, il tempio di San Biagio, sontuoso monumento architettonico di Antonio da Sangallo il Vecchio, per garantire la bontà dell’esecuzione integrale dei sei concerti di Haendel, solista Adriano Falcioni, il quale non rinuncia a spostarsi sull’organo “accaldato” della chiesa per Passacaille, novità di Luca Macchi.

Collettivo 21, Ph. IRENE TRANCOSSI

Cantiere significa anche scoprire nel concerto appena citato le peculiarità femminili nel “polymath”, con una Judy Diodato attiva come assistente alla direzione artistica e allo stesso tempo direttrice della Corale Poliziana – l’orchestra era diretta da Alessio Tiezzi. E restando in tema di direttrici, stavolta d’orchestra, Cantiere vuol dire anche affidabilità di Mimma Campanale, che non solo assiste il Maestro Gamba, ma lo sostituisce, causa imprevisti, nell’esecuzione dello schoenberghiano Pierrot lunaire accanto all’autorevole Sprechstimme di Alda Caiello.

Significa poi presentare persino un “repertorio adattato”, come la versione per pianoforte
e quartetto d’archi (solista Matteo Sebastiani) al posto dell’orchestra nel Secondo Concerto di Chopin. Cantiere infine, o forse anzitutto, come sinonimo di ricerca su forme e lingue nuove con nuove tecnologie. Il compositore Alessandro Perini ha trovato nell’ensemble Collettivo 21 lo strumento ottimale per portare avanti con le sette sezioni (tre di esse nuovissime) di Kilpisjärvi Sessions un’originale riflessione sui suoni della natura attraverso la natura del suono. Suoni acquisiti dagli spazi del Nord del mondo (il titolo ha origine finnica), finemente elaborati per un ascolto di forte suggestione.

Ph. IRENE TRANCOSSI

Sempre alla ricerca di qualità s’ascrive la presenza di Opificio Sonoro, ensemble in residenza al Cantiere, e dei suoi membri, apprezzati in brevi ascolti solistici pomeridiani, le OS Short Series (ascoltata la prima, con l’ottima flautista Claudia Giottoli nel Dolce tormento di Kaija Saariaho) e in un concerto diretto da Marco Momi con brani ormai noti ma che è sempre bene riproporre, di autori come Grisey o Romitelli.

Si tenga dunque d’occhio questo “Cantiere”. A cominciare dal prossimo anno, il cinquantesimo.

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