Un’associazione, un ensemble, un’équipe tecnica. Che cos’è Repertorio Zero?
Giovanni Verrando: È un progetto musicale internazionale, che si avvale anche della tecnologia per mettere in scena la musica scritta dalle nuove generazioni.
La performance dell’ensemble elettroacustico sullo sfondo di scenografie digitali e videoinstallazioni è cosa recente sia nel campo dell’audiovisual art che in quello della classica contemporanea. Dove si colloca R0 rispetto alla moderna ricerca sperimentale audio-video?
G.V.: Ci sono state alcune esperienze simili in questi ultimi anni. Sulla scia di queste, R0 cerca di sviluppare stabilmente una riflessione sulla contestualizzazione dell’ascolto della musica scritta d’oggi. Per meglio comprendere certo linguaggio musicale odierno è infatti utile costruire intorno alle opere un contesto diverso da quello delle sale da concerto tradizionali. Ecco perché con R0 lavorano degli scenografi digitali e tradizionali, dei videomaker, collaborando con i compositori per meglio valorizzare le opere musicali.
Tra le peculiarità di R0 quella che forse salta più all’occhio è la composizione dell’ensemble. Perché la scelta di utilizzare perlopiù strumenti elettrici?
G.V.: Gli strumenti acustici tradizionali, per quanto nobili e ancora validissimi, hanno però un campo d’azione limitato nello spettro dei suoni (fino a 3mila hertz circa). La musica elettronica, l’hi-fi, hanno enormemente ampliato le nostre abitudini di ascolto, giungendo a produrre e gestire suoni ben oltre i 10mila Hz. E il linguaggio delle nuove generazioni ha sempre più integrato il rumore nella composizione dei suoni. Di qui la necessità di usare gli strumenti elettrici, perché offrono ai musicisti la possibilità di gestire direttamente frequenze spettrali molto più ampie e sono in grado di integrare il rumore nella composizione musicale molto meglio di quanto non possano fare gli strumenti acustici. Si tratta di un passaggio naturale nella liuteria, come sempre ne sono accaduti nella storia della musica occidentale.
Come nasce la collaborazione con l’Mdi ensemble?
Paolo Fumagalli: Mdi Ensemble e Giovanni Verrando si conoscevano già da tempo, quando lo stesso Verrando propose ad alcuni membri di Mdi, agli archi in particolare, di sposare il progetto R0. A noi è parso fin da subito un progetto convincente e innovativo. Dunque abbiamo accettato di essere parte integrante dell’ensemble R0, dove suoniamo esclusivamente un quartetto d’archi elettrico.
Le vostre esecuzioni vedono anche l’utilizzo di strumenti concreti come frullatori, palloncini, giornali e quant’altro. Ritieni che la musica concreta si stia oggigiorno emancipando definitivamente dallo studio, nella direzione del “live”?
G.V.: L’uso di strumenti concreti va interpretato attraverso quella riflessione sul rapporto fra suono e rumore. Alcuni compositori d’oggi usano strumenti “alternativi” perché è caduta la differenza ideologica fra suono e rumore. Tutto è suono: dagli spettri armonici (le note prodotte dagli strumenti) a quelli inarmonici (ad esempio i rumori vari della quotidianità), e ciascuno di questi elementi può diventare vocabolo di un brano musicale. Ecco perché, a volte, per orchestrare un violoncello elettrico c’è bisogno del suono della carta vetro o di un trapano elettrico. Non è un vezzo, ma l’esigenza di un linguaggio musicale che ha ampliato i propri orizzonti.
Come lavorate con i compositori?
P.F.: Per forza di cose le nuove composizioni che commissioniamo nascono da una stretta collaborazione tra musicisti e compositori. Gli strumenti che utilizziamo hanno potenzialità enormi se solo pensiamo che il suono, ad esempio, può essere distorto da numerosi effetti; il compositore vuole sentire, sperimentare, e questo avviene spesso nel luogo e nel momento delle prove.
Qualche anticipazione sulle nuove commissioni…
P.F.: Per il 2009 abbiamo proposto commissioni a Erin Gee (compositrice americana) e a Sam Hayden (un giovane inglese). Erin Gee si esibirà anche come vocalist insieme all’ensemble nella sua composizione. Mentre nel 2010 verrà alla luce una commissione di Jean François Laporte (Canada). Abbiamo incontrato Laporte lo scorso 11 maggio per lavorare con lui a questa nuova opera, che si preannuncia particolarmente sperimentale e di effetto.
a cura di alessandro massobrio
*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 57. Te l’eri perso? Abbonati!
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