Dagli esilaranti titoli di molti dei dischi da voi prodotti alla sperimentazione dei contenuti, l’influenza di artisti-musicisti come John Cage, su tutti, è indiscutibile…
Non faccio accademia. Sto ricercando una nuova musica rurale. Immaginami come un contadino di provincia che ha letto cosa sia la città. Ne ha sentito parlare, l’apprezza e crede di conoscerla. Crede. Accende la radio e ode solo musica da città. Sbuffa e quindi inizia a cercar la musica giusta per la sua casa, la sua ambientazione. Più che Cage in sé, mi sembra estremamente romantico l’intero filone Fluxus. Dal canto mio, m’ispiro alla quotidianità.
Lo stesso si può dire della generale tendenza a tradurre in musica atti performativi, per lo più tratti da gesti quotidiani. La via d’uscita dalle melodie stereotipate e dalle fonìe canoniche -dominio delle radio- passa allora attraverso il motto “Settimo: arrangiarsi”?
Si diceva dell’arguto contadino strampalato: stanco di esser inondato da radiazioni (tv, radio) che lo trapassano ed entrano di prepotenza in casa sua, esto signore sbotta e cercando i suoni adeguati al suo spazio-tempo si ritrova costellato da telefonini, automobili… E allora pensa che la musica “pop” sia quella! S’illumina e canta mentre i tergicristalli gli tengono il tempo.
Per quanto riguarda la confezione estetica dei dischi, il packaging, il libero assemblage di poster, cartoline, immagini varie: è la costante ricerca, perpetrata anche a livello sonoro, di un caos premeditato?
La miseria della campagna è cosa nota. E capita che il nostro si arrangi. Rattoppa quel che può. Quando ha due lire in più fa le fotocopie. Quando non ce l’ha mette i cd dentro un fustino del Dash. Sul suono, invece, viene applicata una ricerca costante che pare porterà alla realizzazione di album per strumenti acustici auto costruiti. Per ora abbiamo cantato coi cellulari e siamo riusciti a rendere strumenti improvvisativi due comuni stereo set!
Lettristi e situazionisti avrebbero applaudito sicuramente la scelta del baratto come metodo di scambio. Quindi la risposta agli interrogativi sul copyright, sulla riproducibilità di un’opera e sulla perdita di autorialità dell’artista è da ricercarsi nel passato?
La comunicazione reale e non vorace e veloce come i media la vorrebbero è la vita che ci hanno tolto. Allora interviene (per chi di particolare inclinazione romantica) il baratto. Una parte di te in cambio di una parte di me. Per chi va di fretta può semplicemente comprare. Così si finanzia l’attività, tipo in questo periodo ho disperato bisogno di titoli di debito! Quella roba che la “gente in giacca e cravatta” chiama titoli di stato e la “gente comune” chiama danaro. Vi prego, indebitatemi!
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